Tasse d’imbarco verso l’aumento: Assaeroporti propone una riduzione


Le tasse d’imbarco in Italia sono una sorta di Babele. Lo segnala il Sole 24 Ore spiegando che i  passeggeri in partenza dagli aeroporti italiani pagano una tassa che va dai 6,5 euro di Milano, Torino, Bologna, Catania, Palermo, Bari o Cagliari, ai 7,5 euro di Roma fino agli 8,5 euro per ogni singolo viaggiatore in partenza da Napoli, lo scalo più caro. “Il balzello – spiega il quotidiano – viene caricato direttamente sul costo del biglietto e può incidere fino al 25-30% del prezzo finale. Ma ci sono anche passeggeri che non pagano nulla (tassa pari a zero), perché le Regioni Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo e Calabria, con il chiaro intento di favorire i rispettivi aeroporti, hanno deciso di farsi carico interamente dell’onere fiscale”. Oggi la tassa rappresenta un elemento di distorsione della concorrenza, che rischia di aggravare il fenomeno del caro voli e deprimere il mercato.

Il valore della tassa

Si stima che nel 2024, anno record per il trasporto aereo in Italia, con circa 220 milioni di passeggeri in transito dagli scali del Paese (+11,1% sul 2023), la tassa d’imbarco abbia generato un gettito di poco superiore ai 700 milioni di euro. Il presidente di Assaeroporti, Carlo Borgomeo, rilancia a governo e Parlamento “una proposta di buon senso”, su cui l’associazione insiste da tempo per mettere ordine nel quadro normativo: avviare una progressiva riduzione dell’imposta su tutti gli scali italiani, a partire da quelli più piccoli. L’obiettivo è portare la tassa a 2,5 euro nell’arco di 5 anni, conservando le sole quote riservate al comparto: 1,5 e 1 euro destinate, rispettivamente, al fondo del trasporto aereo, rivelatosi fondamentale durante il Covid, e ai Comuni aeroportuali. L’addizionale comunale sui diritti d’imbarco fu istituita, nel 2003, a favore proprio dei comuni aeroportuali quale misura compensativa per la pressione acustica determinata dalle attività di volo. L’importo, corrisposto dai vettori aerei al gestore aeroportuale e da quest’ultimo riversato al bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione ai Comuni, è giunto solo in minima parte nelle casse degli enti territoriali beneficiari.

I provvedimenti

Spiega il presidente di Assaeroporti: “Negli anni, questa tassa si è trasformata in un chiodo al quale tutti appendono il proprio cappello. Provvedimenti poco chiari e contradditori ne hanno incrementato l’importo, a danno della connettività dei territori, destinando gran parte del gettito a finalità non attinenti al trasporto aereo, come ad esempio i 3,5 euro versati genericamente all’Inps. Il paradosso è che la nostra proposta di riduzione della tassa è stata inserita nella bozza del Piano nazionale degli aeroporti predisposta dal Mit (ministero Trasporti e Infrastrutture), ma questo Piano stenta a vedere la luce”. Per contro, la legge di Bilancio 2025 ha previsto, a partire dal prossimo 1° aprile, un aumento di 0,5 euro dell’addizionale comunale sui diritti d’imbarco per le destinazioni extra Ue negli aeroporti con più di 10 milioni di passeggeri l’anno (nel caso di Napoli sarà di 9 euro).

In campo anche Anci e Ancai

Al fianco di Assaeroporti e della sua proposta si schierano anche l’Anci (l’associazione nazionale dei Comuni italiani) e l’Ancai (l’associazione nazionale dei Comuni aeroportuali italiani). Dice il presidente di Anci, Gaetano Manfredi (sindaco di Napoli): “Allo stato attuale, le risorse derivanti dall’addizionale comunale vengono destinate ai comuni in misura irrisoria, compromettendo la loro capacità di investimento nei servizi e nelle infrastrutture aeroportuali. È fondamentale ristabilire la ratio originaria di questa tassa, ovvero il riconoscimento di un contributo ai comuni che ospitano un aeroporto”. Aggiunge il presidente di Ancai, Alessandro Colletta (sindaco di Orio al Serio): “I nostri comuni stanno chiedendo da tempo una riorganizzazione dei diritti di imbarco che, paradossalmente, mantengono ancora la definizione di addizionale comunale, quasi una beffa, se si considera che dei 6,5 euro incassati per ogni singolo passeggero, ai Comuni ne vengono riversati circa 6 centesimi, cioè meno dell’1%”.

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