USA, tagli dei fondi alle università in cui si protesta


Le tensioni nei campus universitari statunitensi raggiungono un nuovo livello con l’annuncio di Donald Trump di voler bloccare i fondi federali per le istituzioni che tollerano proteste ritenute illegali. La decisione, strettamente legata alle manifestazioni studentesche sul genocidio in corso a Gaza, ha riacceso il dibattito sulla libertà di espressione e la gestione delle proteste nelle università. Mentre il governo intensifica il controllo sulle istituzioni accademiche e manipola i fondi alle università, le associazioni per i diritti civili denunciano un attacco ai principi democratici.

Un annuncio che scuote il mondo accademico

Martedì, l’ex presidente Donald Trump ha dichiarato che intende bloccare i finanziamenti federali a scuole e università che permettono lo svolgimento di “proteste illegali”. La dichiarazione, diffusa tramite il suo social network Truth Social, ha sollevato forti preoccupazioni tra i difensori della libertà di espressione. “Tutti i finanziamenti federali si fermeranno per qualsiasi college, scuola o università che consenta proteste illegali” così The Donald avrebbe tuonato, attraverso il suo social di riferimento.

Ancora più preoccupanti sarebbero le conseguenze per chi parteciperebbe o organizzerebbe le proteste nelle università. Per tutti gli studenti americani sono previsti arresti e denunce, mentre per tutte quelle persone che non vengono identificate come straniere, è prevista la deportazione nei Paesi d’origine. Di più non si sa, perché, come di consueto, l’amministrazione provvede solamente a dichiarare le conseguenze, senza fornire alcun dettaglio successivamente.

La posizione di Trump sulle manifestazioni studentesche

Trump non ha chiarito con precisione cosa intenda per “proteste illegali”, ma ha sottolineato che gli studenti coinvolti in tali manifestazioni rischierebbero l’espulsione definitiva e, nei casi più gravi, l’arresto. Ha inoltre dichiarato che gli stranieri coinvolti sarebbero deportati permanentemente. “Niente maschere!”, ha aggiunto nel suo messaggio, un riferimento alle misure di sicurezza adottate da alcuni manifestanti durante le proteste.

Il contesto delle proteste nei campus universitari

Le minacce ai fondi alle università arrivano in un momento di forti tensioni nei campus universitari, in particolare alla Columbia University. L’istituto è stato teatro di accese manifestazioni contro il conflitto a Gaza, con oltre 100 studenti arrestati e sospesi, con quella che poi è esplosa come l’Intifada studentesca, un movimento studentesco dal basso che ha coinvolto milioni di studenti. Anche il Barnard College, affiliato alla Columbia, ha espulso recentemente due studenti per aver interrotto una lezione sulla storia di Israele.

La risposta dell’amministrazione Trump è stata drastica: il governo ha annunciato una revisione dei finanziamenti federali all’università, mettendo a rischio oltre 50 milioni di dollari in contratti e più di 5 miliardi di dollari in sovvenzioni.

Le critiche alla posizione dell’ex presidente

L’annuncio ha suscitato la dura reazione di gruppi a difesa della libertà di espressione. La Fondazione per i Diritti e l’Espressione Individuale (FIRE) ha condannato le dichiarazioni di Trump, sottolineando che il Primo Emendamento della Costituzione statunitense tutela anche le opinioni controverse e che la legge non dovrebbe essere utilizzata per punire il dissenso politico.

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Parallelamente alle dichiarazioni di Trump, diversi dipartimenti federali – tra cui il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani e il Dipartimento dell’Istruzione – hanno avviato un’indagine sulle università per verificare la conformità alle normative federali, in particolare quelle legate ai diritti civili. La Columbia University è tra le istituzioni sotto esame e rischia il taglio dei fondi governativi se non dimostrerà di aver preso misure efficaci contro episodi di antisemitismo denunciati nel campus.

Le proteste nei campus e il dibattito politico

Negli ultimi mesi, le proteste studentesche sono state spesso interpretate dai repubblicani come espressioni di supporto a Hamas, mentre i manifestanti le definiscono una legittima opposizione alla politica israeliana. L’ordine esecutivo firmato da Trump a gennaio, volto a contrastare l’antisemitismo, ha suscitato reazioni contrastanti: mentre alcuni lo vedono come una misura necessaria per proteggere gli studenti ebrei, altri lo interpretano come un attacco alla libertà di espressione.

Nonostante il calo delle proteste negli ultimi mesi, nuove manifestazioni sono scoppiate recentemente a New York in risposta a decisioni politiche locali, come la rimozione di un annuncio di lavoro per un docente di studi palestinesi all’Hunter College. Il clima nei campus resta teso, con un dibattito acceso sulla libertà di espressione, il diritto alla protesta e le politiche universitarie di finanziamento.

Dopo e durante la sua campagna elettorale, Trump si era scagliato contro i programmi inclusivi – come corsi e seminari sull’identità di genere e sul razzismo sistemico -, puntando ad abolire qualsiasi percorso di studio basato sull’integrazione, la sostenibilità e la non discriminazione. Inoltre, per concludere il quadro della demonizzazione delle proteste universitarie, lo stesso Presidente avrebbe dipinto tutti gli studenti attivi e attivisti nella vita studentesca come “i simpatizzanti di Hamas”, proprio con l’obiettivo di creare l’allarmismo per antisemitismo.

Lucrezia Agliani

 



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