La Corte di Giustizia sui termini davanti all’Antitrust


Segnaliamo una recente sentenza della Corte di Giustizia europea del 30 gennaio 2025, causa C-510/23, intervenuta a seguito di un rinvio pregiudiziale ad opera del T.A.R. Lazio.

La questione pregiudiziale era insorta in un giudizio avente ad oggetto le sanzioni irrogate da AGCM nei confronti della società Trenitalia, nei cui confronti l’Autorità garante aveva accertato un illecito in materia di tutela dei consumatori.

Dal canto suo, la società aveva contestato la tardività dell’avvio della fase istruttoria in contraddittorio a seguito della quale erano state irrogate le sanzioni.

Difatti, come lo stesso T.A.R. Lazio ha fatto presente, l’attività istruttoria di AGCM – in assenza di una disciplina specifica – è regolata dall’articolo 14 della legge n. 689/81 in forza del quale tale autorità, a pena di decadenza dal suo potere sanzionatorio, è tenuta ad avviare la fase istruttoria in contraddittorio del procedimento mediante la comunicazione degli addebiti entro il termine di 90 giorni decorrente dal momento in cui essa viene a conoscenza degli elementi essenziali dell’asserita violazione.

Secondo il giudice a quo, tuttavia, questa interpretazione del diritto nazionale rischierebbe di frustrare l’autonomia di AGCM che sarebbe costretta a istruire i casi di cui si occupa secondo il mero criterio cronologico, a prescindere dalla complessità e peculiarità delle singole vicende di cui è investita.

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Il T.A.R. Lazio sez. V-ter, con ordinanza del 1° agosto 2023, n. 12692 ha posto alla Corte di Giustizia UE il seguente quesito pregiudiziale:

“Se l’articolo 11 [della] direttiva [2005/29], letto alla luce dei principi di tutela dei consumatori ed effettività dell’azione amministrativa, debba essere interpretato nel senso che osti a una normativa nazionale, quale quella discendente dall’applicazione dell’articolo 14 [della legge n. 689/81] – come interpretata nel diritto vivente – che impone all’[AGCM] di avviare il procedimento istruttorio per l’accertamento di una pratica commerciale scorretta (sleale) entro un termine decadenziale di novanta giorni, decorrente dal momento in cui l’Autorità ha la conoscenza degli elementi essenziali della violazione, potendo questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell’illecito”

La Corte di Giustizia ha innanzitutto rilevato che, stando direttiva 2005/29, la disciplina dell’attività delle Autorità preposte alla tutela dei consumatori è rimessa alla discrezionalità degli Stati membri, chiamati a stabilire misure destinate a contrastare le pratiche commerciali sleali, purché siano proporzionate, effettive e dotate di efficacia dissuasiva.

Dunque, anche la scansione temporale dell’attività delle Autorità garanti rientra nella discrezionalità dei legislatori nazionali; in particolare, il Giudici europei hanno affermato che “siffatti termini ragionevoli sono infatti stabiliti nell’interesse sia delle imprese interessate sia di tali autorità, conformemente al principio della certezza del diritto, e non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’attuazione del diritto dell’Unione.”

Se, da un lato, è necessario garantire il diritto di difesa delle imprese coinvolte, dall’altro lato i termini entro cui deve essere attivata l’istruttoria in contraddittorio non può trasformarsi in un limite all’operato delle Autorità garanti.

Infatti, secondo la Corte di Giustizia “una siffatta autorità dev’essere in grado non solo di procedere a tutte le misure istruttorie preliminari nonché alle valutazioni di fatto e di diritto spesso complesse, necessarie per valutare se l’avvio della fase istruttoria in contraddittorio sia giustificato, ma anche di scegliere, in funzione del grado di priorità che, nell’esercizio della sua indipendenza operativa, intende accordare a una procedura d’infrazione in corso, il momento più opportuno per avviare, se del caso, la fase istruttoria in contraddittorio di quest’ultima.”.

Del resto, il diritto a difendersi delle imprese coinvolte nei procedimenti antitrust è garantito nel momento stesso in cui viene comunicato l’addebito e si dà la possibilità all’operatore di presentare deduzioni e difendere la propria posizione.

In altri termini, il diritto alla difesa è garantito fintantoché nessuna sanzione venga irrogata in mancanza di contraddittorio tra l’interessato e L’Autorità garante.

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La riconosciuta facoltà delle Autorità di rimandare l’avvio della fase istruttoria ancorché siano già a conoscenza dell’infrazione non giustifica, naturalmente, l’eventuale inattività durante la fase degli accertamenti preliminari.

In ultima analisi, secondo i Giudici di Lussemburgo, una normativa che preveda un termine perentorio entro cui l’Autorità garante debba procedere a comunicare gli addebiti pena l’inefficacia delle sanzioni irrogate “potrebbe implicare che un numero rilevante di infrazioni accertate a tale disposizione non siano oggetto di sanzioni efficaci e dissuasive.”

Peraltro, continua la sentenza, “l’impossibilità per l’AGCM di avviare una nuova procedura d’infrazione al fine di adottare siffatte sanzioni potrebbe, di fatto, indurre le imprese a mantenere pratiche commerciali sleali, compromettendo così gravemente l’effettiva attuazione, da parte delle autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori, delle norme dell’Unione in materia.”

Per questi motivi, la CGUE ha affermato che:
“Alla luce dell’insieme delle motivazioni suesposte, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che gli articoli 11 e 13 della direttiva 2005/29, letti alla luce del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che, nell’ambito di un procedimento diretto all’accertamento di una pratica commerciale sleale condotto da un’autorità nazionale responsabile dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori, da un lato, impone a tale autorità di avviare la fase istruttoria in contraddittorio del procedimento, mediante la comunicazione degli addebiti all’impresa interessata, entro un termine di 90 giorni a decorrere dal momento in cui essa viene a conoscenza degli elementi essenziali dell’asserita violazione, potendo questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell’illecito, e, dall’altro, sanziona l’inosservanza di tale termine con l’annullamento integrale del provvedimento finale di detta autorità in esito alla procedura d’infrazione, nonché con la decadenza dal potere di quest’ultima di avviare una nuova procedura d’infrazione riguardante la stessa pratica.”

Redazione

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