Paragon, anche il cappellano della Ong Mediterranea Don Mattia Ferrari presenta denuncia


Anche Don Mattia Ferrari, cappellano dell’ONG Mediterranea Saving Humans, ha presentato un esposto alla Procura di Bologna dopo essere stato avvisato di un attacco hacker da Meta e aver scoperto così di essere tra gli spiati di Paragon. La questione continua a essere oggetto di indagini.

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Il caso di spionaggio illegale che ha coinvolto giornalisti, attivisti e membri di ONG torna a scuotere il governo italiano con l’arrivo di una nuova denuncia. Dopo quelle del direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato, e di Luca Casarini, capo missione della ONG Mediterranea Saving Humans da lui fondata, un’altra vittima si è fatta avanti: si tratta di Don Mattia Ferrari, cappellano dell’omonima ONG di cui fa parte Casarini e viceparroco di Nonantola, che, nella giornata di ieri, 27 febbraio, ha presentato infatti un esposto alla Procura di Bologna, chiedendo chiarimenti sull’attacco informatico che lo ha coinvolto. Ferrari è infatti tra gli italiani spiati da Graphite, il software prodotto dall’israeliana Paragon Solutions: “Non sono preoccupato per me ma per i migranti che subiscono violenze e torture. È una vicenda che va chiarita al più presto”, ha dichiarato nei giorni scorsi alla Stampa il cappellano, che si chiedeva “che senso abbia tutto questo”.

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Nella lista delle vittime dello spionaggio illegale ci sono anche l’armatore Beppe Caccia e il rifugiato sudanese e presidente di Refugees in Libya, David Yambio.

Don Mattia Ferrari e la quarta denuncia

Il 24 febbraio, l’ONG Mediterranea Saving Humans ha comunicato che Ferrari era stato avvisato da Meta riguardo a un “sofisticato attacco” che avrebbe avuto come obiettivo i suoi account sui social: la notifica, che risale all’8 febbraio 2024, non era stata notata inizialmente dal prete, ma, dopo essere stato informato, ha riscontrato il messaggio sul suo telefono. Secondo Meta, l’attacco sarebbe stato “sostenuto da entità governative non meglio identificate”. “Non mi ero accorto della notifica, che pure era arrivata sul mio telefono l’8 febbraio dello scorso anno. In questi giorni, quando mi hanno avvisato ho cercato a ritroso ed effettivamente l’avviso c’era”, ha spiegato Ferrari. L’ONG ha sottolineato che l’attacco al cappellano avviene in parallelo con quello subito da Luca Casarini, suggerendo che entrambe le figure potrebbero essere state colpite quindi come parte di un’operazione di sorveglianza più ampia. Si ipotizza che, oltre ai nomi già noti, altre persone possano essere state coinvolte.

Il possibile coinvolgimento del Papa

Un elemento della vicenda che pare inquietante riguarda il fatto che Don Ferrari sia da tempo in contatti diretti con il Papa, come confermato dallo stesso pontefice nel gennaio 2024. Questo apre la possibilità che lo spionaggio quindi non solo abbia riguardato il cappellano, ma anche le sue conversazioni con il Papa, aspetto che potrebbe avere implicazioni politiche significative: “Siamo pronti come sempre alla massima collaborazione con tutte le istituzioni per scoprire quanto effettivamente accaduto”, ha dichiarato Ferrari, ribadendo la sua disponibilità a fare chiarezza.

Cosa ha detto il vicepresidente della Cei

La denuncia di Ferrari si aggiunge così a quella presentata da Cancellato e Casarini e all’esposto da parte della Federazione nazionale della Stampa italiana e dell’Ordine nazionale dei giornalisti, portando il numero di esposti sul caso Paragon a quattro. La vicenda ha già sollevato interrogativi sull’uso di tecnologie di sorveglianza avanzate e sull’eventuale coinvolgimento di enti governativi, mentre diverse procure italiane, tra cui quelle di Palermo, Napoli e Bologna, stanno indagando.

Intanto, il vicepresidente della Conferenza episcopale italiana (Cei) e vescovo di Cassano All’Ionio, Francesco Savino, ha sollecitato chiarimenti sul caso e la Polizia Postale sta cercando di ricostruire l’origine dello spionaggio: “Nella vicenda di spionaggio di cui è stato vittima anche don Mattia Ferrari è in gioco la democrazia. Il governo deve fare chiarezza, con trasparenza, per arrivare alla verità. E poi alla giustizia”, ha detto monsignor Savino, in un’intervista dei giorni scorsi su La Stampa. “Sono profondamente amareggiato e preoccupato – ha aggiunto Savino -. Quando si utilizzano questi metodi nei confronti di giornalisti, attivisti, possibili oppositori e, ancora peggio, di persone che dedicano la loro vita a un servizio prezioso come quello dell’accoglienza e della tutela dei più vulnerabili, dobbiamo fermarci e porci alcune domande fondamentali: perché? Quale sarà il prossimo passo? Dobbiamo chiederci se queste modalità siano compatibili con un sistema democratico sano e trasparente, se contribuiscano davvero a rafforzare le nostre istituzioni o, al contrario, le indeboliscano minando la fiducia dei cittadini”. Ora la Cei si aspetta che il governo faccia luca sulla vicenda: “Per il ruolo che ricopro come vicepresidente della Cei e come vescovo, ritengo che al governo spetti un compito fondamentale: fare chiarezza. È necessario spiegare che cosa sia accaduto, quali siano le motivazioni dietro questa sorveglianza, quali criteri siano stati utilizzati”.

“La presa di posizione del vicepresidente della Cei sulla vicenda dell’utilizzo di Graphite nei confronti del cappellano di Mediterranea, don Mattia Ferrari, è tanto autorevole quanto pesante. Le domande che monsignor Savino fa oggi sono le stesse che stiamo ponendo da giorni, e che continuando a rimanere inevase per il silenzio della Premier Giorgia Meloni e dell’autorità delegata Alfredo Mantovano: perché si è fatta questa attività di spionaggio? Ci sono altre persone coinvolte? E chi ha dato ordine? Le risposte al Paese vanno date adesso”, aveva scritto in un post su Facebook il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva e componente del Copasir: “È di tutta evidenza che in questo modo la Chiesa Cattolica ci dice che don Mattia non ha svolto una funzione a titolo individuale, ma ha compiuto e compie un servizio in piena sintonia con le autorità ecclesiastiche che hanno giurisdizione su queste questioni”. Borghi ha poi aggiunto: “Le parole di monsignor Savino mandano un chiaro monito all’esecutivo: quando si spia un sacerdote che esercita il proprio mandato pastorale, e compie il proprio dovere, significa che il livello di guardia è stato ampiamente superato”.

Il governo non risponde, Meloni incontra il capo di Meta

Sul caso il governo ha deciso di non rispondere alle interrogazioni delle opposizioni, opponendo il segreto di Stato sulle domande relative al ruolo della polizia penitenziaria. Alfredo Mantovano potrebbe essere chiamato dal Copasir per essere ascoltato sulla vicenda; fino ad ora, tuttavia, il sottosegretario con delega ai servizi ha sostenuto che gli 007 non c’entrano con lo spionaggio ai danni di attivisti e del direttore di Fanpage.it Cancellato.

La Premier Giorgia Meloni ha intanto incontrato Joel Kaplan, capo degli Affari globali di Meta, per discutere dell’operazione di spionaggio e dei temi legati alla transizione tecnologica. L’incontro arriva in un periodo critico, in cui Meta è sotto inchiesta per un caso fiscale in Italia che riguarda il mancato pagamento dell’Iva per oltre 877 milioni di euro: l’azienda ha tempo fino a marzo per trovare un accordo con l’amministrazione fiscale italiana, mentre le indagini proseguono in parallelo.

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Una vicenda ancora da chiarire

La vicenda è ancora tutta da chiarire: le autorità italiane, tra cui l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise) e l’Agenzia informazioni e sicurezza interna (Aisi), hanno ammesso di possedere lo strumento di Paragon, ma sostengono di non averlo mai utilizzato per spiare giornalisti o attivisti. La questione, che coinvolge anche i Servizi italiani, resta dunque in attesa di sviluppi. Per ora, l’unica certezza è che anche Don Ferrari, come Casarini, ha ricevuto la notifica da Meta riguardante un attacco subito nel febbraio 2024, rivelando la complessità e la portata della vicenda che continua a dividere opinioni e sollevare interrogativi sulle pratiche di sorveglianza in Italia.





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