Risale la liquidità sui conti, 20 miliardi in più nel 2024




Imagoeconomica

Torna a salire la liquidità sui conti correnti degli italiani: quasi 20 miliardi di euro in più in un anno. È quanto emerge da una ricerca della Fabi, la federazione autonoma bancari italiani.

Dopo due anni consecutivi di contrazione, nel 2024 il saldo complessivo dei salvadanai di famiglie e imprese ha registrato un incremento, attestandosi a 1.363,6 miliardi, in aumento di 19,8 miliardi rispetto ai 1.343,8 miliardi del 2023, pari a una crescita dell’1,5%.

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Un dato che segna un’inversione di tendenza rispetto al 2023 e al 2022, quando l’erosione dei risparmi liquidi era stata determinata dal forte rialzo dell’inflazione e dal conseguente aumento del costo della vita. Tra il 2021 e il 2023, infatti, le famiglie e le imprese hanno progressivamente attinto alle proprie riserve per far fronte al caro-prezzi, con una riduzione della liquidità disponibile sui depositi bancari di 136,3 miliardi (-9,2%) rispetto al picco di 1.480,1 miliardi registrato nel 2021.

L’andamento della liquidità bancaria di famiglie e imprese nel 2024, fotografato rielaborando le statistiche della Banca d’Italia

L’andamento della liquidità bancaria di famiglie e imprese nel 2024, fotografato rielaborando le statistiche della Banca d’Italia – Fabi

Nonostante la ripresa degli ultimi dodici mesi, i livelli attuali restano inferiori a quelli del 2021, con un divario ancora pari a 116,5 miliardi (-7,9%).

L’andamento segnala, dunque, una fase di ricostituzione del risparmio, in un contesto di minore pressione inflazionistica e con tassi di interesse ancora elevati, fattori che stanno influenzando le scelte finanziarie di famiglie e imprese.

Analizzando i dati suddivisi per categoria, emerge che la crescita della liquidità è trainata principalmente dalle aziende (+3,4%), che hanno aumentato i propri depositi di 14,2 miliardi in un anno. L’incremento potrebbe essere ricondotto a una maggiore prudenza delle imprese, che preferiscono mantenere liquidità disponibile per gestire investimenti futuri o in vista di un miglioramento delle condizioni del credito. Anche le famiglie, con un incremento dell’1,1% (pari a 12,3 miliardi), continuano a detenere una quota significativa di risorse in banca, segnalando un atteggiamento ancora prudente nella gestione delle proprie finanze. Tuttavia, l’aumento è più contenuto rispetto a quello delle imprese, segno che l’attenzione dei risparmiatori è sempre più orientata verso soluzioni di investimento alternative, come titoli di Stato e strumenti obbligazionari. Interessante anche la crescita della liquidità nelle onlus (+2,5%), nei fondi pensione (+10,5%) e nelle assicurazioni (+13,9%). Un dato significativo è rappresentato dalla riduzione della liquidità nei fondi di investimento (-4,5%), che hanno visto un deflusso di 13,3 miliardi: potrebbe essere il segnale di una parziale riallocazione del capitale verso strumenti più sicuri e remunerativi, come i depositi vincolati o i titoli di Stato, che nell’ultimo anno hanno offerto rendimenti più interessanti rispetto al passato. Anche gli enti di previdenza hanno registrato un aumento della liquidità detenuta (+7,0%), un chiaro segnale che la stabilità del sistema previdenziale continua a essere una priorità nel panorama economico attuale.

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Il taglio dei tassi d’interesse deciso dalla Bce fa ripartire i mutui: negli ultimi sette mesi del 2024 i prestiti per la casa sono aumentati di 5,3 miliardi di euro, in crescita dell’1,3% dai 420,8 miliardi di maggio ai 426,1 miliardi di dicembre. La seconda parte del 2024, dunque, segna l’inversione di tendenza per il credito bancario destinato all’acquisto di abitazioni: nei primi cinque mesi dello scorso anno, infatti, lo stock di questa categoria di finanziamenti era calato di quasi 4 miliardi (-0,9%). Secondo la Fabi, si tratta di due buone notizie: la maggiore liquidità, detenuta in banca da famiglie e imprese, possono aumentare i consumi e anche gli investimenti: quindi può salire il Pil; e, con la crescita dei mutui, il mercato immobiliare, fondamentale per la economia del Paese, avrà una spinta significativa.


Effetto Bce: in tre anni i prestiti ai privati sono crollati di 60 miliardi. Il credito alle imprese è sceso del 10%



L’effetto della politica monetaria della Banca centrale europea, misurato da fine 2021, però, si è tradotto in una contrazione complessiva del credito ai privati di quasi 60 miliardi (-4,5%) da 1.325,9 miliardi a 1.266,9 miliardi; meno 10% per i finanziamenti alle imprese.
Se le famiglie cominciano a ottenere più ossigeno per investire sul mattone e sul fronte del credito al consumo (con cui si acquistano a rate vari beni e servizi), salito di oltre 3 miliardi (+2,6%), da 123 a 126,1 miliardi, si registra una sforbiciata del 4,1% ai prestiti personali (quelli erogati senza una specifica finalità), passati da 120,5 miliardi a 115,6 miliardi.

Negativo il quadro anche per le imprese – fatta eccezione del credito di breve periodo aumentato di 4,45 miliardi (+3,2%) e di 2,1 miliardi in più (+1,4%) per i prestiti a medio termine, cioè fino a 5 anni – le aziende devono fare i conti con un robusto taglio di 20,4 miliardi (-6,5%) per i finanziamenti di lungo periodo, scesi da 313,9 miliardi a 293,4 miliardi: in totale, lo stock degli impieghi all’imprenditoria è sceso di 13,6 miliardi (-2,2%), da 612,6 miliardi a 598,9 miliardi.

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«L’aumento della liquidità sui conti correnti è un segnale positivo, che conferma come le famiglie stiano gradualmente ricostituendo i propri risparmi dopo due anni difficili segnati dall’inflazione e dall’aumento del costo della vita. C’è maggiore stabilità finanziaria ed emerge una ritrovata capacità di accumulo, elementi fondamentali per sostenere i consumi e la crescita economica. Una inversione di tendenza che arriva dopo un biennio senza dubbio difficile sia per le famiglie sia per le imprese. L’aumento dell’inflazione ha significativamente eroso il potere d’acquisto degli stipendi e, proprio per questa ragione, è necessario che siano rinnovati tutti i contratti collettivi nazionali di lavoro scaduti, con incrementi capaci di allineare le retribuzioni al nuovo costo della vita» ha commentato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.

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«Da parte delle banche, è necessario un cambio di passo: continuano a considerare i conti correnti esclusivamente come strumenti di pagamento, ignorando il loro ruolo essenziale anche come prima forma di risparmio. Il problema è che la liquidità resta parcheggiata senza una reale valorizzazione economica: i tassi sui depositi sono ancora troppo bassi, mentre le banche, come dimostrano anche gli utili del 2024, beneficiano di margini enormi sulla raccolta e quindi sul credito, col margine d’interesse in costante aumento da tre anni. Ai clienti va riconosciuta una remunerazione più equa, allineata all’andamento dei tassi di interesse, per evitare una penalizzazione eccessiva dei risparmiatori. Senza un atteggiamento diverso, le banche mettono a rischio quel rapporto di fiducia che è alla base del settore» ha concluso il segretario generale della Federazione autonoma bancari italiani.





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