Cari giovani, è ancora possibile avere fiducia


Gli uomini sono fatti per vivere insieme: abbiamo bisogno di stare insieme per sostenerci, proteggerci, comunicare, condividere. L’individuo dà vita alla coppia, la coppia genera la famiglia, la famiglia si aggrega in gruppi più ampi dando origine ai gruppi sociali. E le società si organizzano, si danno regole via via più articolate e complesse perché la convivenza sia possibile e ognuno trovi lo spazio per dare il proprio contributo creativo e insieme per essere tutelato e sostenuto nelle proprie necessità vitali.
Ma perché tutto questo possa realizzarsi è necessario un presupposto essenziale: dobbiamo poterci fidare gli uni degli altri.

La possibilità di fidarsi è il fondamento ineludibile di tutte le relazioni umane buone: dobbiamo poterci fidare della persona che scegliamo di amare e con cui vogliamo fondare una famiglia, ma dobbiamo poterci fidare anche dell’onestà del negoziante, della professionalità del medico, della correttezza del politico, del giudice, del legislatore. Dobbiamo poter pensare che l’altro non è in primo luogo un nemico e che non rappresenta per forza un pericolo: la fiducia è un atto umano gratuito, che consiste nell’avere sull’altro un pregiudizio buono che permette un’apertura di credito nei suoi confronti. La fiducia però non è un atto irragionevole o ingenuo, ma piuttosto il frutto più prezioso di una cultura condivisa; è il distillato del lungo percorso che ha portato l’uomo a poter pensare all’altro come a un fratello, e trova il suo fondamento più chiaro nel pensiero che nasce dall’esperienza cristiana dando origine all’idea di comunità.

Da diversi decenni ormai sperimentiamo purtroppo il crollo della fiducia tra esseri umani; è un dato drammatico, che costituisce a mio avviso il vero punto critico della nostra epoca. In questo scenario, credo che l’esperienza del Covid abbia giocato un suo ruolo, dando una forte spinta nella direzione apparentemente ragionevole del sospetto, e abituandoci a diffidare pregiudizialmente dell’altro come fonte possibile di pericolo e di contagio. Improvvisamente, gesti fondamentali della comunicazione umana come stringersi la mano, abbracciarsi, festeggiare insieme, sono diventati gesti pericolosi, e le distanze nelle relazioni sono state ridefinite dalla paura e dal sospetto. Sono passati cinque anni dall’inizio della pandemia, e siamo ritornati tutti alla vita di sempre, alle nostre abitudini, ai nostri ritmi accelerati; anche se il Covid non è scomparso non ne parliamo quasi più, presi da altre più vicine e immediate preoccupazioni. Ciò che è accaduto ha però lasciato i suoi segni, imprimendo una sorta di accelerazione al processo di sfiducia già in atto: sono segni da non sottovalutare, che vediamo riflessi soprattutto nelle generazioni più giovani, e nel loro disagio sempre più diffuso.

La possibilità di fidarsi è cruciale per la crescita: per tutta l’infanzia il bambino si affida pienamente all’adulto, legge la realtà attraverso i suoi occhi, lo osserva e assorbe i suoi modelli di comportamento e di pensiero senza essere in grado di metterli in discussione. Se l’adulto presenta la realtà come pericolosa questo significa che la realtà è pericolosa; se l’adulto legge l’altro come nemico, l’altro è nemico. Crescendo, poi, solo la fiducia permette di costruire vere relazioni di intimità, e dà la possibilità preziosa di mostrarsi all’altro per quello che si è, senza bisogno di difendersi. La fiducia permette l’esperienza insostituibile di mostrarsi indifesi, perché ci sentiamo accolti da uno sguardo buono. Ma chi dei nostri ragazzi, oggi, può interiorizzare la possibilità di dare e ricevere questo dono? Come può esserci la ragionevole certezza che se io mi fido l’altro saprà ricambiare la mia fiducia? Il forte disagio che abbiamo sperimentato nel periodo pandemico avrebbe dovuto farci riflettere sul valore insostituibile della fiducia che stiamo perdendo, e aiutarci a invertire la rotta. Temo invece che ciò non sia accaduto: la sfiducia è quanto mai palpabile e sta togliendo speranza alle nuove generazioni.

La nostra sfiducia le schiaccia, la nostra diffidenza e la nostra paura le allontana dagli altri. I ragazzi hanno bisogno di tornare a vedere in noi i testimoni della promessa che le buone relazioni sono ancora possibili: tra uomo e donna, tra vicini, tra colleghi, nella vita pubblica e privata. Hanno bisogno che torniamo a insegnare loro che essere affidabili è un valore insostituibile, e che è ancora possibile dare e ricevere fiducia.

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