riserve strategiche e balene fanno impazzire il mercato


Milano, 3 marzo 2025 – Da cripto a creepto, nel senso di inquietante (come cantavano i Radiohead in ‘Creep’), potrebbe essere un attimo. Negli ultimi sei mesi il valore dei Bitcoin, la criptovaluta più famosa, e delle altre ‘monete’ digitali ha oscillato paurosamente, spinto dagli annunci a raffica di Donald Trump. In campagna elettorale, il prezzo è lentamente salito, nella speranza di una vittoria del tycoon, sostenuto dalla lobby cripto. Tra il 5 novembre 2024 e il 19 gennaio del 2025, dopo il successo alle urne, c’è stata l’esplosione: un Bitcoin è passato da 62mila a oltre 100mila dollari. Una striscia positiva alimentata dall’annuncio da parte del presidente Usa, ancora prima di insediarsi, di voler creare una riserva strategica (simile a quella del petrolio) di questi asset digitali. Poi la disillusione: il 28 febbraio un Bitcoin, anche in seguito al maxi furto di criptovalute subito da ByBit, si scambiava per 75mila dollari. E di nuovo l’entusiasmo, quando il primo marzo Trump ha reso noto quali asset digitali faranno parte delle riserve strategiche Usa, con un balzo oltre i 90mila dollari. Ma oggi c’è stato subito un nuovo calo di quasi l’8%, con quotazioni attorno agli 86mila dollari. E per ora siamo agli annunci. Cosa succederà quando dal virtuale si passerà (forse) al reale? E ci sono rischi di manipolazione?

La filosofia

Secondo i cripto-entusiasti, le motivazioni per la creazione di una riserva strategica Usa sono almeno tre: la stabilizzazione di questi mercati, la diversificazione finanziaria e il rafforzamento della leadership globale degli Usa nel settore dell’economia digitale, anche per rispondere al rischio di de-dollarizzazione. “Prima di tutto – spiega l’investitore professionale Mario Seminerio – bisognerebbe capire come verranno alimentate queste riserve. Se verranno utilizzati i Bitcoin sequestrati alla criminalità, si possono anche tenere da parte in attesa di venderli seguendo i rialzi. Se invece si deciderà di usare denaro pubblico per comprare ex novo delle criptovalute, il discorso si fa pericoloso”. Un disegno di legge, presentato dalla senatrice Cynthia Lummis, prevede di vendere parte dello stock di oro americano proprio per comprare ‘monete’ digitali. “Il valore sta sempre negli occhi di chi guarda, ma l’oro è qui da qualche migliaio di anni e le banche centrali ne aumentano gli acquisti nei momenti di incertezza. Sui Bitcoin – prosegue Seminerio – non sappiamo nulla. La mia idea sul loro valore intrinseco è zero”.

La stabilizzazione

I Bitcoin sono in numero finito: 21 milioni. Proprio la loro limitatezza, anche secondo alcuni economisti, dovrebbe garantire un valore intrinseco all’asset. Una sorta di oro digitale. “Il problema – fa notare Seminerio – è il tasso di adozione. Se la gente smetterà di comprarli, si creerà una vera e propria valanga. Blackrock, che ha inserito le cripto nei suoi portafogli raccomandati ha indicato un caveat molto interessante: il successo è legato al tasso di adozione. È di fatto uno schema Ponzi”.

I grandi portafogli

L’estrema volatilità del Bitcoin dipende anche dalle cosiddette balene, cioè quegli investitori che posseggono una grande quantità di questi asset. Secondo Bitinfocharts, lo 0,1% dei portafogli, cioè meno di duemila persone in tutto il mondo, possiede il 37% di tutti i Bitcoin. “Non ho alcuna prova che sia successo, ma è perfettamente logico pensare che una struttura del genere – spiega Seminerio – si presti a manipolazioni”. Il gioco delle balene, in questa fase del mercato, potrebbe essere quello di far crollare il mercato, raccattare Bitcoin a prezzi stracciati e rivenderli quando il loro valore verrà fatto schizzare dalla creazione di riserve strategiche.

A che punto siamo

Al momento, il disegno di legge di Lummis, è fermo al Senato dopo una prima lettura. I singoli Stati, invece, sono molto più avanti. Secondo Bictcoinlaws, sono 19 quelli dove è all’esame almeno una proposta di legge per istituire una riserva strategica di criptovalute. Lo Utah è il più avanti di tutti e di fatto manca solo l’ok del Senato per dare vita alla prima ‘cassaforte’ digitale. Il disegno di legge permetterà al tesoriere di investire fino al 5% di specifici conti pubblici in ‘monete’ digitali. Il risultato? Molto probabilmente sarà quello di far schizzare le quotazioni, soprattutto se altri Stati seguiranno questa parabola. Il tasso di adozione, cruciale per il successo dei Bitcoin e dei suoi fratelli, verrebbe garantito dai fondi pubblici. Ma il rischio, se le cose dovessero andare male, è quello di aver azionato il timer di una bomba a orologeria. “Anche le banche e le altre istituzioni finanziarie, se questa sarà la parabola, cominceranno a offrire prodotti garantiti dai Bitcoin. Quando il sistema tradizionale verrà infettato dalle cripto, si porrà un grosso problema di stabilità finanziaria. Negli Usa è già stata di fatto smantellata la possibilità di qualsiasi controllo federale. Si andrà avanti senza protezioni. Il rischio di assistere a qualcosa di estremamente spiacevole – conclude Seminerio – è concreto”. Tutto davvero molto creepto.

Conto e carta

difficile da pignorare

 



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