10 ANNI DI BORA…la Trieste di corsa


Giunta alla sua decima edizione, la Corsa della Bora deve il suo nome al famoso vento tipico del triestino e per me rappresenta uno degli appuntamenti più importanti del panorama italiano di gare trail. Il suo ideatore e animatore è Tommaso Demuttoni, entusiasta e appassionato organizzatore di eventi, da sempre trail runner.

Testo: Oliviero Alotto | foto: Oliviero Alotto e Jaka Ivančič

Le mie edizioni della Bora

In questi anni ho avuto l’opportunità di correre spesso a Trieste, confrontandomi su diverse distanze, dalla più lunga, la 100 miglia, che ho affrontato più volte, a distanze più brevi. Quest’anno ho scelto la versione a tappe da 47 km il sabato e 56 la domenica.

La Bora a tappe

Come dice la descrizione della gara, “un percorso attraverso il Carso Triestino e Sloveno celebra il decennale con un tracciato completamente inedito. Si tratta di una gara ad anello, che prende il via e si conclude in riva al mare, attraversando il Carso Triestino e la Val Rosandra, per poi tornare a vedere il Golfo di Trieste dalle Falesie del Sentiero Rilke”. Una formula diversa, personalmente amo molto le gare a tappe, quindi l’idea di cimentarmi con un percorso inedito mi entusiasmava. Normalmente si propongono in due versioni: in piena autonomia, ovvero con tutto il necessario per la competizione (cibo, sacco a pelo, ecc…) da portarsi appresso, oppure, come in questo caso, l’organizzazione ti fa trovare il bagaglio dove si passerà la notte e si corre con uno zaino contenente solo il materiale obbligatorio per la tappa.

 la Corsa della Bora deve il suo nome al famoso vento tipico del triestino

Sabato mattina, si parte!

Sabato mattina si parte da Porto Piccolo, località di mare a pochi chilometri da Trieste, dove è stato organizzato il Village della Bora per il ritiro pettorali, l’arrivo e il pasta party finale. È mattina presto, il cielo è terso ma una leggera bora taglia il viso del gruppo di partenti che sta per iniziare questa “due giorni” in giro per sentieri. Partiamo subito con un km di salita su asfalto per poi ritrovarci poco dopo a costeggiare il mare, qualche tratto di sentiero con un po’ di sassi carsici e quindi si corre sul lungomare di Trieste. Tutto quello che sto vivendo di corsa mi toglie il fiato per la sua bellezza in una tipica giornata invernale, non troppo fredda.

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Si comincia a salire

Da qui una lunga salita da cui si ammira la città dall’alto, poi altri sentieri tra i boschi, tutti molto corribili, facili e ben segnalati. Ultimo ristoro, mancano ancora 10 chilometri all’arrivo. Poi di colpo un’altra salita, è l’ultima e arriva senza preavviso, mentre il GPS dell’orologio impazzisce, segnando metri e metri di dislivello positivo. 500 metri di dislivello in pietraia, condensati in meno di un chilometro e mezzo, insomma un Vertical. Poi finalmente esco dalla pietraia, ma ad attendermi a braccia aperte l’ennesimo tratto di sentiero in salita, giusto per farmi capire che non è ancora finita…

Discesa…finalmente

Una volta in cima, ma questa volta è davvero l’ultima, una bella discesa, giù a tutta verso Basovica, dove ci aspetta la base vita, allestita all’interno di un albergo. Passo la notte qui, dividendo la camera con Giulia Vinco e Manuele Galanti, che vincono sia la prima tappa sia la seconda nelle rispettive categorie.

 la Corsa della Bora deve il suo nome al famoso vento tipico del triestino

Bora, il bello di una gara a tappe

La cosa che più mi piace delle gare a tappe è la possibilità, una volta arrivati alla base, di condividere con gli altri partecipanti del buon tempo insieme, tempo che nella società contemporanea non siamo abituati a vivere. Tempo lento, in cui poter chiacchierare, bere un the, consumare la cena senza la fretta di finire. L’orologio perde il suo valore, per lasciare spazio alla piacevolezza dello stare insieme e di confrontarsi.

Domenica, il secondo giorno

La mattina dopo la partenza è alla francese, ovvero ognuno può decidere a che ora prendere il via. A me piace correre con il buio, quindi propendo per partire per le 6 del mattino, così da fare un paio di ore di corsa con la frontale accesa e poi godermi le successive ore di sole. Voglio limitare al massimo la possibilità di prendere pioggia, scappando dalle previsioni del meteo che “chiama” precipitazioni dopo pranzo. Convinco i miei due compagni di stanza, indossiamo le frontali e si parte. Dopo qualche km insieme, loro accelerano e io preferisco rimanere al mio ritmo, sostenuto, ma sicuramente più lento del loro. Anche la seconda tappa passa in fretta tra sentieri molto belli e sempre panoramici, spesso al confine tra Italia e Slovenia. Un’ora dopo l’alba inizia a nevischiare, sebbene la neve che mi prendo in faccia sia poca cosa, quasi piacevole.

Corro da solo

Continuo a correre da solo e supero diversi partecipanti della 100 km, che hanno avuto la possibilità di partire alle 20:00 oppure a mezzanotte. Chi ha deciso di farlo alla sera con il primo start, nella maggior parte dei casi è un camminatore, mentre gli altri prediligono quello successivo. Il fascino di questa gara è che, essendo aperta a tutti, si contraddistingue per la grande varietà di concorrenti. Motivo per il quale gli iscritti di quest’anno sono stati ben più di 2.000. Nelle fasi finali incontro numerosi partecipanti delle distanze minori, la 15 km poi la 21. Ovunque c’è gente che corre o cammina e provo una sensazione profonda di appartenenza.

il tifo sui sentieri

Sui sentieri una moltitudine di persone felici di essere lì, di vivere il momento, ognuna con il proprio ritmo, facendo sport. Gli ultimi chilometri sono nuovamente sul mare, lungo un sentiero che costeggia il golfo, ingresso naturale su Porto Piccolo. È pieno di gente, tutti fanno il tifo. I mille metri finali sono lungo la spiaggia di sassi, giusto per mettere alla prova la resistenza delle caviglie, fin sotto l’arco d’arrivo. La gente presente accoglie me, come tutti gli altri concorrenti, con grande affetto ed entusiasmo. Mentre mi avvio verso la zona del ristoro, ripenso ai due giorni triestini e alla capacità incredibile di questo evento sportivo di valorizzare il proprio territorio, che qui è veramente grande protagonista.

Nnormal Kjerag, una gran scarpa!

Nnormal Kjerag è la scarpa con cui ho gareggiato, perché la ritengo estremamente versatile, adatta a tutti i tipi di terreni. Sapevo che si sarebbe trattato di una competizione che alternava sentieri con tanti sassi a tratti molto più corribili, quindi non ho avuto dubbi. La Kjerag mi ha infatti garantito molta stabilità e, grazie alla suola Vibram, mi sono sentito estremamente sicuro nelle sezioni caratterizzate da sentieri più tecnici e scivolosi. Riesco sempre a essere agile in ogni situazione e, dove si può correre, posso accelerare molto facilmente. Il che mi permette un’azione di corsa molto dinamica e divertente, anche su ritmi elevati, con un altissimo grado di grip su terreni notevolmente diversi tra loro e condizioni del fondo difficili.

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