Lo ha detto davanti a tutti: «Questo è un momento di grande tv». E infatti ieri Donald Trump ha trasformato l’incontro con Volodymyr Zelensky in uno scontro televisivo, un reality show di dieci minuti che cambierà per sempre l’ordine mondiale, gli equilibri dell’Europa e delle democrazie occidentali. Poi, dopo uno scontro che non ha precedenti all’interno dello Studio Ovale, il presidente americano ha chiesto a Zelensky di lasciare la Casa Bianca, con una decisione che cancella decenni di relazioni diplomatiche e protocolli. Questo nonostante Zelensky e i suoi consiglieri avessero chiesto di continuare a discutere in privato per arrivare alla firma dell’accordo sui minerali, che avrebbe dovuto dare il via ai negoziati per la pace con la Russia.
SCENE
Ma il Trump 2.0 ha un altro obiettivo: arrivare dove non era riuscito prima e trasformare la diplomazia in un suo reality show pieno di colpi di scena. «Zelensky tornerà quando sarà pronto per la pace», ha scritto Trump su Truth qualche minuto dopo aver lasciato l’Ufficio Ovale, dove si è svolto lo scontro tra i due leader e dove il presidente ha attaccato e umiliato ripetutamente Zelensky: «Non ci dire quello che dobbiamo provare, stai giocando con la Terza guerra mondiale, non hai le carte, quello che dici è irrispettoso per questo Paese e per i suoi cittadini, devi ringraziarci». Ma non doveva andare così, visto che il meeting di ieri arrivava dopo una settimana di incontri per la pace in Ucraina che avevano portato alla Casa Bianca prima Macron e poi Starmer. Si sapeva che il faccia a faccia con Zelensky sarebbe stato più complesso, che i due si erano già attaccati a distanza, con Trump che lo aveva definito un «dittatore» e il presidente ucraino che si era permesso di dire che Donald fosse imbevuto di propaganda russa. Si sapeva che la firma del contratto per lo sfruttamento dei minerali ucraini sarebbe stata da una parte la chiave per aprire il tavolo della pace con Mosca, ma anche un elemento di tensione. Ma nessun analista poteva immaginare uno scontro in diretta di questo genere. In realtà a far degenerare le discussioni già accalorate in una lite è stato il vicepresidente Vance, interrompendo Zelensky mentre stava cercando di ricostruire la storia degli ultimi dieci anni: «La guerra non è iniziata nel 2022 ma nel 2014 quando Mosca ha annesso la Crimea e occupato parte del Donbass. Ed è proseguita anche durante la presidenza Obama, Trump e Biden. Abbiamo firmato un accordo sugli ostaggi, non è mai stato rispettato. Di quale diplomazia parlano gli Usa?», ha chiesto Zelensky. Ma a quel punto Vance lo ha interrotto. «Stiamo parlando di quel tipo di diplomazia che potrebbe mettere fine alla distruzione del suo Paese, signor presidente. Trovo irrispettoso che lei venga nello Studio Ovale a cercare di dibattere questa questione davanti ai media americani. Dovrebbe ringraziare il presidente per i suoi sforzi nel cercare di porre fine a questo conflitto», ha continuato Vance puntandogli il dito contro.
LA FINE
Qui è iniziata la fine. Zelensky che fino a quel momento, seduto sulla punta della poltrona dorata dello Studio Ovale, aveva tentato l’offensiva amichevole, toccando la gamba di Trump, scambiando gesti di apertura e comprensione, e ringraziando il presidente, si è bloccato. Ha incrociato le braccia sul petto e ha risposto: «Sono rispettoso ma vieni a vedere cosa succede in Ucraina. Sei mai stato in Ucraina?». Questa domanda ha allontanato le due parti, soprattutto se si pensa alla posizione di Vance quando era senatore: è stato uno dei pochi repubblicani a votare contro gli aiuti americani all’Ucraina. E a questo punto ha ripreso la parola Trump, che fino a quel momento aveva lodato Zelensky e il popolo ucraino per il loro coraggio: «Non sei in una buona posizione, non hai le carte, stai scommettendo con la vita di migliaia di persone e stai rischiando la Terza guerra mondiale», ha detto, aggiungendo: «Sei molto irrispettoso verso questo Paese che ti ha aiutato più di tutti gli altri». E poi ancora: «Lei ha detto grazie solo una volta in questo meeting, provi ad offrire delle parole di apprezzamento per questo Paese e per questo presidente che sta cercando di salvare il suo Paese».
Poi l’attacco, come ormai da copione, a Joe Biden, questa volta definito «un presidente stupido che vi ha dato 350 milioni di dollari in equipaggiamenti militari e senza quell’equipaggiamento questa guerra sarebbe finita in due settimane». In realtà quello che in quei dieci minuti Zelensky ha cercato di fare è ripetere due questioni che da sempre definisce essenziali. La prima: Putin è l’aggressore ed è «un killer e un terrorista» e non possiamo fidarcene. La seconda: la pace può essere firmata ma ci vogliono delle garanzie, visto che l’Ucraina teme che Putin torni ad attaccare il Paese. Trump ha risposto cercando di tergiversare: «Prima firmiamo l’accordo sui minerali, poi vediamo le garanzie», ha detto sostenendo, sempre a parole, che ha discusso con Putin e che lui è d’accordo al 95% su questo piano di pace. «Sono seri su questo e faremo un accordo e non si torna indietro. Poi parliamo di sicurezza». Poco dopo aver lasciato la Casa Bianca a bordo di un Suv nero, Zelensky ha risposto a Trump sui social media: «Grazie America, grazie per il tuo sostegno, grazie per questa visita. Grazie al presidente americano, al Congresso e ai cittadini americani. L’Ucraina ha bisogno di una pace giusta e duratura, e lavoriamo esattamente a questo», si legge nel post su X. Ma nonostante le parole di circostanza e un timido tentativo di mantenere una buona relazione con Trump, la rottura è di portata storica. Zelensky si è poi diretto verso l’aeroporto per lasciare Washington.
Oggi dovrebbe essere a Londra per partecipare all’incontro organizzato da Starmer nel quale si parlerà di pace e di garanzie di sicurezza, quelle di cui per ora Trump non vuole parlare e, come ha ripetuto più volte, vorrebbe siano gestite proprio da Bruxelles. A parte l’eccitazione della base Maga ripresa da Musk che su X ha scritto che «Zelensky si è distrutto da solo davanti agli occhi del popolo americano», altri hanno avuto reazioni d’allarme, compresi i senatori che nella mattinata di ieri si erano incontrati con Zelensky promettendogli il loro sostegno. «Una giornata nera per la politica estera americana», ha detto il deputato repubblicano Bacon, a cui hanno fatto seguito in forma anonima alcuni senatori repubblicani: «Una vittoria per Putin». La giornata appare brillante a Mosca, dove i vertici del governo di Putin hanno guardato con soddisfazione il reality di Trump. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha scritto sui social media che Zelensky «doveva essere preso a schiaffi». Mentre l’ex presidente russo e sodale di Vladimir Putin, Dmitry Medvedev, ha fatto di più e sul suo profilo social ha scritto che Zelensky è «un maiale sfacciato» e che ha preso «uno schiaffo alla Casa Bianca», dando ragione a Trump.
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