È un’opera ritrovata di Antonio Canova, e per la prima volta esposta al pubblico, il focus della mostra «Il Canova mai visto. Opere del Seminario vescovile e della Chiesa degli Eremitani», a cura di Andrea Nante, Elena Catra e Vittorio Pajusco, allestita dall’8 marzo all’8 giugno nel Museo Diocesano, che quest’anno celebra il 25mo anniversario dalla sua inaugurazione. Il Vaso cinerario della contessa Luise von Callenberg fu realizzato in marmo da Canova per l’amica tedesca fra il 1803-07 e, in origine collocato nel cimitero-giardino della Chiesa degli Eremitani a Padova, fu dato per distrutto a seguito dei bombardamenti del marzo 1944 ma, frettolosamente riposto nei concitati giorni dei bombardamenti, è stato di recente ritrovato nello stesso Complesso degli Eremitani, tramite l’inventario dei beni culturali ecclesiastici padovani.
Dispersione e ritrovamento si aggiungono alla storia già di per sé romantica dell’urna: protagonista la contessa tedesca Luise von Callenberg (1752-1803), moglie del più anziano barone Christoph Diede zum Fürstenstein e tipico esempio di quelle dame del bel mondo europeo, colte e salottiere viaggiatrici senza sosta, di gran nome e gran censo ed eccellenti connessioni, stravaganti e fascinose, che animarono la scena dell’Europa delle corti (nei salotti e nelle alcove, nelle spa e ai tavoli da gioco) fra secondo Settecento e primo Ottocento: un po’ Lady Lyndon e un po’ Becky Sharp, contrapposte eroine di William M. Thackeray in «Barry Lyndon» e «La fiera della vanità».
Luise von Callenberg («Lodovica» nell’iscrizione latina del monumento funebre) fu donna di cultura variegata: virtuosa di musica e autrice di un’apprezzata «Sonate pour le Clavecin», studiosa di lingue e letterature classiche e del suo tempo e perciò amica, fra i molti, del poeta Gottfried von Herder e di Johann-Wolfgang von Goethe (che la ricorda nel suo Viaggio in Italia). Luise si legò in «amitié amoureuse» al principe Abbondio Rezzonico (1749-1810), nipote del veneziano papa Clemente XIII (1693-1769) e fu proprio a Villa Rezzonico a Bassano, dov’era ospite di Abbondio con il marito, che Luise morì inaspettatamente il 29 agosto 1803 di dissenteria (ineleganza in lei altrettanto inaspettata). Il marito la volle sepolta nel Giardino degli Eremitani di Padova e insieme il principe Rezzonico e il barone zum Fürstenstein, con armonia di modi e d’intenti squisitamente Ancien Régime, chiesero ai comuni amici Canova e Goethe di realizzare l’uno il monumento da dedicare alla cara defunta e l’altro l’exergo poetico. L’urna (il cui calco in gesso è conservato alla Gypsotheca di Possagno e solo a fine estate 1807 collocata nel Giardino degli Eremitani, dietro l’abside e davanti al cipresso, ancora esistente, piantato in memoriam) reca al centro il ritratto in ovale della dama affiancato da due putti e fu clou del più complesso monumento funerario progettato e realizzato su idee canoviane da Gian Antonio Selva (1751-1819, il più noto architetto e paesaggista veneto fra Sette e Ottocento, sodale di Canova negli anni romani di ambedue e autore del Teatro La Fenice) con il lapicida veneto Domenico Fadiga (1760/70-dopo 1827, allievo a Roma di Canova): di Selva il cippo sostenente l’urna con la dedica alla defunta, composta appunto da Goethe, in pendant alla stele con l’epigrafe redatta da un altro intellettuale amico di Luise, lo studioso di epigrafia greca e latina Stefano Antonio Morcelli (1732-1821, gesuita mondano à la mode du XVIIIème), mentre di Fadiga sono i sette candelabri reggenti la catena che circondava il monumento, commissionati ciascuno da sette amici della defunta e contrassegnati dai loro nomi. La mostra pone così in rilievo i legami di Canova e Padova con l’ambiente artistico internazionale (da Goethe ad Angelika Kaufmann, autrice del «Ritratto di Canova» conservato in collezione privata a Padova) e con l’aristocrazia italiana ed europea.
In mostra anche alcuni gessi dalla Gypsotheca di Possagno a documentare le felici invenzioni canoviane dei geni alati (ripresi nell’urna), ritratti dei personaggi coinvolti nella realizzazione dell’opera, vedute inedite di Padova con l’originale collocazione del cenotafio e numerosi volumi che ne hanno tramandato l’immagine.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link