«Mickey 17», un viaggio intergalattico e l’utopia di un futuro possibile


Parlando di Mickey 17 presentato all’ultima Berlinale – ora in sala – Bong Jong-oo aveva detto che non è un film «sulla» nuova America di Trump, nonostante sia facile vedere nel «cattivo» della situazione figure tipo quella di Musk, anche perché è stato pensato e realizzato fra il 2021 e il 2022 dunque ben prima della vittoria del tycoon alle ultime elezioni Usa. «Il romanzo da cui sono partito era ambientato in un futuro molto lontano che ho avvicinato in modo da rendere la vicenda più realista. Anche se è chiaro che tutto ciò di cui si parla è già accaduto. Il capitalismo è più feroce che mai, ci sono imprese che propongono viaggi su Marte o su altri pianeti, o progetti di emigrazione e di colonizzazione extraterrestri. Stiamo vedendo persino tentativi di riprodurre gli essere umani, c’è una società inglese che ’stampa’ pezzi di pelle o i lobi dell’orecchio. Questi elementi prima fantascientifici sono diventati reali».

Una scena del film

È proprio su questa realtà della fantascienza che lavora Mickey 17 riflettendo nella superficie ghiacciata del nuovo pianeta, dove approdano i protagonisti l’autoritarismo fascista della nostra epoca, e la ricerca di possibili crepe di resistenza. E se i riferimenti ai progetti del capitalismo odierno di miliardari quali appunto Musk, Bezos, Zuckerberg e simili sono evidenti, e rendono il futuro prossimo del 2054 nel quale si ambienta il film quasi una cronaca dell’oggi, Bong cerca di rifondare il genere, di restituirgli una potenza critica, di riappropriarsi di un «metaverso» come terreno libero nella cifra di una satira che è vertigine e eco delle ambizioni del capitalismo attuale. E che gioca anche all’interno della grossa macchina (produttiva) di un blockbuster in lingua inglese – come già Snowpiercer – che deve sorprendere se stesso. Un azzardo multiplo come il clone del protagonista, Robert Pattinson, non senza fragilità o inciampi, ma anche questo aspetto di incertezza specie dopo il premiatissimo e ultraoscarizzato Parasite fa di Bong un grande regista.

LA QUESTIONE SONO sempre gli equilibri, lui lo sa bene, sulle geometrie umane e spaziali ha costruito la propria poetica che qui è anche «citazioni» dai suoi film – gli alieni somigliano a Okja – ma soprattutto la rivendicazione di un essere contro capitalismi, fascismi, colonialismi … -mostrandone l’assuefazione.
Ispirato al romanzo di Edward Ashton Mickey 17 si svolge durante la spedizione spaziale per colonizzare il pianeta Nilfheim, ghiacciato ma puro rispetto alla ormai «putrida» Terra, voluta da un impresario tiranno e senza scrupoli, Kenneth Marshall (Mark Ruffalo), che cinicamente utilizza la ricerca scientifica e le tecnologie per espandere il proprio controllo. Lui e la moglie pazza di salse – altro gioco difficilissimo di dosaggi – e forse più crudele di lui (Toni Colette, sublime) sognano di essere i geni fondanti (ruispetto a Musk marshall sembra più organizo e meno provetta) il Nuovo Mondo, in un delirio di potere che li circonda di proni leccaculo, col prete officiante di una chiesa/setta che lo filma come in un reel IG della conquista, che celebra il padre padrone patriarca di un universo a sua somiglianza.

Mickey è uno dei lavoratori al gradino più basso, li chiamano «i sacrificabili» un po’ come gli operai che muoiono sul lavoro, o quei precari di multinazionali nel mondo sostituiti da altri come loro quando, macinati, assorbiti, risputati. Pasticcere disoccupato ha dato il suo consenso dopo il fallimento del suo negozio – e dopo essersi fatto truffare. Ai sacrificabili hanno preso ricordi, sensi di colpa, rimossi e sentimenti e tutti compressi in un mattoncino; quando muoiono li ristampano in 3D, escono fuori uguali a prima – in realtà diversi – prodotti umani della riproducibilità tecnica.
Mickey (Pattison) non vuole che gli chiedano: cosa si prova a morire? perché ha paura anche se sa che tornerà, e poi ci i sono delle incertezze, i multipli per esempio; a volte può accadere che vengano clonati in contemporanea e così sarà. Un giorno rientra da una spedizione sul pianeta, lo hanno già clonato, è Mickey 18, un sé che non conosce, aggressivo e piccante – come dice la sua amata, Nasha (Naomie Acke) che all’uno monogamico predilige il due, nel doppio col 17 tenerone (e assai ingenuo).

E ALLORA che fare se la fantascienza del capitalismo ha invaso ogni immagine, conquistando il reale? Quale forma inventare per sovvertirne la narrazione? Si può immaginare una rivoluzione a lieto fine, un’utopia che ferma la colonizzazione e il genocidio su nuovo pianete – magari anche su questo vecchio – che sconfigge definitivamente il potere tiranno, che afferma un matriarcato come quel luogo inesplorato insegna. e una storia d’amoreUn sogno? Una fantasia? Forse più un desiderio di un’idea futuro che appare impossibile persino nelle sue distopie

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