Crowdfunding, cos’è e come funziona? – Soldi


Crowdfunding, una parola difficile per definire un concetto semplice: se le banche e gli investitori intesi nel senso classico del termine non vi ritengono appetibili e non vi danno credito, vi potete rivolgere alla folla. Il termine infatti è mutuato dall’inglese crowd, ovvero folla, ed è un’innovativa forma di finanziamento, particolarmente adatta anche al mondo agricolo.

 

Capita spesso infatti che, pur essendo un’azienda agricola sana, non si abbia un rating sufficiente per ottenere un finanziamento bancario. “Io ritengo che sia un metodo di finanziamento perfetto per le aziende agricole, il singolo finanziatore può infatti credere in un progetto senza necessariamente aspettarsi una remunerazione o può decidere di finanziare un progetto con la promessa di ottenere poi un prodotto o un qualche vantaggio. Abbiamo esempi di campagne di crowdfunding del mondo agrifood di successo. È infatti più semplice ottenere mille euro da cento persone piuttosto che 100mila da una banca”.

 

Maria Lucetta Russotto, professoressa dell’Università degli Studi di Firenze e socia dello Studio Russotto di Pisa, ha moderato uno dei tavoli del forum “L’economia dell’impresa e la finanza aziendale nella MPMI” che si è tenuto all’Università degli Studi di Firenze lo scorso gennaio e non ha dubbi sull’opportunità delle imprese agricole di conoscere questo strumento e di valutarlo.

 

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“Tecnicamente – ci ha spiegato proprio Maria Lucetta Russotto – il crowdfunding è una raccolta di risparmio portata avanti con il sistema one-to-one. Un sistema che viene definito finanziamento ‘a progetto’, a differenza di altre tipologie di finanziamento. Il crowdfunding è quindi una raccolta di capitale sulla base delle progettualità. Né il sistema bancario, né l’obbligazionario possono puntare sulla progettualità. Hanno bisogno di molte garanzie”.

 

Dopo aver definito il proprio progetto quindi ci si rivolge a piattaforme specializzate per la raccolta fondi. “In Italia è ancora poco diffuso, eppure l’Italia è il Paese dove il crowdfunding è più tutelato – ha continuato la professoressa – l’Italia ha una regolamentazione giuridica del crowdfunding. Chi non lo conosce pensa subito a progetti sociali, di beneficenza, ma in realtà è una forma molto tecnica di finanziamento. Lo possono fare le startup ma nulla vieta che anche un’azienda già affermata, con una storia, si finanzi tramite crowdfunding”.

 

Le tipologie di crowdfunding

Esistono innumerevoli tipologie di crowdfunding, anche perché è uno strumento in evoluzione, le principali però sono quattro.

 

Particolarmente adatto a progetti di carattere civile e sociale è il “donation based”, ovvero l’investitore aderisce al progetto senza ricevere nulla in cambio, finanzia l’idea perché ci crede.

 

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Ci sono poi il “social lending” o “peer-to-peer lending”, un prestito in denaro fra privati destinato a progetti imprenditoriali, a fronte del pagamento di un interesse e del rimborso del capitale che ha però il vantaggio della riduzione dei tempi di risposta sulla concessione del credito, costi generalmente inferiori al sistema bancario e, anche se c’è una valutazione di merito creditizio, la procedura è generalmente meno complessa e articolata. Da notare che tutte le piattaforme per il peer-to-peer, che letteralmente significa “da pari a pari”, selezionano chi chiede un prestito valutandone appunto il rating e la capacità di restituire agli investitori il capitale. Anche le persone fisiche devono avere un reddito dimostrabile e non avere precedenti di insolvenza.

 

L’“equity based” non prevede la restituzione del capitale ma il soggetto che investe, in cambio, partecipa al progetto stesso e diventa quindi socio dell’azienda: assume il rischio imprenditoriale. È strettamente normato in Italia ed è accessibile solo alle società di capitali.

 

Per realtà piccole o medio piccole, come spesso sono le aziende agricole, una forma interessante di crowdfunding è però il “reward based”. In sostanza l’investitore riceve in cambio del finanziamento una ricompensa, spesso si tratta di un prodotto o di un servizio, oppure di un’esperienza esclusiva.

 

Secondo il Politecnico di Milano, che sul crowdfunding ha un Osservatorio e pubblica ogni anno un report, il reward crowdfunding è uno strumento utile anche per testare sul mercato nuove iniziative imprenditoriali, per finanziare nuovi lanci di prodotti e servizi e per verificarne in anteprima il possibile gradimento dal pubblico di finanziatori.

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Al 30 giugno 2024, in Italia, erano operativi ventidue portali italiani nell’ambito donation e reward crowdfunding. Per queste due categorie specifiche la raccolta nel 2023 si è attestata a 51,7 milioni di euro. I costi da tener presente per campagne di reward crowdfunding, quelle cioè che non prevedono la restituzione del capitale ma prevedono appunto un premio pattuito in anticipo per il finanziatore, vanno dalle commissioni da versare alla piattaforma che ospita la campagna alle spese di spedizione del prodotto, se quello è il premio pattuito.

 

Come anticipava la professoressa Maria Lucetta Russotto, in Italia le campagne di equity e social lending crowdfunding sono strettamente normate. In particolare, dopo la messa a terra del Regolamento Europeo 2020/1503 ECSP, Consob e Banca d’Italia sono state entrambe individuate quali autorità nazionali deputate a vigilare. Tutte le informazioni tecniche su questi tipi di crowdfunding si trovano sul sito Consob in questa pagina.

 

Crowdfunding, come muoversi?

Quali però le domande da porsi prima di avventurarsi in una campagna di crowdfunding, fosse anche una semplice campagna di reward crowdfunding.

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“Ci si deve chiedere qual è il progetto, se è credibile per gli investitori. Io azienda chiedo di essere finanziata ma intendo restituirli oppure voglio puntate su un reward? Dare quindi in cambio all’investitore qualcosa che gli interessi. Dopo queste domande posso passare in rassegna le piattaforme a disposizione e capire le loro condizioni. Non si equivalgono tutte. In generale comunque – ha concluso la professoressa – si deve attuare un monitoraggio dell’azienda per capire se ha le carte in regola per presentarsi agli investitori, ma questo vale in generale. A dire la verità il monitoraggio di sé stessi in quanto azienda è obbligatorio per legge, anche per le aziende agricole dal 2019, anche se in pochi lo stanno facendo. Per pensare di rivolgersi al crowdfunding non bisogna essere imprese in twilight zone. La twilight zone è una zona d’ombra dove potenzialmente l’azienda può crollare o può riprendersi. Chiaramente questa è un’azienda non adatta al crowdfunding”.



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