Un dipendente di Credito Emiliano è stato licenziato due volte, nel 2011 e nel 2018, con provvedimenti che il tribunale di Milano ha giudicato entrambi illegittimi. Dopo essere stato reintegrato, il bancario ha però subito un demansionamento rispetto al ruolo che ricopriva nel 2009. La corte d’Appello di Milano ha condannato l’istituto di credito a un risarcimento di quasi 500mila euro come riporta il Corriere della Sera.
Fino al 2009, il lavoratore ricopriva un incarico di alto livello, appena al di sotto dei dirigenti della filiale. In seguito, gli sono stati progressivamente tolti i compiti di coordinamento e gestione del personale, fino al primo licenziamento del 2011. Il tribunale ha stabilito che la banca aveva agito illegittimamente, ordinando il reintegro. Tuttavia, al rientro, il dipendente non ha più ripreso le sue precedenti mansioni. Secondo alcune testimonianze, per mesi sarebbe rimasto inattivo, senza incarichi assegnati, a causa della causa in corso con l’azienda.
Nel 2018 è arrivato un secondo licenziamento, anche questo giudicato illegittimo. Nonostante il trattamento ricevuto, i giudici non hanno riconosciuto un vero e proprio “attacco alla reputazione” o un “isolamento sistematico”, ma hanno ritenuto che il bancario abbia subito una grave vicenda di demansionamento. Credito Emiliano è stata quindi condannata a corrispondere al dipendente il 30% lordo dello stipendio dal 2009 fino alla data della sentenza, oltre a un risarcimento di oltre 70mila euro per danni non patrimoniali.
“La sentenza ribadisce che la dignità del lavoratore e la tutela della sua professionalità non possono essere sacrificate”, ha dichiarato l’avvocato Domenico Tambasco, che ha assistito il dipendente in giudizio. “Si sottolinea la gravità delle violazioni accertate e la necessità di politiche aziendali rispettose delle norme vigenti”.
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