Giorgia Meloni non crede in un’Europa militarmente più autonoma dagli Stati Uniti


Caricamento player

Giorgia Meloni è piuttosto scettica sull’efficacia delle iniziative che in questi giorni stanno portando avanti Francia e Regno Unito per garantire all’Ucraina concrete garanzie di sicurezza nei confronti della Russia a prescindere dal sostegno degli Stati Uniti, che in questi giorni sembra sempre più in dubbio. Secondo la presidente del Consiglio un po’ tutte queste proposte, sia quelle di Emmanuel Macron sia quelle di Keir Starmer, hanno un sostanziale difetto: non tengono abbastanza conto della necessità di mantenere la cooperazione tra Unione Europea e Stati Uniti, senza il cui contributo militare e logistico – sempre secondo Meloni – qualsiasi impegno dei paesi europei a proteggere l’Ucraina da futuri nuovi attacchi della Russia rischierebbe di risultare difficilmente realizzabile.

Questa posizione mostra da un lato un profondo pragmatismo. Al momento l’Europa semplicemente non può fare a meno degli Stati Uniti, della loro protezione militare garantita peraltro anche dal più potente arsenale nucleare al mondo, della pervasiva efficacia della sua intelligence, delle sue tecnologie in campo aerospaziale. Perciò anche ora che Donald Trump si sta disimpegnando rispetto all’Ucraina, favorendo le posizioni negoziali del presidente russo Vladimir Putin rispetto a quelle europee, per Meloni è imprescindibile che l’Unione Europea agisca insieme agli Stati Uniti, e ritiene poco saggia l’ipotesi di inviare truppe europee in Ucraina.

Ma oltre che da questo realismo, la freddezza di Meloni rispetto alle iniziative europee è dettata anche da ragioni tattiche, perché è convinta che le convenga assumere la parte della mediatrice tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti. In questi giorni Meloni ha parlato della necessità di “costruire ponti” tra Unione Europea e Stati Uniti e del fatto che possa essere l’Italia a farlo: spera in questo modo di garantirsi un ruolo importante nei negoziati e assicurarsi la benevolenza di Trump, che sulla guerra in Ucraina apprezza poco le posizioni dei leader europei come Meloni che fin qui ha mantenuto una posizione di intransigente sostegno all’Ucraina e al suo presidente Volodymyr Zelensky.

– Leggi anche: L’Europa vuole riarmarsi

È anche, più nel piccolo, un espediente con cui Meloni prova a tenere insieme le posizioni piuttosto distanti e a tratti inconciliabili dei suoi alleati di governo: da un lato Antonio Tajani, di Forza Italia, che sostiene i progetti di mettere in piedi una difesa comune europea; dall’altro Matteo Salvini, della Lega, entusiasticamente schierato a favore di Trump e sempre pronto a invocare una pace rapida e una riconciliazione dell’Europa con Putin. Inoltre, l’eventuale invio di soldati italiani in Ucraina viene giudicato poco utile sul piano elettorale: il consenso rispetto a questa ipotesi è assai scarso, e Meloni non vuole compromettere il gradimento del suo partito e del suo governo.

Microcredito

per le aziende

 

Il modo con cui Meloni vuole dare consistenza alla sua posizione attendista è proporre una difficile soluzione di compromesso: e cioè l’estensione all’Ucraina delle tutele di sicurezza garantite dall’articolo 5 della NATO, l’alleanza militare di cui fanno parte gli Stati Uniti e gran parte dei paesi europei. L’articolo 5 è quello che prevede che tutti gli alleati siano costretti a difendere uno stato membro che sia stato attaccato: in questo modo, anche non aderendo formalmente all’alleanza, l’Ucraina otterrebbe la fondamentale rassicurazione che in caso di una nuova invasione da parte della Russia tutti i membri – a partire dagli Stati Uniti – si attiverebbero per difenderla. È un progetto ambizioso, quello di Meloni: al momento, però, è ancora tutto da costruire e risulta difficile da mettere in pratica.

Durante la sua visita a Londra per partecipare alla riunione dei paesi occidentali che sostengono Zelensky, indetta dal primo ministro britannico Starmer, Meloni ha ripetuto che c’è bisogno di pensare «out of the box», cioè in maniera creativa, fuori dagli schemi. In effetti l’ipotesi di estendere l’articolo 5 a un paese che non è membro della NATO è certamente piuttosto creativa, tanto che non ha precedenti in oltre 75 anni di storia.

L’articolo 5 è un po’ il cuore del trattato e quello per il quale Zelensky vorrebbe da tempo ottenere la promessa concreta di un ingresso nella NATO come condizione per accettare una tregua. Ma un ingresso dell’Ucraina nella NATO, di cui si discute da anni, rischierebbe di esasperare ancor più le relazioni tra i paesi occidentali e la Russia. Ci sono poi diverse complicazioni che renderebbero piuttosto improbabile far entrare l’Ucraina nella NATO in tempi rapidi: complicazioni che riguardano la compatibilità degli assetti militari, l’armonizzazione delle leggi e delle procedure burocratiche e diplomatiche, la condivisione di informazioni riservate e dei servizi di intelligence.

Per tutte queste ragioni, politiche e giuridiche insieme, lo stato di avanzamento del piano d’ingresso dell’Ucraina nella NATO dal 2005 è formalmente fermo al cosiddetto “dialogo intensificato”: cioè un lungo, potenzialmente lunghissimo, confronto preliminare per verificare l’effettiva possibilità di ammettere il paese nell’alleanza.

Trump ha peraltro risolutamente escluso in più occasioni che l’Ucraina possa entrare nella NATO. «Ve lo potete scordare», ha ribadito mercoledì scorso durante la riunione inaugurale del suo governo. Meloni è però fiduciosa di poterlo convincere a concedere all’Ucraina l’articolo 5: formalmente Trump non verrebbe meno rispetto alle sue dichiarazioni, ma al tempo stesso si risolverebbe il problema delle tutele di sicurezza richieste da Zelensky. Ai suoi collaboratori, e ai ministri più direttamente interessati, la presidente del Consiglio ha chiesto di adoperarsi per provare a rendere più solida questa ipotesi, e a cercare di renderla apprezzabile dagli stessi Stati Uniti in vista della visita a Washington che Meloni vorrebbe fare entro aprile.

Sarà tuttavia difficile convincere Trump della bontà di una simile ipotesi. Dal suo punto di vista, infatti, estendere all’Ucraina l’articolo 5 significherebbe concedere a Zelensky il principale vantaggio che deriva dall’adesione alla NATO, e cioè appunto la garanzia della sicurezza, senza però pretendere il rispetto degli impegni (di carattere militare, diplomatico e finanziario) che l’adesione alla NATO presuppone. Per il momento sembra insomma che l’insistenza di Meloni su questa sua idea le serva più che altro per prendere una posizione diversa rispetto a quella dei principali paesi europei, senza che il suo scetticismo nei confronti delle iniziative di Francia e Regno Unito possa essere indicato come una forma di immobilismo o, peggio, di sabotaggio.

Di certo c’è che Meloni teme molto un allontanamento dell’Europa dagli Stati Uniti sul fronte militare e diplomatico, in Ucraina e non solo. Ai suoi collaboratori ripete un concetto: che il suo compito è di tutelare gli interessi nazionali e che è più facile svolgerlo se gli Stati Uniti restano legati all’Europa. C’è però evidentemente anche un altro calcolo: se l’Europa decidesse di aumentare la propria autonomia dagli Stati Uniti in campo militare, i paesi che inevitabilmente avrebbero maggiore influenza sarebbero Francia e Regno Unito, gli unici due dotati di un arsenale nucleare e membri del consiglio di sicurezza dell’ONU. Non a caso sono stati i primi leader europei che Trump ha ricevuto alla Casa Bianca dopo il suo insediamento, nonostante la più volte ribadita stima e la simpatia nei confronti di Meloni. Per la presidente del Consiglio, che crede poco nella prospettiva europeista e vede sempre con estremo fastidio l’interventismo francese, questo sarebbe un problema: perché rischierebbe a quel punto di essere relegata in un ruolo marginale.

Anche per questo Meloni ha interesse che le varie iniziative europee per ora non maturino troppo in fretta. Il 17 febbraio scorso ha accettato di partecipare solo all’ultimo alla riunione tra i principali leader europei convocata da Macron all’Eliseo, e ha manifestato una certa insofferenza verso quel formato, che escludeva varie nazioni. Più in generale, Meloni ha confidato il suo fastidio per l’atteggiamento di Macron, in cui Meloni vede manie di protagonismo e che rende a suo avviso la situazione ancor più confusa di quanto lo sia già. Meloni a Parigi ha ribadito la sua contrarietà all’invio di truppe europee in Ucraina: «A mio avviso, vanno esplorate altre strade che prevedano il coinvolgimento anche degli Stati Uniti, perché è nel contesto euro-atlantico che si fonda la sicurezza europea e americana».

Microcredito

per le aziende

 

In quell’occasione, peraltro, Meloni disse di condividere l’invettiva contro l’Unione Europea pronunciata qualche giorno prima dal vicepresidente americano J.D. Vance.

– Leggi anche: 6 momenti notevoli del disastroso incontro fra Zelensky e Trump

Dopo il disastroso incontro alla Casa Bianca tra Zelensky e Trump, Meloni è stata la sola leader dei grandi paesi europei a non esprimere solidarietà a Zelensky e al suo paese, diffondendo dopo ore di attesa una nota piuttosto interlocutoria e un po’ contorta: diceva in ogni caso che era «necessario un immediato vertice tra Stati Uniti, Stati europei e alleati per parlare in modo franco di come intendiamo affrontare le grandi sfide di oggi, a partire dall’Ucraina». Lo stesso concetto, stando a quanto lei stessa ha riferito, lo ha espresso anche a Trump, col quale ha avuto una telefonata sabato sera in vista dell’incontro in programma domenica a Londra.

Anche in questo caso, sia pure in modo meno sprezzante, Meloni si è mostrata assai perplessa sull’efficacia dell’iniziativa di Starmer, che aveva invitato a Lancaster House Zelensky e i leader dei paesi europei e occidentali suoi alleati. Al termine dell’incontro, di cui ha voluto ridimensionare la portata (più che di un piano per l’invio di truppe europee, Meloni ha parlato di «spunti» e di «proposte»), ha detto che a suo avviso occorre «lavorare con freddezza, non lasciandosi trascinare dall’emotività, e ragionando in modo strategico». In questo senso ha ribadito la necessità di tenere insieme gli interessi europei e quelli americani, perché una divisione dell’Occidente sarebbe «esiziale per tutti», sia per l’Ucraina sia per i paesi membri della NATO.





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Source link