L’ex sindaco ed ex presidente Geofor era stato indagato per un presunto peculato relativo all’uso dell’auto aziendale. La sua nota dopo l’assoluzione
PONTEDERA — La redazione di QUInews, dopo aver sentito l’ex sindaco Paolo Marconcini, ha scelto di riportare integralmente la nota ricevuta e firmata da quest’ultimo con riferimento all’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato” a seguito delle indagini per peculato risalenti al 2015.
“Nel 2015 sono stato indagato di peculato per l’utilizzo privato dell’auto aziendale che avevo in uso in qualità di presidente della Geofor. Sono stato presidente di Geofor dal 2010 al 2016. Alla fine del 2016 mi sono dimesso, andando in pensione nel 2017. Una pensione assai modesta.
Dopo la condanna iniziale del Tribunale di Pisa, nel 2021, per peculato d’uso e il mio successivo ricorso, la Corte di Appello di Firenze, il 16 Luglio 2024, mi ha assolto “perché il fatto non costituisce reato”. La Corte di Appello ha valutato che non ci fosse la volontà da parte mia di commettere scientemente peculato, essendoci una discussione aperta in merito all’attribuzione di un fringe benefit per l’auto – come avveniva per altri quadri e dipendenti – e avendo io pagato alla Geofor, per il periodo interessato, una cifra relativa all’uso dell’auto, in modalità di benefit. L’addebito riconosciuto verso la Geofor dal Tribunale per l’utilizzo privato dell’auto era di 132 euro e la cifra da me corrisposta all’azienda per lo stesso periodo, in base alle tabelle Aci, è stata invece ben maggiore, e cioè di 3.305 euro, come attestato dalle fatture pagate all’azienda.
Oggi, Marzo 2025, sono scaduti i termini per eventuali ulteriori ricorsi che la Procura della Repubblica non ha avanzato e, quindi, la vicenda si è definitivamente conclusa con l’assoluzione. Ci sono voluti 10 anni! Nel mezzo c’è stato il Covid, però i tempi della giustizia sono stati comunque lentissimi.
Tengo adesso a precisare alcune cose. Nell’atto di assoluzione della Corte di Appello si citano anche multe non pagate che prefiguravano un abuso di ufficio che, in quanto reato, è stato però derubricato. Ma a me questo non interessa. Appena venuto a conoscenza delle multe arretrate, oltre quelle che in quegli anni avevo pagato da me, secondo le regole che io stesso avevo contribuito a disporre in Geofor, ho ottemperato al loro totale pagamento, come attestano le trattenute sulle mie ultime due buste paga. Ho usato spesso la mia auto personale, una Panda, anche per usi connessi all’ufficio, finché non si è fermata per guasti vari. Ho provveduto in seguito a rimetterla su strada, ovviamente a mio carico.
Dopo aver provveduto alla liquidazione dei privati per l’ingresso in RetiAmbiente, il gestore unico dei rifiuti dell’Ato Costa, nel 2015 sono stato, per circa 8 mesi, non solo presidente, ma anche consigliere delegato di Geofor, assumendo quasi tutte le deleghe legali e caricandomi di ancor più gravosi impegni dirigenziali, senza percepire un euro in più per il mio lavoro. E il mio compenso, come fanno fede le ricevute delle buste paga, era al “minimo sindacale”, ovvero 2.155 euro al mese, nonostante la legge ne consentisse una maggiorazione, come avveniva per altri presidenti.
Ho svolto il mio lavoro con dedizione e con la competenza acquista nel corso dei lunghi anni di amministratore pubblico e sindaco di Pontedera. La Geofor è sempre stata in attivo, la raccolta differenziata aveva raggiunto e superato i limiti di legge per la raccolta differenziata con l’introduzione del porta a porta. L’utile dell’azienda fu accantonato per l’uscita dei privati, senza esborso dei Comuni, così come fu fatto in favore degli investimenti per l’impianto dell’organico anaerobico, in fase di realizzazione, purtroppo eccessivamente prolungata.
Non sono in debito con Geofor né, più in generale, con i pubblici uffici. Semmai potrei dire il contrario. Ho servito per molti anni istituzioni e aziende pubbliche al mio meglio, con passione e senso del dovere. Dopo 10 anni dallo svolgimento dei fatti, mi viene finalmente resa giustizia e restituita l’onorabilità. Anche se niente e nessuno potrà più risarcirmi del discredito pubblico, anche a mezzo stampa, delle offese subite, del disagio e dell’imbarazzo inferto ai miei familiari, ai miei cari, ad amici e conoscenti. E niente mi farà mai dimenticare il giorno, in Questura a Pisa – dove mi ero recato spontaneamente – quando mi furono prese le impronte digitali e scattate le foto segnaletiche, difronte, di profilo, quasi fossi un criminale. Come si dice, ben noto negli ambienti della Questura.
E mi chiedo ancora oggi se questo fosse stato necessario o dovuto. Ringrazio coloro, anche alcuni fra i sindaci di allora, che mi sono stati vicini, coloro che hanno creduto in me e mi hanno ascoltato e non certo quelli che non hanno voluto o saputo farlo. Ringrazio specialmente il mio avvocato, Stefano del Corso, per il suo impegno e la sua vicinanza, e gli amici e i compagni che mi hanno sostenuto”.
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