L’intermodalità in Italia non decolla. A certificarlo sono i numeri dello studio “Corridoi ed efficienza logistica dei territori”, condotto da Contship e Srm su un campione di 400 aziende manifatturiere che esportano e/o importano via container localizzate in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Le tre regioni rappresentano circa il 41% del Pil e il 50% dell’import export italiano e una parte importante del proprio commercio avviene via mare (il 28% per la Lombardia, il 33% per il Veneto e il 37% per l’Emilia-Romagna).
Lo studio rileva che nel periodo 2019-2024 il 12% del campione ha dichiarato di utilizzare un mix strada-ferro per trasportare la merce nella tratta porto-azienda e viceversa. Il resto delle imprese utilizza unicamente il mezzo gommato. Il motivo? A spingere maggiormente le imprese verso il gommato, riporta l’analisi, sarebbero i costi inferiori (per il 59% delle imprese); seguono flessibilità nei tempi di consegna (citato dal 21% delle imprese) e affidabilità e sicurezza (scelto dal 20%).
Tuttavia, secondo il 66% delle imprese, l’intermodalità potrebbe contribuire in qualche misura al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione stabiliti in ambito Ue (per il 29% in modo significativo e per il 37% però solo di poco). Sempre in tema di sostenibilità, il 33% delle imprese sostiene di essersi posta degli obiettivi di decarbonizzazione nella logistica; il 31% tramite l’ottimizzazione dei carichi e il 2% attraverso combustibili alternativi.
Significativa anche la propensione delle aziende ad investire nell’intelligenza artificiale (IA). Allo stato attuale, il 19% delle aziende del campione ne sta esplorando l’implementazione (11%) o la sta già implementando (8%). Tra i possibili vantaggi dell’IA, il 35% delle imprese indica un possibile miglioramento nei costi; il 34% nella qualità dei prodotti. Segue un valore aggiunto nel marketing e delle vendite (per il 24% delle imprese). La tecnologia maggiormente “testata” dalle imprese è la Blockchain (30%). Seguono automazione e robotica (18%), sistemi di computer vision (17%) e Big data (17%).
Nella logistica, l’Ex Works resta ancora una pratica molto utilizzata, ovvero il contratto con cui il venditore mette a disposizione la merce presso i propri locali e l’acquirente è responsabile di tutti gli aspetti del trasporto, tra cui carico, spedizione e sdoganamento. Nel periodo 2019-2024, il 58% delle imprese ha utilizzato prevalentemente la clausola Ex Works nelle operazioni di vendita all’estero. Il 46% delle imprese utilizza l’Ex Works per una questione di semplicità logistica, il 22% per la mancanza di esperienza nel gestire la logistica e il 19% perché è una scelta dei clienti esteri. Tuttavia, il 67% delle aziende è disposto a valutare alternative all’Ex Works: il 41% dietro una consulenza specializzata e il 19% dopo un’analisi dettagliata dei costi-benefici. Il 65% delle aziende valuta rilevante il rischio di perdita di controllo nella consegna a causa dell’Ex Works. Di fatto è emersa una contraddizione.
Quali sono i corridoi logistici più battuti in export e in import? Nell’export, sempre nel periodo 2019-2024,
Genova, con il 47% di imprese utilizzatrici (70% la media 2019-2024), è il porto preferito da un maggior numero di imprese. Seguono La Spezia (29%; 18% la media pluriennale) e Ravenna (28%; 19% la media). Per quanto riguarda la destinazione dell’export via mare, il 43% delle imprese è diretta verso mercati europei, in particolare Regno Unito (21%). Seguono i mercati del Nord America (33%): Stati Uniti (25%) e Canada (13%). Il 13% indirizzano il proprio export nei paesi del vicino o Medio Oriente, in particolare Turchia (8%) ed Emirati Arabi Uniti (4%). Il 12% delle imprese opta per i mercati africani, con l’Egitto in Pole Position. Il Far-East viene scelto dall’8% delle imprese (la Cina dal 5%). Solo il 5% esporta nei Paesi dell’America Latina.
Nell’import, il porto utilizzato da più imprese è stato Ravenna (53%; 28% la media 2019-2024). Seguono Genova (29%; 66% la media), Venezia (21%; 19% la media) e La Spezia (21%; 13% la media. La maggioranza delle imprese ha indicato l’Asia tra i principali mercati di approvvigionamento, in modo particolare il Far East (52%). La Cina lo è per il 49% delle imprese, l’India per l’11%. Tra gli altri mercati di fornitura emergono gli Stati Uniti (13%), il Canada (6%) e il Regno Unito (6%).
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