Acciaio, il dialogo strategico sull’industria Ue mette al centro i rottami




Parte il dialogo strategico sul futuro dell’acciaio europeo, ma le associazioni dei riciclatori EuRIC e BIR avvertono: “no ai divieti di esportazione del rottame” chiesti da sette paesi Ue. Inclusa l’Italia


Torna ad accendersi il fuoco mai sopito dello scontro tra riciclatori di metalli e industria europea dell’acciaio. All’alba del dialogo strategico per il rilancio del settore, avviato oggi dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen con l’obiettivo di arrivare entro il prossimo 19 marzo “a un piano su misura per aiutare questo settore a decarbonizzarsi e prosperare a livello globale”, le imprese del recupero dicono “no a restrizioni per il commercio internazionale di rottame”. È l’appello di EuRIC, federazione europea dei riciclatori, e BIR, associazione internazionale con 30 mila associati in 36 nazioni, che in un position paper congiunto bocciano la proposta di “limitare o vietare le esportazioni verso Paesi terzi” avanzata da sette paesi Ue in occasione del summit sul futuro dell’acciaio europeo tenutosi a Parigi lo scorso 27 febbraio. L’Italia, tra i sottoscrittori della proposta, ha attivato misure di limitazione dell’export di rottame già all’indomani dello scoppio del conflitto in Ucraina, prolungandole di recente fino al 31 dicembre 2026.

In linea con il nuovo corso della politica economica Ue, il dialogo strategico sull’acciaio dovrà trovare per l’industria un punto di caduta tra competitività e taglio delle emissioni, in un quadro globale caratterizzato da calo della domanda e overcapacity (630 milioni di tonnellate di eccedenza previste nel 2026) e con la siderurgia europea schiacciata da costi di produzione alle stelle per effetto dei rincari energetici e dalla concorrenza – “talvolta sleale”, ha detto von der Leyen – di paesi terzi, soprattutto di quelli che non sostengono i costi ambientali e sociali che gravano sugli operatori Ue. In questo contesto, il dialogo strategico tra Ue e industria siderurgica metterà al centro anche il tema della disponibilità di rottame, elemento essenziale per la produzione di acciaio a basse emissioni, quello da forno ad arco elettrico. E infatti nelle note di indirizzo dei lavori la Commissione ha messo in chiaro di considerare la disponibilità di rottame come “un fattore limitante” per la transizione circolare dell’acciaio europeo. Il timore dei riciclatori è che questo possa essere il preludio a giri di vite sulle esportazioni “basati su premesse palesemente errate” e, nello specifico, su rischi di interruzioni degli approvvigionamenti che non reggono alla prova dei numeri.

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Ogni anno, si legge nel paper, i riciclatori europei recuperano oltre 100 milioni di tonnellate di rottame ma solo l’80% è assorbito dall’industria continentale mentre il 20% finisce nei canali dell’export, soprattutto verso la Turchia. “Non è una ‘perdita’ – chiariscono le associazioni – ma piuttosto un’efficiente allocazione delle risorse” che la siderurgia europea non riesce a trasformare. “L’attuazione di ulteriori restrizioni all’esportazione, quando non esiste alcuna carenza materiale – si legge – servirebbe solo a sopprimere artificialmente i prezzi dell’acciaio riciclato”, facendoli crollare per effetto del surplus di offerta rispetto alla domanda. E mettendo così a rischio la sostenibilità economica delle attività di raccolta e riciclo dei rifiuti ferrosi. Secondo BIR ed EuRIC anche l’idea che il rottame esportato contribuisca ad alimentare pratiche lesive dell’ambiente nei paesi di destinazione non regge, visto che proprio la disponibilità di ferro da riciclare consente di sostituire il forno ad arco elettrico ai ben più impattanti cicli tradizionali basati su carbone e minerale.

Ma il quadro resta complesso, con la Commissione chiamata a rispondere alle pressioni dell’industria siderurgica per i costi dell’energia e della transizione – a partire da ETS e CBAM – ai fenomeni di dumping e concorrenza sleale dei paesi terzi ma anche ai venti protezionistici che spirano dall’altra sponda dell’oceano, con i dazi del 25% annunciati dal presidente USA Donald Trump su tutto l’acciaio importato negli States ad aggiungere ulteriore incertezza. In un simile scenario, la tentazione di un intervento sulla circolazione (e sui prezzi) del rottame è forte. A farne le spese, però, sarebbero soprattutto i riciclatori, secondo cui “invece di perseguire restrizioni commerciali controproducenti – scrivono EuRIC e BIR – servono buone soluzioni per promuovere l’economia circolare dell’acciaio”. Non interventi protezionistici sul rottame ma misure per rilanciare la domanda interna, come l’introduzione di obblighi di contenuto minimo riciclato nelle nuove produzioni, acquisti pubblici che diano priorità ai materiali riciclati, supporto alla ricerca e innovazione, ma anche l’inclusione dei riciclatori nei dialoghi strategici sul futuro dell’industria Ue. Dialoghi dai quali il riciclo, pur riconosciuto come centrale sia nella Bussola della Competitività che nel Clean Industrial Deal, rischia di rimanere invece irrimediabilmente escluso.





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