Riparazione per 350 giorni di custodia cautelare, Cassazione dà ragione al manfredoniano Matteo La Torre: nuovo processo a Bari


La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della Corte di Appello di Bari che aveva rigettato la richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione di Matteo La Torre, nato a MANFREDONIA il 30/03/1965, un uomo che aveva trascorso 350 giorni in custodia cautelare – 157 in carcere e 193 agli arresti domiciliari – in attesa di un processo che, alla fine, lo ha assolto dal reato di tentato omicidio.

La vicenda inizia nel 2010, quando La Torre viene accusato di aver aggredito A.S. con un bastone, provocandogli una frattura cranica. La Torre si è sempre dichiarato innocente e ha fornito, fin da subito, un alibi, affermando di essere stato insieme all’avvocato (del foro di Foggia,ndr), in una pizzeria di Manfredonia, la sera dell’aggressione. La testimonianza di (avvocato del foro di Foggia,ndr), che ha confermato la versione dell’imputato, è stata un elemento chiave della difesa e ha portato all’assoluzione di La Torre in primo grado, con la formula “per non aver commesso il fatto”.

Tuttavia, la Corte di Appello di Bari, nella sentenza del 5 novembre 2024, aveva respinto la richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione, motivando la sua decisione con la “colpa grave” di La Torre per aver presentato l’alibi solo cinque mesi dopo l’accaduto, un lasso di tempo che, secondo i giudici, avrebbe influito sul mantenimento della custodia cautelare. Questa motivazione ha sollevato diverse perplessità, in quanto La Torre aveva già, fin dal primo interrogatorio, dichiarato di essere stato con l’avvocato (del foro di Foggia,ndr) e la sua versione era stata confermata dalla testimonianza dell’avvocato.

Il ricorso presentato dall’avvocato di La Torre ha sollevato il problema di un’errata valutazione della tempistica dell’alibi. In particolare, i legali hanno sottolineato che non è stato il silenzio di La Torre a determinare la prolungata detenzione cautelare, ma piuttosto un errore nella valutazione dei fatti da parte della Corte. La Corte di Cassazione, con la sua pronuncia, ha dato ragione a La Torre, ritenendo che la condotta di non aver immediatamente presentato l’alibi non fosse da considerarsi colposa, come invece sostenuto dalla Corte di Appello.

Nel motivare il suo giudizio, la Corte di Cassazione ha evidenziato che l’alibi era stato presentato tempestivamente, già nell’immediatezza dei fatti, quando La Torre aveva dichiarato, di fronte agli inquirenti, di essere stato con l’avvocato Di Sabato. Non era quindi giustificato il giudizio di “colpa grave” da parte della Corte di Appello. La Corte ha inoltre ricordato che il diritto dell’imputato di non rispondere e di non fornire elementi di prova è sacrosanto, e che la mancata presentazione dell’alibi non deve essere interpretata come una mancanza, a meno che non vi sia una motivazione logica e valida che spieghi l’accaduto.

In effetti, il caso evidenzia un problema più ampio nel sistema della giustizia penale, legato alla difficoltà di accettare e considerare prove alternative, soprattutto quando queste vengono presentate a distanza di tempo. Nel caso di La Torre, la sua difesa aveva fornito, sin dall’inizio, una versione compatibile con i fatti, ma la lentezza e le difficoltà del processo giudiziario hanno determinato una situazione che si è rivelata dannosa per l’imputato.

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Nel corso delle indagini, la persona offesa, A.S., aveva subito l’aggressione nel mese di agosto del 2014 e aveva immediatamente riferito agli investigatori di essere stato attaccato dal suo vicino di casa, La Torre. Tuttavia, la presenza di La Torre con l’avvocato (del foro di Foggia,ndr) è stata confermata solo più tardi, ma era stata comunque una dichiarazione che non era stata mai nascosta, come aveva erroneamente sostenuto la Corte di Appello.

La decisione della Corte di Cassazione, annullando la sentenza della Corte di Appello e rinviando il caso per un nuovo esame, ha messo in luce la necessità di una valutazione più accurata dei tempi e dei modi con cui vengono presentate le prove in un processo. In questo caso, il ricorso di La Torre ha avuto successo perché la Cassazione ha riconosciuto che l’errore nella valutazione del ritardo nella presentazione dell’alibi non fosse sufficiente a giustificare una condanna per colpa grave, come aveva fatto la Corte di Appello.

Ora la Corte di Appello di Bari dovrà riesaminare il caso e determinare se La Torre abbia diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione, tenendo conto delle osservazioni fatte dalla Corte di Cassazione. Inoltre, la Corte dovrà anche decidere come gestire le spese legali legate al ricorso.  



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