Non incorre in esclusione il concorrente che indichi l’importo offerto in forma numerica invece che in percentuale. La volontà dell’offerente era, infatti, agevolmente ricostruibile dalla Stazione Appaltante.
Lo ha chiarito il T.A.R. Lazio, sez. I-quater, nella sentenza n. 2841 del 7 febbraio 2025.
Il caso trattato
Nel caso affrontato dai giudici un operatore aveva partecipato ad una gara mista di servizi e forniture. L’impresa era stata esclusa, per aver presentato l’offerta economica, espressa in cifra, invece che in percentuale, in violazione di quanto previsto, a pena di esclusione, dal Disciplinare di gara, il quale prevedeva che l’offerta dovesse indicare, il ribasso in percentuale sul prezzo a base di gara, al netto di Iva, nonché degli oneri per la sicurezza.
La Stazione Appaltante disponeva, pertanto l’esclusione, alla quale seguiva il ricorso della Ditta, la quale, tra l’altro contestava la violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e favor partecipationis, per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.
Secondo il ricorrente, a fronte di una clausola del bando non particolarmente chiara nel fare riferimento all’offerta percentuale di ribasso e di un modulo di offerta che richiedeva espressamente, per altre voci, l’indicazione dell’importo in euro, l’errore compiuto nella formulazione del ribasso, riportato in termini economici anziché percentuali, non sarebbe stato idoneo a giustificare l’esclusione dell’offerta.
Sempre a parere del ricorrente, l’offerta sarebbe stata determinata, completa, chiara e univoca, non carente di alcun elemento essenziale e suscettibile di conversione dall’una all’altra grandezza mediante il ricorso a una mera operazione matematica, senza ulteriore intermediazione.
Infine, la Stazione Appaltante avrebbe anche violato i principi di favor partecipationis e di risultato, non attivando neppure il soccorso procedimentale, essendo stato possibile chiedere chiarimenti.
La decisione dei giudici
Secondo i giudici la legge di gara era immune di vizi. Diversamente, per quanto riguardava il soccorso istruttorio, l’art. 101, co. 3, del codice, recependo le conclusioni alle quali era già approdata la giurisprudenza sotto la vigenza del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, prevede che “La stazione appaltante può sempre richiedere chiarimenti sui contenuti dell’offerta tecnica e dell’offerta economica e su ogni loro allegato…I chiarimenti resi dall’operatore economico non possono modificare il contenuto dell’offerta tecnica e dell’offerta economica”, così ammettendo che l’operatore economico possa essere chiamato a chiarire alcuni aspetti dell’offerta per dissipare i dubbi sulla sua interpretazione, sempreché ciò non implichi forme di integrazione postuma della proposta negoziale già formulata, che deve essere ab origine completa di tutte le voci richieste dalla lex specialis.
È possibile, infatti, che l’operatore economico commetta errori nella formulazione dell’offerta, che, ove riconoscibili dalla commissione di gara ed emendabili senza interventi additivi del dichiarante, devono essere oggetto di approfondimento istruttorio.
Nel caso di specie, l’errore compiuto dal concorrente risiedeva nell’aver formulato l’offerta in termini economici e non percentuali.
Si trattava, con ogni evidenza, di un errore riconoscibile dalla p.a. senza alcuna complessa operazione ermeneutica, agevolmente emendabile, se non d’ufficio (ipotesi, invero, non incompatibile con la natura dell’errore), senz’altro all’esito di una richiesta di chiarimenti all’impresa, chiamata semplicemente a confermare una svista nell’esternazione della propria volontà negoziale, neanche suscettibile, a ben vedere, di diverse opzioni interpretative.
L’inserimento di un valore nel campo offerta economica non si prestava, infatti, che ad un’unica interpretazione, risultando palese che l’impresa avesse inteso offrire quell’importo come prezzo già ribassato, anticipando quell’operazione matematica di conversione dal valore percentuale al prezzo finale che, invero, la stessa stazione appaltante, ai fini della stipula del contratto, avrebbe comunque dovuto compiere in un secondo momento.
L’immediata possibilità di rilevare la diversa forma con la quale l’impresa aveva formulato la propria offerta conferiva, pertanto, all’errore il carattere della riconoscibilità e avrebbe dovuto, per la sua stessa natura, indurre il committente ad attivare, quantomeno, il soccorso procedimentale di cui all’art. 101, co. 3, del codice, riservandosi di decidere, a conclusione del sub-procedimento, anche in senso sfavorevole alla ricorrente, laddove la sua risposta non fosse apparsa soddisfacente ovvero in presenza di inammissibili elementi integrativi dell’offerta, ma non precludendosi immotivatamente qualsiasi interlocuzione con il potenziale aggiudicatario.
Conclusioni
I giudici hanno anche fatto rilevare che l’impostazione esposta nelle righe che precedono sono ulteriormente suffragate dalla necessità, per la Stazione Appaltante, di attuare il principio del risultato di cui all’art. 1 del codice, che, orientando le stazioni appaltanti alla ricerca del “migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, [seppure] nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”, spinge verso una più accentuata dequotazione dei vizi formali, già intrapresa dall’art. 21-octies, co. 2, della l. 241/1990, non solo degli atti amministrativi ma anche delle dichiarazioni rese dai privati, laddove non si traducano in vizi radicali della volontà da cui scaturiscono e non vi ostino i superiori principi di concorrenza e di parità di trattamento.
Resta da interrogarsi, a sommesso avviso, se fosse stato effettivamente necessario, nel caso analizzato, “scomodare” l’istituto giuridico del soccorso istruttorio, se si considera che l’effettiva volontà del concorrente era stata resa palese dall’espressione dell’offerta in percentuale invece che in valore.
Views: 3
Correlati
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link