La lezione di Pippo Fava


La figura storica del giornalista, scrittore e drammaturgo Giuseppe “Pippo” Fava, noto per il suo impegno contro la mafia, è stata al centro del sesto e ultimo incontro del ciclo di seminari “Dall’analisi del fenomeno mafioso alla cittadinanza attiva” in memoria di Giambattista Scidà.

Dopo aver diretto Il Giornale del Sud, Fava fondò nel 1982 I Siciliani, una rivista indipendente che denunciava i legami tra mafia, politica e imprenditoria. Le sue indagini rivelarono verità scomode, attirando l’attenzione dei clan mafiosi, finché la sera del 5 gennaio 1984 fu assassinato dalla mafia catanese per il suo impegno nella denuncia.

Un percorso giudiziario, per questo delitto di matrice mafiosa, concluso nel 2003, quando l’ultimo processo è arrivato in Cassazione. La Suprema corte ha inflitto l’ergastolo ai mandanti dell’omicidio, il boss Nitto Santapaola e Aldo Ercolano, mentre Maurizio Avola ha ricevuto una condanna a sette anni grazie al patteggiamento.

A raccontare questa vicenda è stato il film Prima che la notte, diretto da Daniele Vicari, che offre un ritratto approfondito di Pippo Fava, mettendo in luce i vari aspetti della sua vita e del suo impegno giornalistico. La storia segue Pippo Fava, interpretato da Fabrizio Gifuni, nel suo ritorno a Catania, un momento cruciale della sua vita e della sua carriera.

Un frame del film con Fabrizio Gifuni che interpreta Pippo Fava

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Dopo aver lavorato come giornalista e scrittore in altre città, Fava decise di tornare nella sua terra natale nei primi anni ’80. A Catania trovò una realtà profondamente segnata dalla mafia e dalla corruzione, con un forte legame tra politica, imprenditoria e criminalità organizzata. Deluso dal giornalismo asservito ai poteri forti, scelse di fondare I Siciliani, un giornale indipendente e coraggioso, con un gruppo di giovani giornalisti, ponendo l’obiettivo di denunciare apertamente questi intrecci di potere.

Attraverso le loro inchieste, il giornale denunciò i legami tra la mafia, la politica e l’imprenditoria locale. Tuttavia, il coraggio di Fava lo rese un bersaglio per la criminalità organizzata, fino al tragico epilogo del 5 gennaio 1984, quando venne assassinato. Il film esplora il suo impegno per la verità, il rapporto con la sua famiglia e i giovani collaboratori, e non si limita alla cronaca dell’omicidio, ma mostra anche l’impatto dell’attività di Fava sulla lotta alla mafia in Italia.

A proposito del film – dopo l’introduzione del prof. Antonio Pioletti – ha preso la parola, attraverso un collegamento online Michele Gambino, uno dei giovani giornalisti che ha collaborato con Pippo Fava alla redazione de I Siciliani. Attualmente ideatore del progetto La Scuola di Itaca, ispirato ai valori e all’eredità di Pippo Fava. Si tratta di un’iniziativa educativa e culturale rivolta ai giovani, con l’obiettivo di formarli al giornalismo d’inchiesta e alla narrazione della realtà attraverso diversi linguaggi.

Un momento dell'incontro

Un momento dell’intervento di Francesca Andreozzi

«L’incontro con Pippo Fava è stato per me un punto di svolta nella vita. Era un maestro giornalista e un maestro di vita, che metteva un’attenzione etica sul lavoro, che per un ragazzo giovane come me trovato all’epoca da poco a lavorare in questo mestiere, le ha fatto riconoscere il bisogno di fare qualcosa, di esercitare la meravigliosa arte della scrittura, conoscendo e facendo giornalismo in maniera etica come il film ci fa vedere», ha raccontato Gambino.

«Giuseppe Fava è stato un grande esempio, prima con la sua esistenza e poi con le sue idee di giornalismo, ha innescato un “virus” di libertà in una città in cui non si era abituati a respirare», ha aggiunto Michele Gambino.

Molto significativa è stata la presenza di Francesca Andreozzi, presidente della Fondazione Fava, nata con l’obiettivo di preservare la memoria e il lavoro di Pippo Fava, inoltre si impegna di promuovere e di diffondere i valori di libertà, giustizia e giornalismo indipendente che hanno caratterizzato la sua vita.

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«È un piacere essere qui oggi e soprattutto quest’anno per celebrare la nascita e quindi ricordarlo in tutto quello che ha fatto, che è appunto la mission della nostra fondazione», ha affermato Andreozzi. Nel corso dell’incontro ha anche evidenziato come etica e legalità siano elementi chiave per contrastare la cultura mafiosa, sottolineando il valore dell’eredità morale di Pippo Fava e la necessità di tramandarla alle future generazioni.

In foto Antonio Pioletti, Francesca Andreozzi e Antonio Fisichella

In foto Antonio Pioletti, Francesca Andreozzi e Antonio Fisichella

Successivamente Antonio Fisichella, saggista e componente del Comitato contro la dispersione scolastica e la devianza minorile, ha offerto una lettura complessa e stratificata del sistema di potere a Catania tra gli anni ’50 e ’80, con particolare attenzione al delitto di Giuseppe Fava come evento simbolico di una fase storica.

«Si evidenzia un intreccio tra imprenditoria, politica e criminalità organizzata, dove i cosiddetti Cavalieri del Lavoro hanno giocato un ruolo centrale – ha detto -. La città, attraversando il boom economico, ha conosciuto una modernizzazione che, però, si è sviluppata attraverso un’edilizia speculativa e un rapporto stretto tra poteri economici e pubblica amministrazione. Un altro elemento chiave è stato il ruolo dell’informazione».

Il relatore ha sottolineato come l’unico quotidiano stampato in città sia nelle mani di un’unica figura che presenta legami con il potere economico e politico locale.

«Questo conferisce al sistema mafioso un controllo narrativo sulla città e un’opacità mediatica rispetto alle sue dinamiche interne – ha aggiunto -. Il delitto Fava segna un momento di rottura di questo sistema. Il sacrificio di Fava diventa simbolo di una lotta più ampia, portata avanti da altri giornalisti e attivisti. Il suo lavoro ha aperto squarci di verità in un sistema costruito sulla menzogna».

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«Tutta l’attività di Pippo Fava è un esempio di grande giornalismo, una lezione per tutti giovani che vogliono fare questo mestiere, usare la scrittura come l’arte della libertà», ha raccontato il saggista Antonio Fisichella. 



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