«Semaforo rosso» da Consiglio di Stato, Giunta Regionale e Tar all’autorizzazione impianto rifiuti Campania Energia Srl.


È una storia paradossalmente diversa da quella dell’industria Gesia a Teano. Eppure, corrotti e ignoranti mettono le due aziende sullo stesso piano.

TEANO (ELIO ZANNI) – La notizia, fino a questo istante, fino a queste righe, chissà per quale motivo: era rimata inedita. E invece si tratta di un fatto importante, incredibilmente sottaciuto. Di che si tratta? Semplice: anche l’ultimo pronunciamento di fine gennaio 2025 del Tar (Tribunale amministrativo regionale) come la precedente e più recente sentenza del Consiglio di Stato sempre del 2025 e prima ancora il decreto dirigenziale della Giunta Regionale della Campania, accendono il semaforo rosso all’impianto di trattamento rifiuti di «Campania Energia Srl» a Teano. Sullo sfondo di questo risultato che blocca l’Impianto esistente, funzionante, ubicato sulla S.S. Casilina al km 177,70 tra Teano e l’incrocio con il comune di Riardo direzione Caianello: le istanze del comune di Teano e della società Ferrarelle. Da non confondere con l’impianto della Gesia in progetto per località Santa Croce, sempre a Teano.

La stessa Regione Campania con la 194 del 19 novembre 2024 precisa che è stata «denegata l’istanza per l’Autorizzazione Unica, ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs 152/2006». Poi sono arrivati a cascata i pronunciamenti in parola, del Tar e del Consiglio di Stato. Un combinato disposto, come lo definirebbero in un’aula di tribunale, che ha generato l’effettivo stop. Di tanto, sono stati subito informati per competenza: il Comune di Teano, l’Asl di Teano, l’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale, l’Ente Idrico Campano, la Provincia di Caserta, l’Ente d’Ambito, i VV.F. di Caserta, e il Dipartimento Arpac di Caserta.

Nuovi verdetti tutti negativi. Non i primi e forse nemmeno gli ultimi per Campania Energia, una ditta che però, si badi bene, non tratta rifiuti speciali o pericolosi, tossici o industriali. Precisiamo questo solo per dire che non somiglia neppure lontanamente al progetto Gesia a Teano pure questo bloccato e anzi sospeso; almeno per ora. Infatti, per Campania Energia, i giudizi negativi ai ricorsi presentati e le intimazioni di blocco esercizio riguardano irregolarità nelle richieste, prescrizioni di modifiche edilizie ai capannoni che in sede di giudizio non risultavano ancora eseguite, difformità cartacee, conflitto assoluto con la vocazione agricola del territorio. Ma «dura lex, sed lex». Quindi, è andata così. Ovviamente, avverso il provvedimento citato nel dettaglio, ai sensi dell’art. 3 co. 4 della L. 241/90, è ammesso ricorso giurisdizionale amministrativo al Tar della Campania o al Capo dello Stato, rispettivamente entro 60 e entro 120 giorni dalla data di notifica dell’atto.

Quando si dice due pesi due misure

Però scatta in automatico la domanda in chi osserva con i piedi per terra: ma allora, se con gli stessi metri di misura fossero state analizzate a tempo debito, 10 anni fa – e ancora oggi per molti aspetti – le carte progettuali di Gesia, che fine avrebbe dovuto fare la famosa autorizzazione unica che confligge e confliggeva con le attinenti norme di salvaguardia e di classificazione del suolo provinciali e regionali e con la vocazione del territorio, con la sua dichiarata e sancita tutela? E come è potuto succedere, invece, che ci si è trascinati per più di 10 anni? Com’è possibile che non sia ancora finita? E lecito parlare di due pesi e due misure. di un treno della giustizia a due velocità? A nostro giudizio assolutamente sì. Andava fermata Campania Energia rifiuti generici ma andava bocciata subito anche Gesia rifiuti tossici.

Ecco che fine doveva subito fare un progetto di insediamento di un mega-impianto che sarebbe difficile ubicare e tollerare persino nella zona industriale di Pascarola a Caivano; con rispetto parlando. Un progetto mastodontico e invasivo che invece si vorrebbe innestare, incardinare, incastrare a forza in un’area che non è mai stata dichiarata ASI (area a sviluppo industriale)? Un fatto, quest’ultimo, NON É E NON É MAI STATA ZONA ASI che sembra un aspetto minimale, che nessun giudice ha avuto l’avvedutezza o il coraggio di verificare. Un fatto che invece, anche da solo, avrebbe ridotto l’autorizzazione Gesia in un cumulo di carta straccia. Ma subito, 10 anni fa, non solo adesso nel 2025.

Il progetto Gesia «adottato» come un figlio dalle Conferenze di servizio

Pur non volendo assolvere o giustificare nemmeno lontanamente gli errori d’impostazione del progetto Campania Energia è fin troppo chiara la differenza di trattamento di giudizio riservato alla prima rispetto alla seconda: Gesia. Un trattamento, a parere di chi scrive, che confligge paradossalmente proprio con l’abissale differenza di peso ambientale, di possibile ricaduta sociale, di pericolo e implicazioni col territorio tra le due realtà: quella esistente di Campania Energia con le carte in disordine e gli abusi edilizi non sanati e quindi bloccata (ma che come industria tratta rifiuti non pericolosi) e quella che, invece, pare si voglia a tutti i costi insediare prepotentemente a Santa Croce di Teano. Si, il dubbio giornalistico, l’opinione, l’impressione pellicolare è questa: che la si voglia impiantare a tutti i costi, altrimenti non si sarebbe temporeggiato tanto a lungo sperando che magari i comitati di lotta si fossero stancati e disgregati, altrimenti non ci si sarebbe curato con certosina attenzione, una conferenza di servizi dopo l’altra, di mettere in ordine «a gratis» automaticamente la richiesta di autorizzazione della Gesia.

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Come è potuto accadere?

Semplice: è successo tutto tra una conferenza di servizio e l’altra e gli incontri in tribunale: con continue prescrizioni tipo: aggiusta qua, correggi questo, togli quello, lo scarico è irregolare e allora da questo punto me lo passi all’altro versante. «Rimodulate il progetto e ci rivediamo». E poi ancora: allontanate quel capannone dalle linee elettriche e via di questo passo. «Ma qui cosa avete combinato?». «Abbassate questa quantità, cambiate la tale tipologia». Per 10 anni, fino a cadere nel ridicolo e nel paradossale. C’è anche questo retrogusto amaro in bocca a chi lotta da tanto tempo per la difesa del territorio, del suolo, dell’archeologia circostante, per l’aria, per l’acqua del sottosuolo sidicino. C’è la sensazione che il progetto Gesia abbia avuto la stranissima «fortuna fortunata» tutta da Sud Italia di trovare commiserevoli quanto incredibili badanti, per 10 anni, nell’assurdo vortice di giudizi, tra conferenze di servizi e aule di tribunale. Menomale che c’è chi non si arrende. Per il resto, per quello che può valere un giudizio giornalistico, per quanto passato alla forgia di 40anni di paginette di storia nostra, Teano ha ragione e quindi ce la può fare.



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