Concordato preventivo e risoluzione per inadempimento


La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4596/2025, depositata il 21 febbraio, si è pronunciata su una questione di particolare rilevanza in materia di procedure concorsuali. La controversia ha ad oggetto la risoluzione di un concordato preventivo per grave inadempimento da parte della società debitrice. Il caso offre l’occasione per analizzare il perimetro delle obbligazioni del debitore concordatario e i limiti entro cui può contestare i debiti ammessi nella procedura. Per un approfondimento su questi temi, ti consigliamo il volume “Le tutele del nuovo sovraindebitamento. Come uscire dal debito”, aggiornato alle ultime novità normative e giurisprudenziali. 


Le tutele del nuovo sovraindebitamento. Come uscire dal debito


Le tutele del nuovo sovraindebitamento. Come uscire dal debito

Aggiornato al terzo decreto correttivo del CCII (D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136), il volume, giunto alla sua II edizione, propone un’ampia ricognizione delle rilevanti novità normative e del panorama giurisprudenziale sul tema della crisi da sovraindebitamento. Sono raccolti diversi casi giudiziari riguardanti piani, omologati e non, ove emergono gli orientamenti dei vari fori e le problematiche applicative della normativa di riferimento. Il taglio pratico rende l’opera uno strumento utile per il professionista – gli organismi di composizione e i gestori della crisi, gli advisor e i liquidatori – al fine di offrire un supporto nelle criticità e i dubbi che possano sorgere nella predisposizione del Piano.

Monica Mandico
Avvocato cassazionista, Founder di Mandico&Partners. Gestore della crisi, curatore, liquidatore e amministratore giudiziario. È presidente di Assoadvisor e coordinatrice della Commissione COA Napoli “Sovrain- debitamento ed esdebitazione”. Già componente della Commissione per la nomina degli esperti indipendenti della composizione negoziata presso la CCIAA di Napoli. Esperta in crisi d’impresa e procedure di sovraindebitamento e presidente di enti di promozione sociale. Autrice di numerose pubblicazioni, dirige la Collana “Soluzioni per la gestione del debito” di Maggioli Editore, ed è docente di corsi di alta formazione e master accreditati presso Università e ordini professionali.

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Il caso

La vicenda trae origine dal concordato preventivo omologato nel 2014 da una società, la quale aveva soddisfatto i creditori chirografari nella misura del 20,98%. Tuttavia, entro il termine ultimo stabilito (dicembre 2019), la società non ha provveduto al pagamento delle somme dovute, pur non avendo mai contestato formalmente i crediti in sede di omologa né promosso iniziative giudiziarie in merito. Il mancato adempimento ha indotto un istituto bancario creditore a richiedere la risoluzione del concordato.

Il Tribunale ha accolto l’istanza, dichiarando la risoluzione per inadempimento della società debitrice. La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello, che ha ravvisato l’inadempimento grave e non giustificato. La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando diverse violazioni di legge e contestando la preclusione alla contestazione del credito successiva all’omologa del concordato.

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Il grave inadempimento nel concordato preventivo

La preclusione alla contestazione dei crediti dopo l’omologa

La Cassazione ha ribadito che, una volta omologato il concordato, la società debitrice non può più contestare l’ammontare dei crediti ammessi nella procedura. Infatti, l’inclusione dei crediti nell’elenco depositato in sede di domanda di concordato assume valore vincolante per il debitore che non può sollevare eccezioni tardive. La Corte ha quindi confermato la valutazione dei giudici di merito, secondo cui il mancato pagamento dei crediti chirografari configurava un grave inadempimento, indipendentemente dalle riserve espresse dalla società in fasi successive.

L’inadempimento e la risoluzione del concordato ai sensi dell’art. 186 l. fall.

Secondo la Cassazione, il concordato preventivo è un accordo con i creditori che impone al debitore il rispetto delle obbligazioni assunte. Il mancato pagamento delle somme previste dal piano approvato e omologato costituisce, di per sé, un grave inadempimento che giustifica la risoluzione del concordato ai sensi dell’art. 186 della legge fallimentare. La Corte ha sottolineato che l’obbligo di versare le somme stabilite non può essere eluso con la motivazione che siano in corso azioni giudiziarie di accertamento dei crediti, poiché la pendenza di un giudizio non sospende l’esecutività del piano.

La verifica della capacità finanziaria della società debitrice

Un altro aspetto rilevante della decisione riguarda la valutazione della capacità finanziaria della società debitrice. La Corte ha richiamato il ruolo dei commissari giudiziali nel monitorare la sostenibilità del piano e ha evidenziato che, nel caso in esame, la disponibilità liquida della società era nettamente inferiore all’importo necessario per soddisfare i creditori. Questo elemento ha rappresentato un ulteriore indizio della gravità dell’inadempimento e della conseguente impossibilità di eseguire correttamente il piano concordatario.

La decisione della corte e le conseguenze per la società debitrice

Alla luce di quanto esposto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società debitrice, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il mancato adempimento degli obblighi previsti nel concordato è stato qualificato come grave e non sanabile, giustificando così la risoluzione della procedura concorsuale. La decisione ha comportato la revoca degli effetti protettivi del concordato, consentendo ai creditori di agire esecutivamente nei confronti della società per il recupero dei propri crediti.

Riflessioni e implicazioni pratiche

L’ordinanza in commento fornisce un orientamento chiaro per gli operatori del diritto e per le imprese in concordato preventivo. La decisione rafforza il principio secondo cui l’omologazione del concordato cristallizza la posizione debitoria della società, impedendole di contestare successivamente i crediti ammessi. Per le imprese, ciò significa che è fondamentale valutare con attenzione i crediti inseriti nell’elenco ex art. 161 l. fall. e sollevare eventuali contestazioni prima dell’omologa.

Dal punto di vista pratico, il rigetto del ricorso conferma che la mancata esecuzione del piano concordatario comporta conseguenze gravi per la società debitrice. La risoluzione del concordato non solo espone l’impresa a possibili azioni esecutive da parte dei creditori, ma compromette anche la possibilità di accesso a nuovi strumenti di ristrutturazione del debito.

Questa sentenza, infine, sottolinea il ruolo cruciale dei tribunali e dei commissari giudiziali nel monitoraggio dell’adempimento del piano, ribadendo che la liquidità della società e la sua capacità di far fronte agli obblighi assunti rappresentano elementi determinanti per la stabilità della procedura.

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Conclusioni

L’ordinanza n. 4596/2025 della Cassazione fornisce un chiarimento fondamentale sui presupposti per la risoluzione del concordato preventivo. La decisione conferma che il mancato pagamento dei creditori nei termini previsti dal piano, senza valide giustificazioni, costituisce un grave inadempimento che legittima la risoluzione. Inoltre, ribadisce il principio della preclusione alla contestazione dei crediti successivamente all’omologa, sottolineando la necessità di un comportamento diligente da parte del debitore. La sentenza rappresenta, dunque, un riferimento importante per gli operatori del diritto, fornendo indicazioni chiare su quando e come può essere richiesta la risoluzione del concordato.

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