È una storia che ha due volti quella di mamma Daniela e di suo figlio Riccardo, due anni appena. Una storia che poteva finire in tragedia per una sanità negligente e che, invece, oggi ha un lieto fine grazie alla buona sanità che ancora esiste e resiste. A raccontarla è la mamma del piccolo che lunedì scorso è caduto da uno sgabello in casa, a Fontana Liri. Subito la corsa in ospedale dove le dicono che il piccolo sta bene e la fanno tornare a casa. Due giorni dopo, all’asilo, le maestre si accorgono di strani segnali. La famiglia del piccolo Riccardo torna nello stesso ospedale, lo Spaziani di Frosinone e lì, quel giorno, trova il volto della nostra sanità che vorremmo poter raccontare ogni giorno. Un lavoro di squadra impeccabile salva la vita di Riccardo con un intervento neurochirurgico d’urgenza per un’emorragia e oggi la sua mamma ha voluto raccontare la loro storia in una lettera aperta. “Nella speranza – dice – che possa contribuire a una riflessione costruttiva e a sensibilizzare l’opinione pubblica su temi di fondamentale importanza”. La dignità di questa famiglia, la pacatezza con cui raccontano l’incubo vissuto, senza un filo di rabbia, senza rancori, sono un monito. Un esempio per tutti. Riportiamo integralmente la lettera ricevuta.
La caduta in casa e la corsa in ospedale
“Lunedì 24 febbraio. Quel pomeriggio, alle 18:30, mio figlio Riccardo, 2 anni, è caduto da uno sgabello in casa. Un incidente apparentemente banale, ma con il passare delle ore qualcosa ha iniziato a non convincermi.
Dopo qualche ora ha vomitato e, preoccupati, alle 22:30 siamo partiti per l’ospedale. Siamo arrivati al Pronto Soccorso dell’ospedale Spaziani di Frosinone. Dopo il triage, ci hanno inviati nel reparto di pediatria, dove purtroppo abbiamo trovato un’assistenza frettolosa e superficiale. Abbiamo riferito con chiarezza due sintomi chiave: Riccardo aveva vomitato a casa, di nuovo al Pronto Soccorso e successivamente in reparto. Tanto che, in pediatria, hanno persino messo una traversina per terra, come se il problema fosse solo quello di non sporcare. Inoltre, avevamo segnalato che, a nostro avviso, aveva un atteggiamento anomalo, passivo e poco reattivo, sintomi che, a rigor di logica, avrebbero dovuto far scattare un campanello d’allarme. Eppure, nonostante tutti questi segnali, non è stato disposto alcun esame diagnostico se non un controllo visivo e colloquiale. Ma c’è di più. Sul referto medico della prima notte, la dottoressa ha scritto come esito “caduta accidentale senza lesioni traumatiche”. Come si può affermare che non ci siano lesioni traumatiche senza aver eseguito nemmeno una TAC? Una semplice osservazione clinica non può escludere un trauma interno. Una TAC avrebbe potuto cambiare tutto già quella notte. E invece, dopo quattro ore trascorse tra le mie braccia su di una sedia nel reparto, alle 4 del mattino ci è stato detto di tornare a casa perché i parametri erano nella norma.
All’asilo i segnali di allarme
Martedì abbiamo tenuto Riccardo a casa dall’asilo, ancora preoccupati per il suo stato. Abbiamo consultato la pediatra di famiglia, che lo ha visitato con attenzione. Tuttavia, senza alcun esame diagnostico da valutare, anche lei non ha potuto far altro che basarsi su ciò che aveva davanti: un bambino apparentemente calmo. Nel pomeriggio, abbiamo iniziato a convincerci che fosse stato solo lo spavento a renderlo così remissivo e apatico. E ancora oggi non riusciamo a scrollarci di dosso il senso di colpa per non aver insistito di più.
Mercoledì mattina, Riccardo è tornato all’asilo e le maestre hanno subito notato che qualcosa non andasse. È stata la loro osservazione a far scattare un nuovo intervento, ma resta il fatto che tutto sia dipeso dal caso: se quel giorno non fosse andato, quanto tempo sarebbe passato prima di accorgercene? Nel corso della mattinata, le maestre hanno notato un comportamento anomalo, un’apatia insolita e ci hanno contattati invitandoci ad approfondire la situazione. Quel segnale ci ha allarmati e senza esitazione siamo corsi nuovamente al Pronto Soccorso dello Spaziani, lo stesso ospedale che due notti prima ci aveva rimandati a casa con un semplice invito a monitorare eventuali peggioramenti. Questa volta, però, la risposta è stata completamente diversa.
La buona sanità e l’intervento che salva il piccolo Riccardo
Abbiamo trovato “una macchina perfetta”, un sistema che ha funzionato con lucidità, tempestività ed estrema professionalità. Medici, infermieri, pediatra, anestesista: tutti hanno agito in sinergia, senza esitazioni, prendendo immediatamente in carico Riccardo e sottoponendolo con urgenza alla TAC. Nessuno ha minimizzato, nessuno ha avuto fretta e, soprattutto, nessuno mi ha lasciata sola. Nonostante il panico che cresceva dentro di me, mi sono trovata di fronte persone che hanno saputo indicarmi con chiarezza e umanità ogni passaggio, spiegandomi la situazione, la gravità e cosa sarebbe accaduto nei minuti successivi. In pochi istanti tutto era chiaro, deciso e organizzato. L’équipe medica ha disposto il trasferimento immediato di Riccardo all’ospedale Gemelli di Roma, accompagnato da un anestesista specializzato e da un pediatra per garantire un viaggio sicuro. Professionisti eccezionali, che hanno viaggiato con me, rassicurandomi e monitorando mio figlio senza mai abbassare la guardia.
Arrivati al Gemelli, Riccardo è stato preso in carico dal reparto di Terapia Intensiva Pediatrica (TIP) e, dopo qualche ora, il dottor Paolo Frassanito ha eseguito l’intervento. Giovedì mattina è stato trasferito nel reparto di neurochirurgia infantile e venerdì mattina è stato dimesso. Oggi Riccardo sta bene, e questa lettera non vuole essere una polemica ma una riflessione.
Perché non posso fare a meno di pensare: “Cosa sarebbe successo se quella chiamata dall’asilo non fosse arrivata?” Non sempre si ha una seconda possibilità. Non sempre si ha il tempo di tornare indietro. Ecco perché la buona sanità non può e non deve mai essere una questione di fortuna. La mia famiglia ha avuto la possibilità di vedere entrambi i volti della sanità: quello frettoloso e superficiale della prima sera e quello impeccabile ed efficace di mercoledì mattina. E se oggi posso raccontare questa storia a lieto fine è grazie a tutte le persone che, con professionalità e umanità, hanno contribuito a salvare mio figlio.
Grazie al pediatra Antonio Augusto Niccoli, a Francesco Proia, infermiere del P.S. dello Spaziani, a Renato Dell’Uomo, l’anestesista che ha viaggiato con me, al dottor Paolo Frassanito, neurochirurgo del Gemelli, e a tutto il reparto di neurochirurgia infantile. Grazie all’ambulanza, ai medici, agli infermieri e a tutti gli operatori sanitari dello Spaziani che hanno saputo cogliere immediatamente la gravità della situazione e agire con determinazione e precisione. Grazie alle maestre dell’asilo nido di Lidia Battista, che con la loro attenzione hanno fatto da sentinelle preziose per Riccardo. Grazie a chi ha fatto la differenza quando ogni minuto contava. Il vostro lavoro ha salvato mio figlio.
Questa è la mia storia. Una storia a lieto fine. Ma non tutte lo sono. Daniela, una mamma adesso felice”.
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