La Germania, in termini relativi al suo Pil, è 15esima per aiuti all’Ucraina. Ma una vittoria russa costerebbe molto più di quanto spende oggi per inviare a Kiev armi e munizioni
Senza missili Taurus l’Ucraina sta combattendo con una mano legata. È la sintesi scelta a dicembre dal leader della Cdu Friedrich Merz per spiegare l’importanza per Kiev dei missili a lungo raggio tedeschi, che fin qui Berlino ha sempre tenuto nei suoi arsenali.
Il voto del 23 febbraio segna un nuovo inizio per la Germania, anche nel posizionamento tra Washington e Mosca in una fase decisiva per il conflitto in Ucraina. La svolta più immediata con Merz cancelliere, il via libera al trasferimento dei Taurus. La svolta più significativa dovrà essere politica, per impedire lo scenario peggiore per Berlino: lasciare che la Russia vinca questa guerra.
Gli scenari
«Abbiamo analizzato uno scenario di una vittoria decisiva della Russia sulla linea del fronte o anche al tavolo dei negoziati», racconta in un’intervista a Domani Johannes Binder del Kiel Institute. Nel suo ultimo report Binder ha calcolato i costi per Berlino di una vittoria di Mosca su Kiev. «Ci sono costi in termini umanitari, di distruzione e di perdita di libertà in Ucraina. Ci sarebbero una perdita di sicurezza in Europa e costi economici», spiega. Costi che «potrebbero variare tra l’1 per cento e il 2,5 per cento del Pil annuo per la Germania».
Le proiezioni dell’istituto dicono che una vittoria russa costerebbe nell’arco di cinque anni «da dieci fino a venti volte di più» rispetto a quanto la Germania spende oggi per inviare a Kiev armi e munizioni. In termini assoluti la Germania è il primo paese per aiuti militari all’Ucraina dopo gli Usa. In termini relativi al suo Pil, è invece al 15esimo posto con 12 miliardi di euro e lo 0,3 per cento del Pil.
Tutto questo – spiega Binder – segna una distanza tra annunci di svolte epocali e politiche nel lungo periodo. «A dispetto della retorica della Zeitenwende, abbiamo visto lenti e piccoli investimenti nella sicurezza dell’Ucraina o nelle capacità difensive tedesche», dice. «Anche piccole priorità di politica interna costano molte volte di più rispetto agli aiuti destinati all’Ucraina», scrivono gli analisti del Kiel Institute. Come le sovvenzioni fiscali per il carburante – il “Dieselprivileg” – che «costano tre volte di più all’anno rispetto agli aiuti militari tedeschi all’Ucraina».
Le conseguenze possibili
La situazione è in evoluzione e, spiega Binder, «le azioni del nuovo governo Usa potrebbero aumentare ulteriormente questi costi» per la Germania. Le conseguenze che traccia sono molteplici. Con la Russia in controllo di ampie aree dell’Ucraina «ci aspetteremmo un gran numero di rifugiati in più verso la Germania».
Non una questione da poco, la Germania è già di fatto il primo paese per numero di rifugiati ucraini. Sono 1,2 milioni di ucraini, più che in Polonia – dove sono quasi un milione – e più che in Repubblica Ceca dove sono 390mila. Le misure di welfare ad hoc per i rifugiati ucraini hanno inciso sul bilancio federale per sei miliardi di euro. Sul fronte della difesa si andrebbe incontro a «ulteriori spese militari per dissuadere ulteriori aggressioni russe», spiega Binder. E c’è da considerare che «la Germania perderebbe anche i suoi legami diretti di investimento con l’Ucraina».
Nel report si specifica come considerate queste variabili «è nell’interesse economico della Germania mantenere e persino aumentare significativamente il sostegno all’Ucraina, per non dover pagare un prezzo più alto». Sull’aumento di spese militari per l’Ucraina «c’è consenso tra i partiti tradizionali (Spd, Verdi, Cdu, Fdp)», mentre «Die Linke, BSW e AfD sono contrari al supporto militare», spiega Binder. La questione, una volta definito il quadro politico, sarà come finanziarle queste azioni, «considerando il freno al debito» e come fare una riforma del debito tenendo conto di AfD nelle votazioni.
Il nuovo leader
C’è poi il ruolo del nuovo cancelliere. «È disposto a giocare un ruolo più importante fin dal primo giorno negli affari internazionali, a diventare un leader?». La domanda la pone André Härtel, del German Institute for International and Security Affairs SWP. «O continuerà a cercare qualcun altro che prenda l’iniziativa?», dice a Domani da Bruxelles. La questione vale per i Taurus, dove pesa il cambio alla presidenza Usa. «Quando Joe Biden era in carica, era lui a prendere l’iniziativa ed era semplice legittimare le forniture di armi tedesche perché sostanzialmente stiamo facendo quello che gli americani hanno già fatto». Ed è decisiva nel contesto attuale dei negoziati. «È molto problematico per gli europei non essere al tavolo».
Ma Härtel puntualizza un aspetto. «Chi parla per l’Europa? Chi si chiama?», spiega parafrasando Kissinger. Trump potrebbe dire – sostiene Härtel – «Perché mandare qualcuno ai negoziati di pace se non può decidere sull’invio di truppe per far rispettare un cessate il fuoco?». È un vuoto che definisce «un enorme problema. Quando Merkel era in carica, c’era una certa forma di leadership e tutti guardavano a lei. C’era una sorta di accordo informale per cui se scoppiava una crisi, si poteva mandare lei». Una figura politica di riferimento nel contesto europeo e tedesco manca. «E Trump lo sa».
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