Chiesti nove anni e mezzo di carcere a un ‘vero trafficante’


«Ha dato un contributo significativo al commercio di droga nel nostro territorio». Bastano queste poche parole della procuratrice pubblica Margherita Lanzillo per immaginare i numerosi intrecci tra il 36enne, imputato davanti alla Corte delle Assise Criminali, e altri spacciatori del Luganese. L’uomo, già con precedenti penali per spaccio di eroina in Francia, per i quali è stato condannato a tre anni di prigione, è accusato di infrazione aggravata alla Legge federale (Lf) sugli stupefacenti, con messa in pericolo della salute di molte persone: ha agito come membro di una banda, per aver acquistato, importato e venduto oltre 11 chili di cocaina, prima in Ticino e poi a Coira. A carico dell’imputato albanese si aggiungono anche le accuse di riciclaggio di denaro aggravato, ripetuta infrazione alla Lf sulle armi e ripetuta contravvenzione alla Lf sugli stupefacenti. La pp ha chiesto una pena di 9 anni e 6 mesi, più l’espulsione dall’area Schengen per 15 anni. L’avvocato Cristina Faccini ha contestato la quantità di droga, chiedendo una pena più lieve senza specificare la durata. La Corte, composta dal presidente Amos Pagnamenta, dai giudici a latere Luca Zorzi ed Emilie Mordasini e dagli assessori giurati, pronuncerà la sentenza domani pomeriggio.

Diversi ‘non so’ e ‘io non c’entro’

Dopo aver scontato la pena in Francia, il 36enne ha cambiato cognome ed è arrivato in Svizzera. Come descritto nell’atto d’accusa, da maggio 2018 al giorno del suo arresto, avvenuto nel giugno 2023, avrebbe fatto parte di un’organizzazione di stampo albanese, con legami con la Calabria. In numerosi episodi, avrebbe rifornito diversi spacciatori del Ticino. Per l’imputato, il suo ruolo era semplicemente quello di «consumatore e venditore», ma dalle indagini è emerso che organizzava anche l’alloggio per altri spacciatori connazionali e raccoglieva i soldi dello spaccio, che poi inviava in Kosovo, Albania, Colombia e Perù. Dei dieci episodi legati allo spaccio quantificati dalla procuratrice, durante l’interrogatorio il 36enne si è più volte dichiarato non colpevole o ha ridotto drasticamente le quantità di droga. In un episodio ha affermato di aver venduto 5 grammi invece dei 210 constatati, in un altro ha detto che un suo complice aveva venduto la droga, e in altri ha affermato di non sapere nulla. Dopo i numerosi ‘io non c’entro’, Pagnamenta lo ha incalzato chiedendogli: «Perché tutti gli spacciatori della regione dicono che era lei il mandante?», ma anche in questo caso la risposta è stata «non so». Questo comportamento, secondo il giudice, «non porterà un grande beneficio».

‘Era soprannominato logistica’

Per la pp, l’imputato «era un vero trafficante. È un commerciante all’ingrosso e ha costruito la sua vita sullo spaccio di stupefacenti. È quello che sulla piazza è riconosciuto come il fornitore, quello che viaggiava tra più nazioni, reclutava connazionali e, se questi venivano arrestati, ne ingaggiava altri. Sono stati numerosi i suoi alias, lo chiamavano pure ‘logistica’, un soprannome che spiega bene il suo ruolo». Il giro d’affari messo in piedi dall’uomo «era in espansione. Solo negli ultimi 5 mesi prima del suo arresto, ha venduto 3,5 chili di cocaina». Se negli ultimi mesi i quantitativi sono elevati – l’imputato ha ammesso solo 1,5 chili – quelli dei mesi precedenti sono stati «difficili da ricostruire», ha precisato Lanzillo: «L’inchiesta è partita da diversi filoni che riportavano ciascuno a uno dei suoi alias. Non è stato facile ricostruire i quantitativi (gli 11 chili totali), perché diverse persone sono state coinvolte negli stessi episodi; tuttavia, le quantità ricostruite rappresentano i minimi di quanto gli hanno imputato i suoi correi», che, secondo Lanzillo, sono credibili poiché «le loro dichiarazioni sono convergenti, coerenti e non contraddittorie, e in alcuni casi già accertate da altre Corti delle Assise Criminali». La procuratrice ha sottolineato che la colpa dell’uomo è grave, poiché «nonostante la prima condanna, ha subito ripreso a spacciare».

‘I correi non sono sempre credibili’

Così come già fatto dal 36enne, anche Faccini ha contestato le quantità di droga attribuite al suo assistito. «Le affermazioni dei correi non sono sempre credibili. Uno di loro ha sempre affermato di aver stimato il quantitativo senza definire se a essere pesato fosse l’involucro o la cocaina». Riguardo a un episodio in cui avrebbe venduto 445 grammi di cocaina usando uno dei suoi alias, Faccini ha dichiarato che «non c’è certezza che dietro a quel profilo ci fosse l’imputato», chiedendo il suo proscioglimento, per quell’episodio in virtù del principio in dubio pro reo. Anche riguardo ai 70mila franchi legati al riciclaggio di denaro, non ci sarebbero sufficienti prove: «Basarsi solamente sulle dichiarazioni di un correo, anche in questo caso non basta», e a conferma di questa situazione al limite, Faccini ha ricordato che un altro correo aveva dichiarato che “i soldi che ho inviato pensavo fossero stati richiesti dall’imputato” senza avere completa certezza. Dopo aver cercato di ridimensionare i quantitativi di droga e di denaro, l’avvocata ha chiesto di considerare anche che l’uomo, «in carcere, si è comportato in modo esemplare» e che «non ha la stoffa del boss come è stato definito. Attraversava la dogana con i suoi cavallini, un rischio che un capo non correrebbe mai».



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