Perché investire in innovazione conviene? C’è un numero preciso che lo spiega bene: in media, il fatturato di un’impresa che spende per innovarsi cresce del 2% in più rispetto a chi non lo fa. E in Italia solo un’azienda su tre investe in innovazione tecnologica e digitale, secondo Sace. Il gruppo assicurativo-finanziario partecipato dal Mef ha presentato la sua Sace Growth Map, e ha individuato 100 miliardi di euro di opportunità per la crescita delle imprese italiane nel 2025.
Cento miliardi che si sbloccano con una ricetta semplice, con soli due ingredienti: innovazione, appunto, ed export. Lo ha spiegato Alessandra Ricci, Ad di Sace, durante l’evento “Let’s Grow!”, pensato per mostrare gli strumenti di crescita a disposizione delle imprese italiane e le direzioni da seguire, riassunte nella prima Sace Growth Map, un mappamondo interattivo che traccia le opportunità mercato per mercato.
La mappa dell’export e l’impatto dei dazi
Una mappa che arriva in un momento storico complesso, per le imprese europee, anche se Ricci spiega che i dazi USA non avranno un impatto immediato. Ricci stima che l’impatto vero arriverà “nel 2026”, ed è per questo che sarà importante prepararsi investendo nel 2025.
Magari in quei Paesi individuati come più promettenti da Sace, tra i quali spiccano Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
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Secondo l’Ad “l’Italia è leader nell’export, ma può lavorare su una maggior diversificazione, che passa attraverso i mercati Gate e in questa direzione l’azione di sistema è fondamentale per fare da apripista. L’Italia non è ancora leader nell’innovazione, ma sta crescendo in questo ambito: se ci paragoniamo a chi è più avanti di noi vediamo che la finanza svolge un ruolo cruciale. E noi di SACE vogliamo essere il fulcro su cui fare leva con quello che chiamiamo ‘effetto grow’”.
Quindici miliardi per l’innovazione italiana
Dei 100 miliardi di opportunità da cogliere identificate da Sace, 15 miliardi sono relativi a investimenti aggiuntivi annui in innovazione necessari per portare l’intensità innovativa dell’Italia al livello dell’area euro, dove le spese in ricerca e sviluppo delle imprese sono pari all’1,5% del Pil (rispetto all’attuale 0,8% italiano).
Tra i settori a maggior opportunità d’intervento vi sono, ad esempio, tessile e abbigliamento, legno e arredo, alimentari e bevande, carta e stampa, secondo il SACE Innovation Index; mentre tra le filiere di frontiera vi sono la space & blue economy e l’economia circolare, dove l’Italia vanta un buon posizionamento.
Export, un’opportunità da 85 mld
Altri 85 miliardi di opportunità riguardano invece l’export che, secondo le stime di Sace, tornerà a crescere del 3%, dopo un biennio di continuità su livelli record di 625 miliardi di euro. Se l’Italia oggi è un esportatore top a livello globale, ha un ampio margine di diversificazione verso nuovi mercati ad alto potenziale che oggi rappresentano solo il 13% dell’export italiano.
Mentre le esportazioni nazionali stanno scontando in particolar modo il rallentamento del nostro primo partner commerciale, la Germania, dove esportiamo soprattutto meccanica, automotive e chimica, fortemente integrati nelle catene del valore tedesche, cresciamo a grandi passi in mercati che stiamo approcciando solo più recentemente.
I 14 mercati su cui puntare
I Paesi Asean, ad esempio, dove le nostre esportazioni hanno registrato un incremento del 10,3%, con il Vietnam che ha visto una crescita al 25%. Ma anche l’Arabia Saudita (+28%), gli Emirati Arabi Uniti (+20%), la Serbia (+16%), il Messico e il Brasile (+8%). Sono i mercati che SACE ha identificato come GATE – Growing Ambitious Transforming Entrepreneurial – perché sono delle vere e proprie porte d’accesso a nuove aree di opportunità.
Secondo Alessandro Terzulli, Chief Economist di SACE, “consultando la mappa è possibile identificare i rischi e le opportunità per il proprio business e scegliere le migliori soluzioni. Dal Medio Oriente all’America Latina, dal Far East al Continente Africano, sono 14 i mercati GATE che SACE ha identificato per fare da apripista con i propri uffici e che raggiungeranno gli 85 miliardi di export”.
“Impatto dei dazi Usa nel 2026”
I dazi annunciati dall’amministrazione Usa contro i Paesi Ue, tra cui anche l’Italia, non avranno un impatto immediato sul sistema delle imprese. Il tempo c’è ma bisogna prepararsi.
“Non abbiamo ancora fatto stime, perché cambiano in continuazione le cifre e i paesi che vengono messi sotto dazi, ma sicuramente” le tariffe imposte da Trump “non avranno impatti in questo anno, nel 2025, perché si vedranno in caso dal 2026”, ha sottolineato l’ad. “Noi dobbiamo aumentare le capacità di esportazione come numero di paesi possibili: non puoi mettere sotto tariffe tutto il mondo. Così – ha osservato Ricci – saremo in grado di controbilanciare gli effetti negativi”.
Gli scenari da soli rischiano dunque di rimanere “un esercizio di scuola” mentre – osserva – “noi come Sace dobbiamo invece cercare di aprire mercati. Il 2025 è l’anno per fare investimenti e prepararsi al fatto che ci siano più mercati”. Da qui “nasce il tema dei 14 paesi Gate, dove noi riteniamo che il tasso di crescita dell’export sia superiore al tasso di crescita medio. Per cui noi, più che fare stime, dobbiamo far crescere di più altri paesi e compensare eventuali discese da parte degli Usa”, ha concluso.
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