Germania spaccata in due: tutto l’Est sta con la destra estrema di AfD


Le elezioni tedesche confermano i sondaggi. Cdu-Csu al primo posto, esplode Alternativa per la Germania, forte ridimensionamento per Spd, scomparsa dei Liberali. Thomas Arnold, editorialista del portale della Chiesa cattolica: “Il fatto che AfD abbia ricevuto il voto di un quinto degli elettori dovrebbe sollevare un clamore maggiore di quello suscitato”. Sassonia, Turingia e Brandeburgo in mano al partito xenofobo. Chiese chiamate a essere costruttori di ponti

(Foto ANSA/SIR)

Dopo una campagna elettorale breve e combattuta, i tedeschi hanno votato (alle urne l’84% degli aventi diritto!), ottenuto risultati piuttosto netti, ma non hanno ancora un governo. Alla luce degli esiti delle urne i vecchi partiti popolari dei Cristiano democratici (Cdu-Csu) e dei Socialdemocratici (Spd) potrebbero non riuscire a creare una maggioranza stabile. Al contrario, il Bundestag è un parlamento multipartitico, nonostante la soglia del 5 per cento, non superata ad esempio dai Liberali e dal partito di estrema sinistra Bsw, ma con la conferma della sinistra dei Linken e dei Verdi.

L’avanzata di Alternativa per la Germania. Diversi istituti di ricerca statistica oggi calcolano che la grande affermazione del partito xenofobo di estrema destra AfD – Alternativa per la Germania, sia nata con l’erosione di elettori da tutti i partiti, ciò grazie a una campagna elettorale incentrata su temi populisti, sulla demonizzazione dell’immigrazione, con la richiesta di deportazioni ed espulsioni su larga scala. Tutto ciò a cominciare dall’Unione cristiano democratica – Cristiano sociali, del probabile futuro cancelliere Friefrich Merz (nella foto), che – nonostante il primo posto – ha perso oltre un milione di voti a favore dell’AfD. I Liberali dell’Fdp hanno ceduto 890mila elettori all’AfD e il Partito socialdemocratico del cancelliere uscente Olaf Scholz ha perso in favore di AfD circa 720mila voti. Ma con la sua propaganda basata su slogan razzisti come “fuori gli stranieri”, AfD ha guadagnato rispetto al voto del 2021 il suffragio di altri 1,8 milioni di abituali non elettori. Da ciò nasce la necessità di valutare come oggi la Germania sia nuovamente divisa geograficamente oltre che ideologicamente, con i lander dell’ex Germania Est quasi completamente appannaggio di Alternativa per la Germania.

Un Paese in ebollizione. Volendo analizzare con un’ottica positiva i risultati del voto di ieri “si può sottolineare che circa il 70 per cento dei suffragi è distribuito lungo il centro politico”, nota su katholisch.de, portale della Chiesa cattolica tedesca, Thomas Arnold, esperto del settore della pianificazione strategica, dello sviluppo organizzativo e del controllo presso lo staff dirigenziale del ministero degli Interni della Sassonia. Per Arnold, però, il dato “significa, al contrario, che il 30 per cento vota per le frange radicali. Il fatto che l’AfD abbia ricevuto il voto di un quinto degli elettori dovrebbe sollevare un clamore maggiore di quello suscitato: con la giornata elettorale di ieri la Repubblica Federale conosce finalmente le condizioni della Germania dell’Est. In Sassonia, Turingia e Brandeburgo, il Paese ha potuto osservare ciò che ora sta vivendo in tutto il Paese. Questo vale sia per l’aritmetica del potere che per i temi sottostanti”. Guardando indietro, “si può concludere che molti dei fenomeni nella parte orientale della Repubblica hanno avuto inizio lì. A mio avviso, non perché è lì che nascono i problemi del Paese: ma perché la crosta sotto la quale ribolle il magma dei conflitti è più sottile e quindi più soggetta a crepe”. Secondo Arnold, che dal 2016 al 2024 è stato anche direttore dell’Accademia cattolica della diocesi di Dresda-Meissen, sarebbe in atto “una crisi di libertà invece di una crisi di democrazia. Lo dimostra l’affluenza alle urne dell’84%”.

Il ruolo essenziale delle Chiese. Arnold Osserva: “Come dopo ogni elezione, gli oppositori politici si trovano ora di fronte al compito di cercare un terreno comune, forgiare compromessi e dimostrare così al Paese la responsabilità di governarlo in modo stabile e per il bene del popolo negli anni a venire”. Arnold richiama il dovere e il ruolo delle istituzioni ecclesiali del Paese:In questo processo, le Chiese “devono affrontare una sfida molto grande: fornire sostegno alle persone in tempi incerti. Il futuro governo federale non sarà in grado di porre fine alla crisi di libertà. Una Chiesa di minoranza dovrà affiancare alle biografie individuali la sua cura pastorale. Dal punto di vista sociale, non si dovrebbero bruciare i ponti con leggerezza”. Quindi invoca “l’arte di diventare costruttori di ponti e di riconciliare una minoranza in questa società pluralistica”.





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