Etf, successo mondiale ma meno del 4% degli italiani ci investe. Quanto fa perdere la scarsa educazione finanziaria?


L’adozione degli Etf in Italia rimane sorprendentemente bassa: solo il 3,9% dei risparmiatori vi investe, una percentuale inferiore rispetto a quella di altri Paesi europei. Questo dato mette in evidenza un problema più ampio e strutturale: la scarsa educazione finanziaria, che impedisce agli investitori italiani di cogliere le opportunità offerte da strumenti moderni ed efficienti.

Mentre gli Etf attivi e passivi conquistano sempre più spazio nei mercati globali, il ritardo italiano penalizza i risparmiatori, bloccati in un approccio conservativo che spesso non tiene conto delle reali potenzialità di rendimento e diversificazione. Vediamo allora:


  • L’imponente crescita degli Etf in Europa

  • Perché gli italiani non investono negli Etf

  • Quali sono le conseguenze della scarsa educazione finanziaria

L’imponente crescita degli Etf in Europa

Il 2024 è stato un anno da record per gli Etf europei. Nei primi mesi dell’anno, questi strumenti hanno attratto 247 miliardi di euro di investimenti con un aumento del 42% rispetto all’anno precedente. Questo incremento ha portato il totale degli asset gestiti nel settore a 2.081,8 miliardi di euro, dimostrando come gli investitori europei stiano sempre più scegliendo gli Etf per la loro trasparenza, efficienza e convenienza.

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Un aspetto interessante è la crescita esponenziale degli Etf attivi, che nel solo 2024 hanno raccolto flussi per 19,1 miliardi di euro, una cifra più che triplicata rispetto ai 6,7 miliardi del 2023. Questi strumenti combinano la strategia tipica della gestione attiva con la flessibilità e i costi contenuti degli Etf tradizionali.

L’ampia gamma di Etf disponibili sul mercato europeo comprende prodotti che replicano indici azionari globali, obbligazioni governative e corporate, materie prime e strategie tematiche, come la transizione energetica e la cybersecurity. La diversificazione dell’offerta ha reso gli Etf uno strumento chiave nella costruzione di portafogli equilibrati e performanti, soprattutto in periodi di incertezza economica e volatilità dei mercati.

Perché gli italiani non investono negli Etf

Nonostante il successo globale di questi strumenti, solo il 3,9% dei risparmiatori italiani investe in Etf, una percentuale bassa rispetto alla media europea. Se si analizzano i dati più nel dettaglio, emerge un quadro ancora più preoccupante: tra gli uomini la quota sale al 5,2%, mentre tra le donne scende a un misero 2,4%. Anche tra i giovani l’interesse per gli Etf rimane scarso: nella fascia d’età 25-34 anni, solo il 3,3% degli investitori possiede questi strumenti, mentre il dato sale al 6,9% nella fascia 45-54 anni.

Le ragioni di questa reticenza sono molteplici. In primo luogo, gli italiani hanno un rapporto storicamente conservativo con gli investimenti, preferendo strumenti considerati sicuri come titoli di Stato, conti deposito e immobili. Secondo recenti studi, il 47% del portafoglio medio degli italiani è investito in obbligazioni e titoli di Stato, mentre il 22% è destinato agli investimenti immobiliari. Solo il 9% dei risparmiatori italiani detiene investimenti in azioni, segno di una scarsa propensione al rischio e di una limitata diversificazione.

Un altro fattore è la mancanza di educazione finanziaria. Meno del 50% degli italiani sa come funzionano i prodotti finanziari più comuni e solo la metà degli investitori comprende il concetto di diversificazione del rischio, un principio per la gestione efficiente di un portafoglio di investimenti.

Quali sono le conseguenze della scarsa educazione finanziaria

L’assenza di una cultura finanziaria diffusa tra i risparmiatori italiani ha conseguenze misurabili. La prima e più evidente è la scarsa diversificazione dei portafogli, che espone gli investitori a rischi evitabili. Ad esempio, molti italiani concentrano i propri risparmi su un solo asset class, come i Btp o il mattone, ignorando l’importanza di bilanciare investimenti in azioni, obbligazioni e strumenti passivi come gli Etf.

Un altro effetto negativo è la scarsa efficienza dei rendimenti. Studi di mercato dimostrano che nel lungo periodo gli Etf riescono a offrire performance migliori rispetto ai fondi a gestione attiva, grazie ai loro costi ridotti e alla trasparenza nella composizione del portafoglio. Ma il fatto che meno del 4% degli italiani investa in questi strumenti implica che la maggior parte dei risparmiatori non sta sfruttando appieno il potenziale di rendimento dei mercati finanziari.

Infine, la mancanza di conoscenze finanziarie porta molti risparmiatori a cadere vittima di scelte sbagliate, come l’acquisto impulsivo di prodotti ad alto rischio o il mantenimento di liquidità inutilizzata sui conti correnti, con perdite significative a causa dell’inflazione. Oggi gli italiani detengono oltre 1.800 miliardi di euro in liquidità, una cifra enorme che, se investita in strumenti diversificati come gli Etf, potrebbe generare rendimenti ben superiori nel tempo.

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