Caro-bollette: il decreto sbaglia obiettivo


Il governo lavora a un decreto con uno sconto temporaneo sulle bollette energetiche di famiglie e imprese. Costerà allo stato circa 3 miliardi. Il prezzo del gas è però nettamente diminuito dal picco di febbraio 2022, altre voci guidano i rincari.

Lo sconto è giustificato?

Il governo discute la proposta di innalzare per pochi mesi la soglia Isee dei consumatori che possano fruire di uno sgravio sul costo della bolletta elettrica. La motivazione del caro-bollette è infatti ricondotta alle quotazioni del gas (con cui l’Italia produce circa il 50 per cento dell’energia elettrica) che sarebbero eccessivamente elevate. Nei mesi successivi ci si aspetta un calo legato all’evoluzione del conflitto in Ucraina e all’arrivo dell’estate. Quindi, questo tipo di intervento potrebbe essere efficace solo se l’aumento del costo delle bollette fosse legato a un aumento del prezzo del gas. Ma è veramente così?

Le quattro voci della bolletta

La bolletta elettrica è composta da quattro principali voci: la spesa per la materia prima energia, la componente principale della bolletta; la spesa per il trasporto e la gestione del contatore regolata da Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente); gli oneri di sistema, imposti da Arera e dal governo per finanziare attività di interesse generale; e le imposte, che includono accise e Iva, stabilite dallo stato.

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La spesa per la materia prima energia comprende: i costi di commercializzazione e vendita che sono costi fissi discrezionali stabiliti dal fornitore, la cui variazione potrebbe in qualche modo avere a che fare con il tasso di inflazione; gli oneri di sbilanciamento, definiti da Arera e Terna per coprire i costi di bilanciamento del sistema e possono far registrare delle variazioni importanti in caso di inaspettati momenti di scompenso tra domanda e offerta; il Pun (prezzo unico nazionale) legato al costo della materia prima e determinato dal mercato elettrico e lo spread deciso dal venditore che rappresenta il margine sul Pun.

Tra febbraio 2021 e febbraio 2022 il Pun (costo della materia prima) ha subito un balzo superiore al 240 per cento: da 0,06 al Kwh a 0,21 al Kwh. Il brusco movimento è poi di fatto stato giustificato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Si è provato a usare il prezzo del gas, che poi è stato la causa dell’aumento del Pun, come arma di ricatto nei confronti delle nazioni europee dipendenti in gran parte dal gas russo. Il Pun si è mantenuto su questi livelli alti fino a novembre del 2022. A febbraio del 2023 scendeva a 0,16 al Kwh, per scendere ulteriormente nei mesi successivi a 0,11 e stabilizzarsi 0,12 a febbraio 2025. Lo spread negli ultimi anni si è mantenuto più o meno attorno allo 0,04 al Kwh.

Dove aumentano i costi

Da febbraio 2022, momento in cui gli elevatissimi prezzi del gas hanno portato il Pun delle bollette ai massimi, a febbraio 2025, in cui si registra un prezzo del Pun attorno a 0,12 (quindi quasi il 42 per cento in meno del livello di febbraio 2022), si ha contemporaneamente un aumento dei costi per la materia prima energia della bolletta di quasi il 38 per cento. L’incremento è interamente dovuto all’aumento dei costi di commercializzazione e vendita che di fatto hanno cominciato a crescere quasi simultaneamente alla discesa del Pun. Nel periodo considerato vi è stato un aumento di tali costi del 66 per cento.

Perché è avvenuto? Pur volendo tenere conto dell’inflazione al consumo, tali costi sarebbero dovuti aumentare di circa il 20 per cento. Il loro trend crescente annulla completamente l’attesa diminuzione dei prezzi che si sarebbe dovuta avere con il crollo del costo della materia prima e quindi del Pun.

L’effetto delle liberalizzazioni avrebbe dovuto essere visibile in una diminuzione dei costi di vendita e commercializzazione, invece è avvenuto il contrario. Alla luce di questa evidenza che senso ha sussidiare consumatori fragili e imprese vulnerabili con la fiscalità generale?

Il decreto in via di definizione per tamponare l’elevato costo dell’elettricità costerebbe alle casse dello stato 2 miliardi per i consumatori e 1 per le imprese. Sarebbe opportuno interrogarsi su quanto la proposta potrebbe finire col finanziare rendite derivanti da un comportamento collusivo degli operatori del settore. Questa eventualità dovrebbe essere adeguatamente verificata prima di decidere di impiegare risorse pubbliche consistenti, tra l’altro, pare, per soli tre mesi.

D’altronde, neanche l’altra proposta circolata, che prevede di sganciare il prezzo del gas dal prezzo dell’energia, sembra poter risolvere il problema, visto che il Pun, che è legato al prezzo del gas, è diminuito nel periodo (febbraio 2022-febbraio 2025) in cui si è registrato l’incremento del costo delle bollette di quasi il 40 per cento.

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Luisa Loiacono



Assegnista di ricerca presso l’Università di Ferrara, ha conseguito il dottorato in Economia e Management dell’Innovazione e della Sostenibilità presso le Università di Ferrara e di Parma. Si è laureata in Economia e Management all’Università di Bari e ha conseguito il Master in Green Management, Energy and Corporate Social Responsibility all’Università commerciale Bocconi. Ha svolto attività di ricerca presso l’Università di Tilburg ed è stata borsista alla Concordia University di Montreal. Si occupa di economia dei trasporti e economia dell’energia e dell’ambiente con particolare riguardo al mercato elettrico.

Leonzio Rizzo

rizzo

Si è laureato in Economia all’Università Cattolica di Milano. Ha conseguito il Master in Economics a Louvain-la-Neuve e il dottorato in Economia Politica all’Università Federico II di Napoli. E’ stato Marie Curie post-doc fellow alla LSE. Si occupa di temi di economia pubblica e political economy con particolare riguardo alla finanza locale. Ha insegnato all’Università Cattolica di Milano e all’Università di Novara e Ferrara. E’ professore ordinario di Scienza delle Finanze presso quest’ultima Università e research affiliate presso l’IEB dell’Università di Barcellona. Ha svolto e svolge attività di consulenza per vari enti pubblici. È stato membro del comitato direttivo della Siep (Società Italiana di Economia Pubblica) per il periodo 2015-2021. È redattore de lavoce.info. @leonziorizzo su Twitter.



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