Agricoltura biologica, cresce il fatturato delle cooperative


Cresce del +3,8% il fatturato delle cooperative che si occupano di agricoltura biologica, con margini di crescita all’estero. Vino e ortofrutta sono i prodotti più commercializzati. È questa la fotografia che emerge da un’indagine sulla cooperazione biologica, condotta da Ismea nell’ambito della Rete Rurale Nazionale. Lo studio è stato presentato nel corso di un’iniziativa organizzata da Fedagripesca Confcooperative al Sana a Bologna. L’indagine ha interessato un campione di cooperative proprietarie dei marchi leader del comparto biologico presenti nella Gdo e nella distribuzione specializzata, che hanno fatturato in totale 2,7 miliardi di euro nel 2023. 

Il mercato estero in crescita – Una cooperativa su due tra quelle interessate commercializza i propri prodotti anche all’estero con buoni margini di crescita e oltre l’86% è in possesso di una ulteriore certificazione, come Dop, Igp, Stg o una certificazione di processo. Molto alta l’attenzione delle cooperative biologiche verso la sostenibilità delle produzioni: più del 75% utilizza energie rinnovabili, di queste oltre il 92% è anche produttore di energia.

L’importanza della filiera – Tra le cooperative che hanno partecipato all’indagine, le motivazioni che dovrebbero stimolare le aziende agricole biologiche a conferire in cooperativa le proprie produzioni sono riferibili a logiche di filiera come una equa e tempestiva remunerazione ai soci (25%), accordi lungo la filiera, che danno la certezza del prezzo (24%), organizzazione della domanda e dell’offerta con conseguente facilità di conferimento del prodotto (28%), fornitura di servizi continui di assistenza tecnica (15%).

La criticità da superare – “La frammentazione del settore agricolo italiano – fa notare Francesco Torriani, presidente del Settore biologico di Confcooperative, alla quale aderiscono la maggior parte delle cooperative analizzate – è una criticità che può essere affrontata attraverso l’aggregazione tra produttori, mettendo insieme l’intera filiera, dalla produzione fino alla commercializzazione del prodotto finito, migliorando di conseguenza l’efficienza e la distribuzione del valore lungo della filiera a vantaggio del produttore e del consumatore finale. L’aggregazione consente inoltre di realizzare investimenti in innovazione e offrire servizi di valore come certificazione e digitalizzazione, permettendo di perseguire l’obiettivo della produttività e distintività, binomio strategico per il futuro dell’agricoltura biologica”.

La questione del prezzo finale – “I dati presentati a Bologna, che ci hanno restituito un settore biologico in crescita in valore e in volume (le vendite superano i 10 miliardi tra mercato interno ed esportazioni), hanno evidenziato anche come il consumatore quando fa la spesa è attento in primo luogo all’origine del prodotto e subito dopo al prezzo. La questione del prezzo finale diventa quindi sempre più centrale e la strada da percorrere è di investire in filiere in grado di integrare la fase della produzione con quella della trasformazione, così si evita di scaricare sul consumatore le inefficienze delle filiere produttive spesso alla base di prezzi poco competitivi”, dice ancora il presidente del settore biologico di Confcooperative Fedagripesca, Torriani. “Se facciamo infatti un salto di qualità nell’organizzazione della filiera – ha spiegato Torriani – riusciamo da un lato a rafforzare il ruolo dei produttori assicurando loro la giusta remunerazione in un contesto dove i costi di produzione aumentano e il cambiamento climatico sta impattando negativamente sulle rese qualitative e sui volumi produttivi. D’altro lato, si riescono ad avere prezzi maggiormente competitivi se si integrano le fasi della trasformazione, commercializzazione e distribuzione dei prodotti, come accade nelle cooperative”.

Un sistema aggregato – “Riteniamo quindi fondamentale – ha dichiarato Torriani – che si facciano concrete politiche a sostegno delle filiere. Ad oggi sono poche le regioni italiane ad aver attivato progetti di Filiera nella programmazione dello sviluppo rurale, con un utilizzo peraltro limitato di risorse. Serve un cambio di paradigma che incentivi le aziende a operare come parte di un sistema aggregato, anziché come singole realtà isolate”. Il presidente Torriani ha inoltre sottolineato come “il futuro del biologico dipenda da innovazione e ricerca per migliorare la produttività, mantenendo al contempo la distintività del prodotto. È necessario investire in nuove varietà adatte all’agricoltura biologica, evitando di perdere credibilità. La distintività va inoltre comunicata efficacemente per contrastare la concorrenza di altri marchi legati alla sostenibilità”.

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