Chiaia, rissa tra studenti 15 liceali indagati: «Riconosciuti dalle chat»


Avevano fissato alcune regole: bisognava presentarsi alla stessa ora, nella stessa strada, in una sorta di territorio neutro. Tutti vestiti con felpe nere, con i berretti e il volto coperto. E a mani nude. Poi la zuffa. Una sorta di challenge finalizzata alla colluttazione violenta, culminata comunque in uno scontro fisico tra una cinquantina di ragazzini. Ricordate quelle scene? Chiaia, via Ascensione, alcuni video vennero registrati da commercianti e residenti, scene che fecero il giro dei canali social.

Una cinquantina di ragazzini, tutti di buona famiglia, tutti iscritti nei principali licei cittadini. Era il 17 ottobre scorso, rissa tra ragazzi, paura per le famiglie, qualche minore contuso. Da allora, l’inchiesta è andata avanti. Oggi il numero degli indagati è salito da sei a quindici. Sono iscritti per lo più ai licei Umberto e Mercalli, sono giovanissimi e spaventati per le possibili conseguenze giudiziarie di questa storia. Negli ultimi giorni hanno ricevuto inviti a comparire firmati dal pm dei Colli Aminei.

Concorso in rissa, l’accusa principale battuta nei confronti degli studenti. Sulle prime, erano stati identificati in sei, poi – nel corso dei mesi – i riflettori della Procura hanno interessato quindici ragazzi. Una svolta determinata dall’analisi dei telefoni cellulari sequestrati nelle prime ore successive alla lite. Al lavoro i carabinieri di Chiaia, che hanno acquisito il contenuto di alcune chat intrattenute prima e dopo la lite. In sintesi, da alcune conversazioni emerge il senso della sfida. Una challenge tra studenti di due storici licei cittadini. Tensione e paura. A guardare i video, a fare capannello in strada ne erano una cinquantina. Tutti vestiti di nero, volto e testa coperti da sciarpe e cappucci. Nel pieno della zuffa, qualche ragazzino riuscì a scappare all’interno di alcuni negozi, mentre altri commercianti furono costretti a chiedere l’intervento delle forze dell’ordine.

Lo screening

Una pagina di cronaca che ora attende sviluppi sotto il profilo strettamente investigativo. Quanto basta a spingere gli inquirenti a formalizzare un invito a comparire per quindici ragazzini. Vogliono ascoltare la voce dei ragazzi identificati, capire le loro ragioni. Tutti i soggetti coinvolti dovranno nominare un avvocato e potranno ovviamente scegliere di non rispondere alle domande della Procura per i minori di Napoli, per avvalersi della facoltà di non rispondere.

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Video

Tra i quindici nomi emersi fino a questo momento c’è addirittura un ragazzino che non era imputabile, in quanto non ancora 14enne nel giorno della rissa. Potrà essere comunque ascoltato nel tentativo di capire come sono andati i fatti, il suo nome finirà in una banca dati delle forze dell’ordine. Non sarà processato, potrà raccontare la sua versione dei fatti e dimostrare la propria estraneità alle accuse.

Ma come si arriva a una svolta del genere? Si torna ai telefoni cellulari. In alcune chat è emersa una sorta di organizzazione dello scontro. In sintesi, la rissa di ottobre non avvenne a caso, non fu un episodio improvviso ed estemporaneo. Si trattò dell’epilogo di una precisa regìa muscolare. Tutti vestiti di nero, via Ascensione, rigorosamente a mani nude. Senza coltelli né armi improprie. Un evento che non va raccontato solo alla luce degli step giudiziari. C’è stato un importante passo in avanti nel corso dei giorni successivi alla zuffa. Una sorta di riconciliazione promossa dal parroco della Chiesa di piazzetta Ascensione, che si fece promotore di un’iniziativa votata al dialogo e alla riflessione. Tutto a porte chiuse, nella chiesa dove erano cresciuti tanti ragazzini protagonisti di questo episodio, secondo il ragionamento del parroco. Facile a questo punto immaginare che, in questi mesi, gran parte della tensione che esisteva tra i due gruppi di studenti sia stata superata. Genitori e insegnanti si sono confrontati con i propri studenti, si è cercato di superare la dimensione tossica delle challenge che animano la vita di tanti ragazzini.

Obiettivo comune è quello di andare avanti, di riaffermare la logica del dialogo e della comprensione reciproca, dopo una doverosa assunzione di responsabilità. Ora si attendono gli sviluppi investigativi. Fino a metà marzo, sono previsti gli interrogatori dei quindici ragazzini, si cerca di chiudere le indagini. Poi si attenderanno le conclusioni dell’ufficio inquirente guidato dalla procuratrice Patrizia Imperato. Due le strade che potranno essere battute: da un lato una possibile richiesta di rinvio a giudizio; dall’altro una possibile archiviazione, qualora non fosse possibile risalire agli organizzatori della challenge messa in campo per le vie di Chiaia.

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