Aise.it – Agenzia Internazionale Stampa Estero


BERLINO\ aise\ – “Per la comunità degli italiani a Berlino, CLUB ITALIA è un’istituzione, una di quelle che si conoscono da molti anni. Anche chi non pratica il calcio né lo guarda conosce CLUB ITALIA: abbiamo visto le loro maglie in tante occasioni pubbliche, eventi, mercatini estivi, manifestazioni culturali e di intrattenimento: sappiamo che il nome del club è sinonimo di sport, di bambini che si avvicinano a questa passione con una maglia il cui colore rimanda alla nostra nazionale. Quello che non molti sanno è che oggi CLUB ITALIA è a rischio: tutte le sue squadre potrebbero essere allontanate dal campo sportivo nel quale attualmente giocano e questo determinerebbe la fine del club, soprattutto per le squadre dei bambini, e la fine dell’opportunità di giocare a calcio nello stadio di Haselhorst. Per salvare il club, è stata lanciata anche una petizione, che può essere sottoscritta qui”. A rilanciare notizia e petizione è “ilMitte.com”, quotidiano online diretto a Berlino da Luisa Conti.
“Ne abbiamo parlato con Mario Livolsi, amministratore delegato del club, che si è dedicato negli anni, con infinito entusiasmo, all’amore per il calcio e ai valori dello sport e del lavoro con i giovani.
D. Raccontiamo CLUB ITALIA a chi non lo conosce: da quanto tempo esiste e che cosa sta accadendo adesso?
R. CLUB ITALIA ha una lunga storia qui a Berlino. Uno dei due fondatori è stato il prete veronese Don Luigi Fraccari, che è venuto a Berlino nel ’43. Durante la guerra si occupò degli internati militari italiani, dei bambini, degli orfani, delle vedove e degli anziani fragili che non potevano tornare in Italia. Per ospitare bambini e anziani, fondò a Berlino Dahlem un’istituzione, la Casa Pio, che ancora oggi funziona come fondazione e casa di accoglienza per bambini. Per intrattenere i bambini più piccoli, prese la decisione più semplice: diede loro un pallone e li mandò a giocare a calcio nel giardino, dove ancora oggi si trova una piccola porta da calcio. Da qui nacque l’idea di fondare una squadra di calcio nel dopoguerra. A sostenerlo è stato il cavaliere Andrea Fusaro, insignito nel 2006 della Croce Federale al Merito dal governo tedesco per il suo impegno nello sport e nell’amicizia italo-tedesca, che all’epoca gestiva un’agenzia Fiat a Berlino.
I due e alcuni altri italiani di prima generazione fondarono presto le prime due squadre di calcio italiane a Berlino dopo la fine della guerra: “Bell’Italia” e “Gioventù Italia”. Nel ’63, la prima squadra italiana entra a far parte dell’Associazione calcistica tedesca e partecipa ai campionati ufficiali. Il CLUB ITALIA Berlino nasce nell’80 dalla fusione di queste due prime squadre italiane nella capitale tedesca.
Nel 2016, Andrea Fusaro mi chiamò perché si era molto ammalato e voleva che sostenessi attivamente il club. Avevo già detto di no più volte, perché non volevo essere coinvolto nel calcio dilettantistico berlinese. Nei suoi ultimi giorni di vita, accolsi la sua richiesta. All’epoca il club lavorava con l’ex campione del mondo Thomas Häßler, il famoso calciatore tedesco, avevano buoni sponsor e grandi ambizioni e volevano trasformare CLUB ITALIA in un club professionistico tedesco con un nuovo nome. Io non ero d’accordo, perché sarebbe stata la fine di CLUB ITALIA. Non corrispondeva allo spirito dei fondatori, che avevano in mente un semplice progetto sociale che rappresentava soprattutto lo sviluppo giovanile nello sport e l’amicizia tra Italia e Germania.
Nel 2018 abbiamo trovato un accordo: Il club è diventato “Berlin United” e ha preso la sua strada, a me sono rimasti la seconda squadra e il marchio CLUB ITALIA Berlino. Siamo ripartiti da zero continuando il nostro percorso sociale. Nel 2019 siamo arrivati a Spandau Haselhorst con una squadra e 24 membri e ci siamo subito concentrati sulla ricostruzione del club e sulla creazione di un nuovo settore giovanile, con successo.
D. Quanti siete, attualmente?
R. Dai 24 membri iniziali nel 2019, siamo cresciuti fino a circa 350 atleti, 16 squadre e 21 allenatori. Siamo una piccola famiglia, diamo valore all’onestà, alla sportività, allo spirito di squadra, alla disciplina e alla capacità di giocare per amore dello sport e del club, di mettere da parte il nostro ego. Siamo grati e felici di avere un’amministrazione stabile, composta da tre italiani e tre tedeschi, e lavoriamo insieme in perfetta armonia.
D. Adesso, però, CLUB ITALIA si trova ad affrontare un problema grave. Di che si tratta?
R. Non abbiamo problemi né sportivi né economici, ma ci troviamo in una situazione complicata con l’autorità distrettuale di Spandau, l’autorità sportiva e il club che condivide con noi il campo di Haselhorst. Erano lì prima di noi, ma non hanno mai avuto abbastanza squadre per occupare tutti i campi della struttura. Questo è anche il motivo per cui il comune ci ha offerto l’opportunità di trasferirci allo Stadion Haselhorst nel 2019: anche se il campo è ora pieno al 100%, non c’è alcun problema di “mancanza di spazio”, soprattutto perché abbiamo già trasferito volontariamente 3 squadre presso un’altra struttura.
Il vero problema è la mancanza di accoglienza, che si è fatta sentire fin dal primo giorno, tanto che non ci sentiamo a nostro agio in questo spazio, che condividiamo da cinque anni, e non possiamo lavorare tranquillamente. Ma continuiamo a fare del nostro meglio, concentrandoci non sulla competizione, ma sullo spirito sportivo e sulla buona educazione. Non siamo mai maldisposti o aggressivi, ma veniamo costantemente trattati con ostilità, come se fossimo una sorta di concorrenza sgradita, ospiti indesiderati. Abbiamo provato più volte, invano, a contattare l’altro club e a proporre di lavorare insieme per sviluppare e migliorare la nostra sede.
Siamo sportivi e amiamo le sfide, ma solo in senso sportivo, non vogliamo essere “in guerra” con chi condivide il campo sportivo con noi. A mio parere, la sportività è un’altra cosa. Quello che viviamo ogni giorno è una forma di pressione che consiste in continui attacchi non provocati. Questo crea un clima di tensione che i nostri allenatori, i giocatori e anche i bambini subiscono da anni. Viviamo il campo in un clima di bullismo quotidiano, piccoli e grandi attacchi, complicazioni e sabotaggi. Siamo esclusi da spazi che invece sono accessibili agli altri e così via.
Questa spiacevole situazione è stata portata all’attenzione dell’amministrazione comunale, che però non ha trovato altra soluzione se non quella di allontanarci, perché siamo arrivati dopo. Nel 2019, tuttavia, l’autorità sportiva ha certificato che nessun club nello stadio di Haselhorst può vantare alcun privilegio e che tutti devono essere trattati allo stesso modo. Purtroppo non è ciò che accade. Di recente ci hanno offerto spostarci presso un altro campo molto lontano, dove avevamo già inviato volontariamente 3 squadre giovanili per ridurre le tensioni ad Haselhorst. Ma ora vogliono cacciare tutti, comprese le squadre dei bambini. I “pulcini” vengono accompagnati dai genitori, molti dei quali vengono a piedi: le famiglie ci hanno già detto che se il club deve trasferirsi così lontano, non potranno più far partecipare i loro figli alle attività del club. Diminuirebbero i giocatori e se ne andrebbero gli allenatori.
Sarebbe la fine del CLUB ITALIA. Tutto per impedire a squadre di bambini dai 5 ai 12 anni di giocare perché la nostra presenza non è gradita ai vicini. E non perché non ci sia spazio per noi, ma perché siamo noi. Con il nostro successo è aumentato anche il risentimento nei nostri confronti.
D. Pensi che questa situazione derivi da una discriminazione nei confronti del club?
R. Nel modo in cui veniamo trattati vediamo molti pregiudizi. È un trattamento scorretto: la legge dice che i club devono essere trattati allo stesso modo, ma le nostre esperienze negli ultimi cinque anni raccontano una storia diversa. Il nostro club è sempre stato trattato molto peggio. Ad esempio, abbiamo 16 squadre e non ci è ancora stato concesso un deposito per le nostre attrezzature, a differenza del club vicino che può utilizzarle in loco, anche se ha meno squadre di noi. Dopo aver chiesto per tre anni, ci è stato concesso un piccolo armadietto in cui almeno una squadra può riporre l’attrezzatura, i palloni ecc. Le altre 15 squadre non hanno nulla. Gli allenatori devono portare tutto con sé ogni volta. Alcuni di loro non hanno un’auto e viaggiano in autobus ogni giorno con 20 palloni e tutta l’attrezzatura. L’ufficio sportivo è a conoscenza della nostra situazione da anni e ha sempre rifiutato o ignorato le nostre richieste.
D. A cosa attribuisci questi comportamenti?
R. Crediamo che ci stiano ostacolando in tutti i modi. Non sappiamo perché! CLUB ITALIA è molto amato dalle famiglie e dai bambini, che sono orgogliosi di farne parte. Indossano persino la nostra maglia blu a scuola e quando vanno a fare compere. E intanto noi continuiamo a subire questo quotidiano bullismo e questa inaccettabile discriminazione.
Non abbiamo mai intrapreso azioni legali e abbiamo sempre esercitato la massima moderazione nell’interesse dei ragazzi, dello sport e del quieto vivere, impegnandoci sempre per una coesistenza pacifica e amichevole con i nostri vicini. Non abbiamo mai reagito alle innumerevoli provocazioni e siamo sempre rimasti aperti a una cooperazione pacifica e costruttiva. Ma nessuno ci ha aiutato finora. Le istituzioni lo sanno, ma non hanno mai risposto alla nostra richiesta di aiuto.
D. Ora, però, avete creato una petizione: a chi è diretta e quali sono i vostri obiettivi?
R. Abbiamo deciso di lanciare una petizione perché tutti noi, ma anche i genitori, i bambini e tutti i soci, siamo sempre più preoccupati e tristi e perché il trattamento riservato a noi, ai nostri 350 atleti e alle loro famiglie non è giusto. Cogliamo rimanere nel nostro stadio, dove abbiamo lavorato duramente per cinque anni. Ma il Comune ha detto che dobbiamo andarcene entro il 1° aprile. Dicono che è per “motivi di spazio”, ma tutti sanno che non è vero.
Nel centro sportivo di Haselhorst c’è spazio sufficiente per entrambi i club. Inoltre, è già in fase di progettazione un secondo campo di dimensioni ridotte. Non si è ancora tenuto conto del fatto che in pochi anni siamo riusciti a giocare tre campionati superiori e che ora abbiamo più squadre dei nostri vicini. Semplicemente, il nostro club non è riconosciuto o apprezzato a Spandau. Non si dà importanza al nostro lavoro di volontariato. Nemmeno una volta il sindaco del distretto ha visitato il nostro CLUB ITALIA. Le autorità distrettuali sanno che da decenni siamo impegnati a promuovere l’amicizia italo-tedesca, l’integrazione e in definitiva un progetto sociale, che lavoriamo tutti gratuitamente per il valore dello sport per offrire ai nostri giovani qualcosa di bello, ma ci ignorano. Non chiediamo un trattamento speciale, ci aspettiamo solo di essere trattati alla pari.
D. Avete mai pensato di difendervi sul piano legale?
R. Il tempo è troppo poco, non ce la faremmo. Dovremmo essere cacciati il 1° aprile. Anche se un’azione legale avesse successo, potrebbero volerci due anni prima che venga emessa una sentenza e il club non esisterebbe già più. Se non ci sarà permesso di rimanere nello stadio Haselhorst, dovremo chiudere CLUB ITALIA. Non siamo in grado di ripartire da zero per la terza volta. Temiamo di perdere circa il 70-80% del nostro settore giovanile, se fossimo costretti a trasferirci. I nostri tesserati, i bambini, i genitori, gli allenatori, molti di loro si sentono maltrattati e discriminati. Questo problema riguarda soprattutto i bambini, perché i ragazzi più grandi, che sono in grado di spostarsi da soli con i mezzi pubblici, si allenano già nell’altro stadio. E anche se potessimo trasferirci come società (cosa non fattibile), ci ritroveremmo in una situazione simile, dato che anche nell’altro campo sportivo c’è già una società, che non sarebbe contenta se arrivassimo lì con 16 squadre.
D. Secondo te questa situazione di bullismo dipende dal fatto che CLUB ITALIA un club percepito come non tedesco?
R. Questo non posso saperlo. Possiamo solo ipotizzare cosa passa per la testa delle persone che ci sono ostili, ma alla fine non possiamo dirlo con certezza. Forse potrebbe essere il caso di una o due persone, ma è risaputo che ci sono molti altri motivi, come il risentimento e le incomprensioni. Ma queste sono solo speculazioni e non ci aiuteranno senza dialogo e buona volontà. Ovunque nel mondo, in ogni contesto, esiste il “bene e il male”. Noi siamo contenti che i nostri allenatori e giocatori non abbiano mai reagito a tutte le provocazioni messe in scena nei cinque anni passati allo stadio di Haselhorst.
Nel calcio le emozioni si esprimono attraverso il gioco, reagendo sempre nel rispetto delle regole. È importante insegnarlo anche ai bambini, perché questo è il vero spirito dello sport. A volte si verificano delle ingiustizie, ma questo non ci dà il diritto di infrangere le regole. Se l’arbitro fischia, dobbiamo accettare la sua decisione, anche se sappiamo che ha sbagliato. Questo è ciò che lo sport ci insegna sulla vita.
Tuttavia, dopo cinque anni di ingiustizie, credo sia giusto chiedere aiuto alla nostra comunità di italiani attraverso questa petizione. Perché la discriminazione che subiamo non è solo contro la nostra associazione, ma anche contro molte famiglie e italiani in generale. Questo è un fatto che non può aiutare le nostre relazioni italo-tedesche a Berlino, generalmente buone.
D. A chi sarà consegnata questa petizione?
R. Al sindaco di Spandau e all’autorità sportiva per far capire che c’è un’intera comunità che ritiene ingiusto e inaccettabile il modo in cui siamo stati trattati come club italiano. E che se questa decisione verrà effettivamente attuata, molte persone saranno inutilmente deluse e potrebbero perdere la fiducia nell’amministrazione locale. Ogni giorno, tornando a casa, vedo manifesti elettorali che si propongono di contrastare l’odio e la discriminazione. Mi sembra una presa in giro, perché sono cinque anni che subiamo questo trattamento e l’amministrazione non fa nulla per proteggerci, anzi, ci butta fuori solo perché i nostri vicini lo chiedono. Le autorità distrettuali competenti citate nell’intervista sono state contattate per richiedere un commento a questo articolo. Eventuali risposte saranno pubblicate sotto forma di aggiornamenti allo stesso”. (aise) 





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