Dire la verità è rivoluzionario. Sull’informazione e la disinformazione nel mondo di oggi


Di Eduardo Corrales, Nuevo Rumbo, organo del Partito Comunista dei Lavoratori di Spagna (PCTE)
21 febbraio 2025
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La realtà viene messa in discussione.

Ecco quanto è filosofica la questione del diritto all’informazione nel mondo di oggi. Bufale, fake news, calunnie, travisamenti, falsificazioni storiche e una lunghissima serie di bugie di ogni tipo costituiscono il panorama di routine della politica borghese di oggi. La menzogna come arma politica ha raggiunto un tale grado di sviluppo e importanza nella politica borghese che si potrebbe ritenere che la realtà sia la cosa meno importante, che la realtà non sia nulla, che quasi non esista o che sia irrilevante che esista o meno.

Per fare un’analisi marxista di come vengono recepite oggi le informazioni sugli eventi mondiali, sembra opportuno ricordare quelle famose frasi di Lenin al Primo Congresso dell’Internazionale Comunista, nella sua relazione sulla democrazia borghese e la dittatura del proletariato, che recitano: “La libertà di stampa” è anche uno dei principali slogan della “democrazia pura”. I lavoratori sanno anche, ed i socialisti di tutti i Paesi lo hanno riconosciuto milioni di volte, che questa libertà sarà un inganno finché le migliori macchine da stampa e le maggiori riserve di carta saranno nelle mani dei capitalisti e finché esisterà il potere del capitale sulla stampa, potere che si manifesta in tutto il mondo con tanta più chiarezza, acutezza e cinismo quanto più la democrazia e il regime repubblicano sono sviluppati, come avviene, ad esempio, in America.

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Tuttavia, questo cinismo, questa presa in giro del termine “libertà” di cui parlava Lenin, si è spinto così lontano in questo XXI secolo che forse dovremmo rivolgerci al Lenin del Materialismo ed empiriocriticismo, e partire non solo dalla prospettiva più puramente economica e politica, ma dalle più elementari concezioni materialiste per spiegare il fenomeno della verità e della menzogna come armi nel confronto delle classi. I fatti sono stati messi così in discussione che non vengono più rappresentati, che l’unica cosa che appare è il resoconto (a dir poco distorto) di essi, la funzionalità e la qualità della loro falsificazione.

Sul palcoscenico della menzogna, tutti vogliono spacciarsi per eroi della verità. Alcuni ci riescono più o meglio di altri, ognuno ottiene i suoi frutti temporanei o duraturi, ma alla fine la farsa continua senza alcuna intenzione di chiudere il sipario. Questa è la situazione attuale.

L’uomo più ricco del mondo acquista una delle piattaforme più potenti – probabilmente la più potente – per la disinformazione, la diffusione di bufale, la generazione di contenuti falsi e la promozione dell’odio sul pianeta. Allo stesso tempo, l’uomo più ricco del mondo entra a far parte direttamente del governo del Paese più ricco del mondo. All’inaugurazione del presidente di quel governo, accanto all’uomo più ricco del mondo ci sono i proprietari delle più grandi aziende tecnologiche del mondo che danno il loro sostegno – il loro denaro. La scena è una delle rappresentazioni più grafiche della concentrazione di capitale e del potere dei monopoli della comunicazione nel mondo di oggi.

Ma non limitiamoci al lato facilmente comprensibile della questione. A quanto pare, di fronte all’immagine del Campidoglio con i proprietari dell’ex Twitter, Meta, Google e Amazon tutti insieme, c’è chi innalza un idilliaco vessillo in difesa della “libertà di stampa” e del diritto a un’informazione veritiera. Le pratiche delle grandi aziende tecnologiche di distorcere le informazioni, di far passare certi contenuti per falsi e di manipolare l’opinione pubblica in generale per ogni tipo di scopo, da quello commerciale a quello politico, sono fuori discussione. Tuttavia, coloro che, dall’interno delle sfere di potere, sono temporaneamente colpiti dalle pratiche di queste multinazionali sono solo una parte del problema. Anche i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa tradizionali – molti dei quali fanno già parte delle grandi aziende tecnologiche, come ad esempio il Washington Post, controllato da Jeff Bezos, proprietario di Amazon – sono sotto il potere dei monopoli mediatici, holding costituite da una vasta e diversificata rete di società audiovisive, radiofoniche, di stampa scritta, editoriali, ecc. che sono state e sono il braccio giornalistico e culturale del potere della borghesia.

In Spagna – come in tutte le potenze capitaliste – la questione del dominio dell’opinione pubblica ha assunto lo status di dibattito di Stato. Le forze parlamentari, tutte, presentano la loro narrazione come quella vera, dedicano grandi sforzi di tempo e denaro per far sì che la gente ci creda, e per diventare gli ultimi difensori della verità e del diritto a un’informazione veritiera.

Che l’estrema destra usi la menzogna come arma politica non è una novità. Si potrebbero fare innumerevoli esempi storici: l’incendio del Reichstag falsamente attribuito ai comunisti tedeschi, che portò all’ascesa al potere dei nazisti; le notizie sul bombardamento di Guernica, attribuite dai giornali franchisti all’aviazione repubblicana; o l’attribuzione della responsabilità degli attentati dell’11M all’ETA[1]. Potremmo fare un’infinità di esempi. Oggi, però, la novità forse più grande che caratterizza la pratica della menzogna sistematica è che essa non si concentra solo o soprattutto sulla falsificazione di grandi eventi o fatti politici, ma viene applicata in un bombardamento costante e quotidiano, che va dai grandi dibattiti politici alle questioni più banali della scena politica borghese.

Fin qui il quadro, senza dubbio, è da far rabbrividire, perché trionfa la disinformazione vera e propria. Ma potrebbe andare peggio e, purtroppo, il più delle volte è così. Di fronte alla totale manipolazione della realtà da parte dell’ultradestra, uno dei rischi maggiori è quello di prendere semplicemente per valido il discorso della controparte, per il solo fatto che si tratta di una controparte.

Di fronte all’aggressiva campagna di disinformazione della destra e dell’estrema destra in Spagna negli ultimi anni, la socialdemocrazia – rappresentata nei recenti governi di coalizione – si presenta come il campione della “libertà di stampa”. Ma il fatto è imbarazzante se si guarda alla realtà e alle pratiche di comunicazione del governo, per non parlare della storia particolare del PSOE nell’ultimo mezzo secolo – e non vogliamo tornare indietro, ma potremmo farlo.

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L’inganno comunicativo degli ultimi governi di coalizione socialdemocratica in Spagna è stato degno di studio: la distanza tra il significato di tanti comunicati ufficiali e la realtà della loro legislazione sarebbe sintomo di una patologia se fosse opera di una persona, ma essendo opera di un governo, possiamo solo dire che è una pratica molto consapevole della comunicazione politica borghese, quella del titolo tendenzioso, del comunicato dal lessico ambiguo, della confusione calcolata tra lo scopo presunto e il risultato reale, della pratica, insomma, della semplice e palese bugia.

Infine, chiediamoci seriamente: il PSOE, garante della verità?

Quello che – insieme a Unidas Podemos – aveva “vietato i licenziamenti in Spagna”, quelli che avrebbero abrogato la Legge Bavaglio, o la riforma del lavoro… Oppure andiamo più indietro: quello che sostiene ancora la tesi di un Mister X – ancora sconosciuto anche per i paladini dell’informazione veritiera – come responsabile del terrorismo di Stato, o quello che – primo fra tutti – non avrebbe aderito alla NATO, o il complice necessario per nascondere le farneticazioni dell’emerito[2]… Insomma, quello che parla con una lingua di serpente.

In conclusione, in questo scenario tutti mentono e ciò che è in discussione sono i tempi e i pulpiti, la direzione della scena. È necessario porre fine a questa pantomima, farla saltare. E farlo da una posizione di classe potente e indipendente. Si tratta, né più né meno, di restituire l’accesso alla verità ai lavoratori del mondo. Nel primo numero de L’Ordine Nuovo, Gramsci fece stampare quella famosa massima leninista: Dire la verità è rivoluzionario. E infatti così è.

 

[1]: Ci si riferisce agli attentati dell’11 marzo 2004, di cui si può trovare un resoconto qui. Nota del traduttore. [2]: Qui invece ci si riferisce a Juan Carlos I di Spagna, dopo l’abdicazione nel 2014 ci si riferisce a lui come re emerito: si può trovare qualche cenno biografico di questa figura controversa qui. Nota del traduttore.



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