Milano non sostiene più il “salva-Milano”


Mercoledì pomeriggio il comune di Milano ha annunciato che non sosterrà più la legge chiamata “salva-Milano”, proposta dalla maggioranza al governo per sbloccare la complicata situazione dell’urbanistica in città, interessata da una serie di inchieste. Il disegno di legge è già stato approvato alla Camera ed è in discussione al Senato. La decisione è stata presa dopo l’arresto di Giovanni Oggioni, ex dirigente del comune accusato di corruzione, frode processuale, depistaggio e falso. Oggioni è coinvolto insieme ad altri funzionari in una serie di inchieste giudiziarie su presunti illeciti nella gestione dei permessi per costruire nuovi palazzi. Non solo: Oggioni è anche accusato di aver fatto pressioni su alcuni parlamentari della maggioranza di governo per contribuire a scrivere la legge, e a farla poi approvare.

Dal 2021 al 2024 Oggioni è stato vice presidente della commissione paesaggio del comune di Milano, un organo tecnico formato da professionisti nominati dalla giunta, che in sintesi stabilisce se un progetto va bene oppure no, e nel caso suggerisce modifiche per renderlo compatibile con il contesto circostante. Per l’inchiesta per la quale è stato arrestato, secondo la procura Oggioni avrebbe favorito diverse pratiche edilizie in cambio di soldi e favori concessi da alcuni professionisti di Assimpredil-Ance Milano, associazione di categoria di costruttori edili, e di Abitare In, un’importante società di costruzioni in cui lavora sua figlia.

Quello di Oggioni è il primo arresto chiesto e ottenuto dalla procura nelle tante inchieste avviate negli ultimi due anni. Le indagini riguardano progetti e autorizzazioni per costruire palazzi di grandi dimensioni, trattati come ristrutturazioni di edifici molto più piccoli. Il comune si è sempre difeso dicendo che le pratiche erano state portate avanti in modo corretto, con le stesse modalità previste in passato.

La questione centrale delle inchieste riguarda la fase delle autorizzazioni. In Italia le regole sull’urbanistica sono molto complesse e tra le altre cose possono cambiare da comune a comune, almeno nell’interpretazione. Ci sono comuni che ne adottano una più rigida, altri più lasca. I progetti coinvolti nelle inchieste erano stati autorizzati dal comune con una cosiddetta Scia, un documento di “segnalazione certificata di inizio attività”, che di solito si usa per interventi minori di manutenzione o restauro e che permette di accelerare le procedure burocratiche.

Ci sono due tipi di Scia: una Scia semplice o una Scia in alternativa al permesso di costruire. Il permesso di costruire è una pratica edilizia più lunga e complessa, che prevede diverse fasi di controlli preventivi e il pagamento dei cosiddetti oneri di urbanizzazione, i contributi economici dovuti al comune per farsi carico dell’impatto della nuova costruzione sul contesto urbano. Se viene costruito un nuovo palazzo in cui potenzialmente possono abitare molte persone in più rispetto alla situazione precedente, il costruttore deve pagare al comune dei soldi per costruire parcheggi aggiuntivi, rotonde e altri servizi pubblici.

Con la Scia in alternativa al permesso di costruire, invece, i costruttori autocertificano di avere tutti i permessi per poter avviare il cantiere e possono iniziare i lavori, saltando diversi passaggi autorizzativi rispetto al classico permesso per costruire. Il comune fa comunque dei controlli successivamente per accertare che tutte le dichiarazioni siano veritiere. Secondo l’accusa, in molte circostanze in cui è stata ritenuta sufficiente la Scia sarebbe servito invece un permesso di costruire, con la valutazione d’impatto sul territorio circostante e oneri di urbanizzazione più alti.

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– Leggi anche: Perché Milano ha bisogno di una norma per essere “salvata”

La tesi dei magistrati è che tutte queste autorizzazioni siano state favorite da un «sistema», cioè un gruppo di persone composto da membri della commissione comunale per il paesaggio, altri soggetti dell’amministrazione di Milano, progettisti privati e costruttori.

La principale conseguenza di queste inchieste è un blocco generale dell’urbanistica a Milano. Il coinvolgimento di alcuni funzionari pubblici e l’incertezza sull’interpretazione delle regole urbanistiche ha portato dirigenti e funzionari non coinvolti nelle inchieste a smettere di autorizzare progetti. Il timore di essere coinvolti nelle vicende giudiziarie aveva portato a febbraio 140 funzionari comunali a scrivere due lettere al sindaco e all’assessore all’Urbanistica Giancarlo Tancredi chiedendo di essere trasferiti. Le pratiche sono diminuite di oltre il 50 per cento con conseguenze sugli oneri di urbanizzazione, che sono molti meno, e quindi sulle entrate del comune.

Per questo motivo dall’inizio dello scorso anno il comune e quasi tutti i partiti avevano sollecitato il governo ad approvare nuove regole per “salvare” l’edilizia a Milano da questo blocco. Inizialmente queste regole erano state inserite come emendamenti al decreto-legge presentato dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini, chiamato “salva-casa”. Quel tentativo non riuscì per via dei ritardi e di disaccordi interni alla maggioranza, soprattutto per via dei dubbi di Fratelli d’Italia.

Lo scorso luglio i quattro partiti della maggioranza avevano quindi presentato un nuovo disegno di legge, il numero 1987. L’obiettivo iniziale della legge era di sanare le eventuali irregolarità del passato con la promessa di riordinare tutto il settore in sei mesi. Con la discussione e l’approvazione alla Camera la legge è cambiata trasformandosi in una cosiddetta “interpretazione autentica”, ovvero una legge con cui lo Stato dice chiaramente quale interpretazione devono dare i comuni alle norme urbanistiche. Di fatto, l’obiettivo del salva-Milano è giustificare la gestione dell’urbanistica di Milano degli ultimi anni. La prima versione era considerata una norma transitoria, quella approvata dalla Camera e in discussione al Senato è più generale.

Semplificando molto, perché la legge è complessa, il salva-Milano prevede che per costruire un nuovo palazzo al posto degli edifici già esistenti e più alto delle altezze consentite dalla legge urbanistica del 1942 sia sufficiente una Scia per ristrutturazione se ci si trova in un’area già edificata. I costruttori non dovranno quindi aspettare i piani comunali previsti per autorizzare le demolizioni e le ricostruzioni, ma potranno muoversi senza particolari vincoli. In questo modo verrebbe autorizzato retroattivamente quello che viene contestato dalla procura.

Chi è favorevole al provvedimento, soprattutto i costruttori, sostiene che il salva-Milano sia il riconoscimento di una prassi già usata in molti altri comuni e sia soprattutto una risposta ai professionisti e agli investitori che hanno subìto il blocco delle autorizzazioni. I contrari, soprattutto urbanisti e comitati ambientalisti, sostengono invece che l’attuale norma sia di fatto un condono, e che avrebbe come conseguenza un’ulteriore cementificazione delle città.

La procura ha accusato Oggioni di avere avuto relazioni e contatti con i parlamentari della maggioranza – non indagati – che hanno scritto il disegno di legge 1987. Maurizio Lupi, uno di questi parlamentari, ha spiegato che i politici devono per forza confrontarsi con associazioni di categoria, esperti e imprenditori per affrontare questioni complesse come l’urbanistica a Milano. «Il testo finale è stato elaborato in totale autonomia», ha detto Lupi.

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Nella nota diffusa mercoledì pomeriggio, quella con cui ha annunciato di non sostenere più il salva-Milano, il comune ha detto di aver introdotto nuove regole per garantire più controlli e più trasparenza nella gestione delle autorizzazioni.



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