il flop della cripto mette nei guai Milei


Che Javier Milei fosse un presidente fuori dagli schemi lo si sapeva già. La sua ascesa al potere, tra motoseghe agitate nei comizi e proclami ultraliberisti, ha rotto ogni convenzione della politica argentina. Ma ora il leader libertario si trova al centro di uno scandalo che rischia di minarne non solo la credibilità, ma anche la stabilità politica. Il procuratore federale Eduardo Taiano ha aperto un’indagine formale nei confronti di Milei e di alcuni imprenditori per una vicenda che odora di speculazione finanziaria e manipolazione di mercato: la promozione sospetta della criptovaluta $Libra.

Un tweet di troppo

Tutto nasce da un post su X (ex Twitter), dove Milei, con la consueta enfasi, aveva presentato la moneta digitale come un’opportunità per finanziare piccole imprese e startup argentine. Una narrazione perfetta per il suo pubblico: meno Stato, più libertà economica, innovazione fuori dal controllo della “casta”. Il risultato? Un’ondata di acquisti che ha fatto schizzare il valore della criptovaluta di oltre 1.000%. Peccato che, poco dopo, il presidente abbia fatto marcia indietro, dissociandosi improvvisamente dal progetto. E il mercato, come sempre spietato, ha reagito con un crollo verticale, lasciando sul campo una scia di piccoli investitori bruciati e un sospetto sempre più solido: si è trattato di una truffa orchestrata ai danni dell’opinione pubblica?

L’inchiesta e le accuse

Secondo la procura, gli elementi per ipotizzare una serie di reati ci sono tutti. Milei e i suoi sodali sono accusati di truffa, traffico di influenze, abuso d’ufficio e corruzione. Accuse pesanti, che non si limitano alla questione della criptovaluta, ma pongono un problema più ampio: fino a che punto il presidente ha usato il suo ruolo istituzionale per favorire operazioni speculative? Se si dimostrasse che il suo endorsement ha generato un artificiale rialzo del valore della moneta, per poi permettere a qualcuno di vendere al picco massimo e incassare profitti milionari, lo scandalo assumerebbe contorni ben più gravi di una semplice imprudenza comunicativa.

Ma c’è di più. L’Argentina, già stremata da un’inflazione fuori controllo e da una crisi economica endemica, è un terreno fertile per gli esperimenti finanziari più spregiudicati. La promessa di una moneta alternativa, al riparo dall’interventismo statale e dalle manipolazioni della Banca Centrale, ha un richiamo fortissimo in un Paese che ha vissuto più default che rivoluzioni. Ed è proprio qui che il comportamento di Milei diventa ancora più pericoloso: il Presidente, con la sua retorica libertaria, ha contribuito a creare un clima di fiducia cieca nelle soluzioni “di mercato”, ignorando – o forse sfruttando – i rischi di operazioni poco trasparenti.

Lo scenario politico

Da qui si arriva alla vera questione politica. Milei è sempre stato un outsider, un politico “anti-sistema” che si è costruito sulla rabbia degli argentini contro la classe dirigente tradizionale. Ma l’outsiderismo ha i suoi limiti, soprattutto quando si scontra con la realtà del governo. Questa vicenda segna un punto di svolta nel suo mandato: non è più il tempo delle provocazioni sui social e degli slogan incendiari. La macchina dello Stato – quella che lui stesso vuole smantellare – ora si è mossa contro di lui.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Come reagirà? Il copione è prevedibile: Milei urlerà al complotto, attaccherà la magistratura, si presenterà come vittima di un sistema corrotto che vuole fermare la sua “rivoluzione”. Ma la domanda è un’altra: gli argentini gli crederanno ancora? Perché una cosa è sfidare la politica tradizionale con un linguaggio aggressivo, un’altra è vedersi svuotare il portafoglio a causa di una speculazione che porta la firma del presidente stesso.

E c’è poi la variabile internazionale. Milei è stato accolto con curiosità e scetticismo dalle cancellerie occidentali, con gli Stati Uniti e l’Europa che osservano con attenzione ogni sua mossa. Il suo posizionamento geopolitico – filoamericano, pro-Israele, anticomunista – lo aveva finora reso un interlocutore interessante per certi ambienti conservatori. Ma ora lo scandalo potrebbe cambiare il quadro. Chi vorrà più fidarsi di un leader che rischia di affondare nel primo grande caso di corruzione del suo mandato?

Il limite del populismo finanziario

Se questa storia insegna qualcosa, è che il populismo applicato all’economia ha un limite ben preciso. Milei ha costruito la sua carriera sulla promessa di un capitalismo senza freni, di una libertà economica totale, di un mercato capace di autoregolarsi senza l’intrusione dello Stato. Ma i mercati non sono astratti: sono fatti di regole, fiducia, e, soprattutto, di persone reali che ne pagano le conseguenze.

Ora il presidente argentino si trova davanti al suo primo vero banco di prova. Non sarà un talk show a salvarlo, né un altro post su X. Se la giustizia farà il suo corso, questa potrebbe essere la fine dell’illusione di Milei come salvatore dell’Argentina. Ma se riuscirà a sfangarla, potrebbe persino uscirne rafforzato, vittima perfetta di un sistema che ha sempre dipinto come il suo nemico.

In entrambi i casi, il messaggio è chiaro: la politica non si fa con i tweet. E, soprattutto, l’economia non si gioca come una scommessa su una criptovaluta

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