Più volte, negli ultimi anni, si è parlato del fatto che coloro
che hanno effettuato operazioni “al limite” in ambito di
agevolazioni edilizie, come ad esempio frazionando gli immobili
prima dei lavori per ottenere un plafond più ampio, rischiano di
vedersi contestare, in caso di controllo fiscale, la fattispecie
dell’abuso del diritto. Quest’ultimo si configura, secondo
l’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente (legge 27 luglio
2000, n. 212), come “una o più operazioni prive di sostanza
economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali,
realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”.
La prassi fiscale su questo tema si è sempre dimostrata
piuttosto incerta e ondivaga. Alcuni documenti di prassi, infatti,
trattano l’argomento in modo più “morbido”, come ad esempio la
Risoluzione 97/2017, nella quale si legge che “l’assenza di uno
dei tre presupposti costitutivi dell’abuso determina un giudizio di
assenza di abusività”. In altre occasioni, invece, la prassi
ha adottato un approccio più restrittivo, ponendo l’accento proprio
sull’assenza di ragioni economiche non fiscali, mirando quindi a
colpire la “macchinosità” delle operazioni effettuate e la loro
pura finalità di risparmio fiscale. Un esempio di tale orientamento
si trova nell’interpello 341/2019, nel quale si legge: “il
disegno prospettato comporta un numero superfluo di negozi
giuridici, il cui perfezionamento non è coerente con le normali
logiche di mercato, ma appare idoneo unicamente a far conseguire un
vantaggio fiscale indebito”.
Bonus edilizi e abuso del diritto: l’Atto di indirizzo del
MEF
Il 27 febbraio 2025, il Dipartimento delle Finanze ha pubblicato
un atto di indirizzo
(prot. 7 del 27 febbraio 2025) firmato dal viceministro
Maurizio Leo, che fornisce le linee guida per le future circolari
interpretative, al fine di armonizzare l’applicazione della
norma.
L’atto di indirizzo, dopo aver ripercorso l’evoluzione
normativa, evidenzia la necessità di interpretare l’art. 10-bis
dello Statuto del contribuente in modo che si rispetti la libertà
di scelta dei contribuenti e le loro decisioni economiche
legittime, inclusi i risparmi fiscali, purché tali operazioni siano
coerenti con lo spirito della legge. L’atto conferma che il
contribuente deve poter scegliere tra regimi fiscali diversi senza
incorrere in sanzioni, in quanto ciò è previsto dall’art. 10-bis,
comma 4, dello Statuto.
Il principio fondamentale è che l’abuso del diritto rappresenta
una regola “residuale”, applicabile solo quando non si configurano
situazioni di evasione fiscale. In particolare, non rientrano
nell’abuso il comportamento fraudolento, la simulazione o la
violazione evidente delle norme tributarie. A differenza di queste
fattispecie, l’abuso del diritto non riguarda la manipolazione
della realtà, ma bensì l’uso improprio di strumenti giuridici che
vengono impiegati al di fuori della loro funzione naturale.
I tre aspetti fondamentali che caratterizzano l’abuso del
diritto
Nel documento vengono analizzati tre aspetti fondamentali che
caratterizzano l’abuso del diritto: la realizzazione di vantaggi
fiscali indebiti, la mancanza di “sostanza economica” nelle
operazioni e l’essenzialità del vantaggio indebito. Il primo di
questi è il vantaggio fiscale indebito, che rappresenta l’elemento
discriminante tra risparmio fiscale legittimo e abuso del diritto.
Se non c’è un vantaggio fiscale indebito, non è necessario
proseguire con la verifica, poiché l’abuso non sussiste. I vantaggi
fiscali indebiti comprendono, tra l’altro, riduzioni di imposte,
rimborsi, crediti fiscali o la generazione di perdite rilevanti a
fini fiscali.
Il Dipartimento delle Finanze specifica inoltre che, se il
rinvio della tassazione genera un vantaggio finanziario indebito
(ad esempio, se la tassazione viene posticipata sine die o in modo
sostanzialmente indefinito), questa situazione potrebbe essere
considerata abuso, a meno che non si tratti di un rinvio temporaneo
e giustificato.
La verifica della natura “indebita” del vantaggio fiscale si
basa sulla necessità di comprendere se l’operazione rispetti la
finalità della norma fiscale o se, invece, contrasti con essa. In
questo caso, è necessario fare riferimento alla normativa vigente
al momento in cui l’operazione è stata effettuata, fatta salva
l’eventualità di nuove interpretazioni normative.
Per quanto riguarda l’interpretazione della “ratio” della norma,
l’atto chiarisce che questa deve essere ricercata in relazione alla
norma effettivamente applicata dal contribuente e non a quella che
potrebbe essere stata elusa. Se il sistema fiscale offre diverse
opzioni vantaggiose, il contribuente non può essere penalizzato per
aver scelto una di esse.
Il caso delle operazioni collegate tra loro
Un aspetto particolarmente rilevante riguarda i casi di
operazioni collegate tra loro. In questi casi, è necessario
considerare il disegno complessivo perseguito dal contribuente e
l’effetto che queste operazioni hanno nel loro insieme, tenendo
conto anche della loro sequenza temporale. In tali situazioni,
oltre a fare riferimento alla ratio delle singole norme
applicabili, potrebbe essere necessario valutare anche i principi
generali del sistema fiscale, come il divieto di doppia deduzione o
di “salti d’imposta”.
Per quanto riguarda la “sostanza economica”, l’atto afferma che
va verificato se le operazioni abbiano realmente prodotto effetti
significativi. Richiamando la relazione illustrativa al Dlgs n.
128/2015, viene sottolineato che una sequenza di atti che non porta
modifiche concrete alla situazione economica del contribuente, ma
che anzi porta il soggetto alla situazione iniziale, può essere
considerata abusiva. Si parla di operazioni circolari, che, pur
essendo formalmente corrette, sono prive di sostanza economica.
Analogamente, sono abusive anche le operazioni che utilizzano in
modo distorto gli strumenti giuridici, ovvero in un contesto non
conforme alla loro funzione originaria.
È compito del contribuente provare il contrario
Quindi, l’elemento determinante per configurare l’abuso del
diritto è l’incapacità dell’operazione di produrre effetti
economici rilevanti, con l’unico risultato di ottenere un vantaggio
fiscale.
Infine, quando l’accertatore dimostra che i requisiti per
l’abuso sono presenti, sarà poi compito del contribuente provare
che l’operazione non era finalizzata esclusivamente a ottenere un
vantaggio fiscale, ma che vi erano anche finalità extrafiscali non
marginali. Solo se il contribuente riesce a dimostrare che
l’operazione non sarebbe stata realizzata senza tali finalità,
potrà evitare l’accertamento di abuso del diritto.
A cura di Cristian
Angeli,
ingegnere esperto di agevolazioni fiscali applicate
all’edilizia
www.cristianangeli.it
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link