Il debito elevato frena la crescita e indebolisce il sistema Paese


Nel lungo periodo, un debito pubblico troppo alto frena la crescita economica. Per un Paese gli eventuali vantaggi nel breve e medio periodo, derivanti dal poter disporre di più soldi presi a debito, svaniscono nel corso del tempo se l’indebitamento non viene poi nettamente ridotto. Restano a quel punto pesanti svantaggi, tra i quali la crescita frenata e una esposizione del Paese a turbolenze sui mercati per i suoi titoli pubblici, con innalzamenti dei tassi di interesse (aumento dello spread). Sul rapporto debito pubblico-crescita, è utile vedere alcuni esempi di Paesi molto e poco indebitati. Parliamo di Paesi sviluppati, perché gli Emergenti e quelli in via di sviluppo hanno dinamiche in parte diverse.

Sul versante dei Paesi sviluppati ad alto indebitamento due casi di rilievo sono Giappone e Italia. Prendiamo i dati del Fondo monetario internazionale (FMI). Il Giappone ha un record negativo nel rapporto debito pubblico/Prodotto interno lordo (PIL), pari al 251% per il 2024. Per la crescita economica, il Paese nel periodo 2006-15 ha registrato una media dello 0,5%; tra il 2016 e il 2024, escludendo per correttezza la recessione del 2020 pandemico e il rimbalzo del 2021, il PIL annuo del Giappone è andato due volte in negativo e per il resto ha oscillato tra lo 0,6% e l’1,5%. Una crescita modesta. Magra consolazione il fatto che gran parte del debito pubblico sia in mani nipponiche; se una quota maggiore delle risorse anziché al debito fosse andata a investimenti produttivi, il quadro sarebbe migliore.

L’Italia ha il secondo indebitamento pubblico nel G7, alle spalle del Giappone. Il rapporto debito pubblico/PIL italiano viene stimato al 136% per il 2024. Sul versante della crescita economica, l’Italia nel periodo 2006-15 ha registrato una media negativa, cioè -0,5%; negli anni successivi e sino al 2024, sempre escludendo il biennio 2020-21, il PIL annuo italiano è migliorato ma non ha toccato nell’insieme livelli alti, oscillando tra lo 0,4% e il 4,7%, con ben quattro anni su sette sotto l’1%. Dunque, al di là di singoli e apprezzabili rimbalzi annui, la tendenza per l’Italia è rimasta nel complesso quella di una crescita economica molto contenuta.

Passando al basso debito, due casi di rilievo sono Germania e Svizzera, che hanno entrambe il freno all’indebitamento e dunque una linea di rigore. Il rapporto debito pubblico/PIL della Germania viene stimato al 62% per il 2024. Pur essendo due punti sopra il 60% del tetto per i Paesi dell’Eurozona, l’indebitamento tedesco resta tra i più bassi nel raffronto internazionale. Nel periodo 2006-15 la media della crescita economica del Paese è stata dell’1,4%, superiore a quelle di Giappone e Italia. Tra il 2016 e il 2024, escludendo il biennio pandemico, la Germania ha oscillato tra crescite dell’1% e del 2,7%, con gli ultimi due anni con il segno negativo. Le recessioni 2023 e 2024 sono legate soprattutto a eventi geopolitici esterni (in particolare i contrasti con Russia e Cina), che hanno colpito la Germania più di altri. Al di fuori delle cadute geopolitiche, la crescita tedesca è stata solida nel tempo.

La Svizzera ha un indebitamento pubblico tra i più bassi al mondo. Il rapporto debito pubblico/PIL elvetico viene stimato al 31% per il 2024. Nel periodo 2006-15 la media della crescita economica elvetica è stata del 2%, dunque robusta. Tra il 2016 e il 2024, senza il biennio pandemico, la crescita svizzera ha oscillato tra lo 0,7% e il 3,1%, con una media non lontana da quella del decennio precedente. Negli ultimi venti anni, mantenendo un indebitamento pubblico molto basso, la Svizzera ha conservato quindi la tendenza ad una buona crescita economica. La crescita certo non dipende solo dal debito basso (e la non crescita non dipende solo dal debito alto) ma conti pubblici in ordine, i dati lo mostrano, contribuiscono molto al buon andamento dell’economia.

Un caso particolare è quello degli Stati Uniti. Gli USA hanno alzato molto il livello di indebitamento, il loro rapporto debito pubblico/PIL viene stimato al 121% per il 2024. La media della crescita economica americana tra il 2006 e il 2015 è stata dell’1,6%. Tra il 2016 e il 2024, al netto del biennio di pandemia, la crescita ha oscillato tra l’1,8% e il 2,8%, a buoni livelli. Il sostegno che gli investitori danno ai titoli pubblici e all’economia USA è però in gran parte legato al ruolo di potenza politico-economica del Paese e alla rilevanza del dollaro. Se questi due elementi subissero ridimensionamenti, molti investitori potrebbero cambiare idea. Ma anche se così non fosse, quella americana resterebbe un’eccezione a conferma della regola della crescita frenata dal debito alto.

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I dati forniti nei giorni scorsi dalla Segreteria di Stato dell’economia (SECO) confermano la resilienza della Svizzera. Le cifre finali sul Prodotto interno lordo (PIL) nel quarto trimestre dell’anno scorso e nell’intero 2024 sono un po’ superiori a quelle indicate dalla stessa SECO nella stima flash di appena una decina di giorni prima. Ci si può interrogare sull’utilità di diffondere da parte dello SECO stime flash che sono poi superate solo pochi giorni dopo. Forse sarebbe meglio attendere quelle finali. Ma tant’è. L’importante è il risultato, che in questo caso è moderato ma in sostanza positivo. Nel quarto trimestre dell’anno passato il PIL elvetico al netto degli eventi sportivi è cresciuto dello 0,5% (non 0,4% come nel flash) rispetto al trimestre precedente, quando la crescita era stata dello 0,2%. C’è stata quindi un’accelerazione negli ultimi tre mesi dell’anno scorso. Per quel che riguarda l’aumento annuo del PIL nell’intero 2024, questo è stato dello 0,9% (non 0,8% come nel flash), una percentuale certo non grande ma che va valutata positivamente considerando il complicato contesto internazionale. Se da un lato è vero che si tratta di un rallentamento rispetto all’1,2% del 2023, dall’altro occorre dire che la Svizzera ha ancora una volta evitato la recessione, cioè un calo del PIL, fatto questo da tener presente. Da questo punto di vista, il fatto che il PIL elvetico stia viaggiando al di sotto della media di lungo periodo indicata dalla SECO (1,8%) non vuol dire molto, perché è scontato che in un quadro mondiale come l’attuale il passo non possa essere sostenuto. Ma è importante, appunto, che quantomeno si rimanga in area crescita. Se si guarda al lato della produzione, sempre a valori destagionalizzati e al netto di eventi sportivi (la Svizzera è sede di grandi organizzazioni dello sport), si può vedere come nel 2024 la crescita complessiva dello 0,9% provenga da questo andamento dei rami economici: industria manifatturiera 0,9% pure, costruzioni 1,4%, commercio -1%, alloggio e ristorazione 3,2%, finanza e assicurazioni -0,4%, servizi alle imprese 0,3%, amministrazione pubblica 1,7%, sanità e sociale 3,7%, arte-intrattenimento-divertimento -0,3%, altri rami 1,6%. Il lato della spesa consente d’altro canto di vedere in che modo l’incremento del Prodotto interno lordo nel 2024 provenga dai vari comparti dell’economia. La fotografia indica consumi delle famiglie 1,8%, consumi delle amministrazioni pubbliche 1,9%, investimenti in beni di equipaggiamento -2,6%, investimenti in costruzioni 2,4%, esportazioni di beni 0,1%, esportazioni di servizi 2,6%, importazioni di beni 2,7%, importazioni di servizi 5,3%. In pratica, su questo versante solo un comparto ha il segno negativo, mentre tutti gli altri mantengono in varia misura il segno positivo. In occasione della stima flash sulla crescita, la SECO ha anche diffuso una serie di dati sul PIL pro capite svizzero, che si ottiene dividendo il PIL complessivo per il numero di abitanti. Nel 2024 il PIL pro capite è diminuito dello 0,2%, in virtù in sostanza dell’aumento della popolazione. Un calo limitato, che non cambia la buona situazione elvetica. In qualche anno può pure succedere che il PIL pro capite non cresca, proprio perché è legato anche al numero di abitanti, ma occorre considerare che la Svizzera ha da tempo valori alti, che la pongono nel gruppo di testa nelle classifiche internazionali. Prendendo le stime basate sui dati del Fondo monetario internazionale (FMI), per il PIL nominale complessivo la Svizzera è al 20. posto nel mondo, ma per il pro capite è al 2. posto; per il PIL complessivo a parità di potere d’acquisto è al 37. posto, ma nel pro capite relativo è al 6. posto. La stessa SECO indica per il 2024 un PIL nominale elvetico di 935 miliardi di dollari, che diviso per i circa 9 milioni di abitanti fornisce un PIL pro capite di 103 mila dollari, contro gli 86 mila degli USA, i 55 mila della Germania, i 46 mila della Francia, i 40 mila dell’Italia.



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