Unione Europea, impresa di morte


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RearmEurope” – un nome agghiacciante, evocativo degli anni Trenta – è il piano criminale presentato da Ursula von der Leyen, che trasforma definitivamente l’Unione Europea in un’impresa di guerra e devastazione sociale.

RearmEurope, impresa di morte

Il nuovo compito dell’UE, intrecciato a quello consueto di promuovere e imporre il mercato e le privatizzazioni, è ora l’orientamento verso la guerra, in particolare la costruzione di armamenti, destinandovi enormi risorse finanziarie, industriali e tecnologiche, che devono essere sottratte – lo si afferma esplicitamente – alla vita civile. Questa scelta comporta un ulteriore e accelerato ridimensionamento delle garanzie che furono proprie del cosiddetto modello sociale europeo.

Si tratta di una svolta dura e impressionante, soprattutto per l’entità delle risorse finanziarie annunciate dalla presidente della Commissione europea. Tuttavia, non possiamo considerarla una sorpresa assoluta. Storicamente, e nonostante le sciocchezze spesso riportate nei documenti del PD, lo stato sociale in Europa è stato costruito nell’ambito degli Stati e sotto la spinta delle lotte popolari.

Al contrario, le istituzioni europee – prima la CEE, poi, con maggiore capacità di condizionamento, l’UE e la BCE – hanno sempre agito come guardiani del mercato, imponendo politiche economiche neoliberiste e persino norme costituzionali, con esiti regressivi spesso tragici, come in Grecia, e sempre estremamente pesanti.

Sul piano militare, dopo il fallimento della Comunità Europea di Difesa negli anni ’50 (una vicenda storica su cui varrebbe la pena tornare), il protagonismo “europeista” è rimasto sottotraccia.

Tuttavia, non bisogna dimenticare che, negli ultimi trent’anni, NATO e Unione Europea hanno proceduto congiuntamente nell’espansione verso Est e, in particolare, negli ultimi tre anni, le istituzioni continentali – basti pensare ai deliri messi in scena al Parlamento Europeo – sono diventate le roccaforti della retorica bellicista e hanno iniziato a sperimentare soluzioni di finanza di guerra.

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Ora, von der Leyen tenta una forzatura nel bel mezzo della crisi nei rapporti atlantici, esplosa con le iniziative di Trump, in particolare sulla questione ucraina. Attenzione: è fondamentale interpretare correttamente la situazione e non vedere nel riarmo europeo un possibile strumento di autonomia dell’Europa rispetto agli USA, come fanno tante anime belle.

Il riarmo promosso da von der Leyen, esplicitamente orientato in senso anti-russo, esprime in realtà la volontà di ricompattare l’Occidente, in continuità con l’ideologia diffusa a piene mani negli ultimi anni. Certo, nelle profondità di alcuni settori delle classi dirigenti europee – in particolare inglesi e francesi – permane un (stanco) riflesso imperiale, ma manca completamente una visione strategica di un nuovo sistema multipolare, in cui un’Europa capace di un ruolo autonomo possa essere protagonista.

Anzi, come non vedere che l’aumento della spesa militare europea corrisponde esattamente alla prima richiesta di Trump? Inevitabilmente, questo rappresenta un enorme finanziamento per l’industria militare americana, da cui verrà acquistata gran parte dei sistemi d’arma, rafforzando così la stabilità economica e sociale interna degli Stati Uniti, un aspetto di cui non si valuta mai abbastanza la centralità.

Il senso profondo di questo europeismo bellicista è dunque la ricostruzione e ricontrattazione dei legami atlantici. Sul piano interno, si configura come una risposta autoritaria e centralizzata alla crisi economico-sociale, particolarmente acuta in Germania. Non a caso, gli ultimi due dei cinque capitoli del “RearmEurope” sono dedicati alla mobilitazione del capitale privato attorno alle necessità belliche: con l’industria della morte, si cerca una via di ripresa per l’indebolita economia europea, con l’idea di plasmare l’intera società integrando nel sistema militare-industriale gli apparati produttivi, tecnologici e formativi, ma anche i meccanismi di costruzione del consenso.

È il modello israeliano. E non è un bel modello.

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