“Votateli o non sarete rieletti”. I tagli di tasse di Trump e la sforbiciata da 880 miliardi a Medicaid che scontenta anche i repubblicani


“Se non voterete i tagli alle tasse non verrete mai più rieletti“. L’avvertimento ai democratici è arrivato durante uno dei tanti passaggi infuocati del primo intervento di Donald Trump al Congresso in questo secondo mandato presidenziale. La politica fiscale è il cuore del piano del tycoon per “rendere l’America di nuovo grande”. Obiettivo, rifinanziare e ampliare gli sgravi a favore di aziende e fasce abbienti contenuti nel Tax cuts and jobs act varato nel 2017 – suo principale successo legislativo – molti dei quali altrimenti scadrebbero a fine anno. E farlo riducendo in modo draconiano la spesa pubblica in modo da riequilibrare una bilancia commerciale in forte deficit. Ma l’opposizione a questa parte del piano è forte anche in seno al partito repubblicano che sostiene il tycoon.

Il 25 febbraio la Camera ha approvato la risoluzione di bilancio sui tagli fiscali e la sicurezza alle frontiere, ma il via libera è arrivato con soli 217 voti a favore contro 215 contrari. Un risultato risicato ottenuto dopo una lunga opera di convincimento da parte dello speaker, Mike Johnson, del numero due della Camera Steve Scalise e dello stesso Trump. Le perplessità anche all’interno del Gop sono legate al fatto che la “budget resolution” prevede, a fronte di 4.500 miliardi di dollari di tagli alle tasse, una sforbiciata alle spese federali di 2mila miliardi in dieci anni.

Per arrivarci, al netto del contributo del discusso dipartimento per l’efficienza governativa in cui spadroneggia Elon Musk, il Comitato per l’energia e il commercio viene incaricato di ridurre i costi di almeno 880 miliardi di dollari entro il 2024. È un segreto di pulcinella il fatto che nel mirino ci siano il programma sanitario federale Medicaid e il Medicare riservato a over 65 e persone con disabilità, su cui il comitato ha supervisione e per i quali ha già proposto opzioni di “revisione della spesa”. Secondo il New York Times, senza toccare il Medicaid totalizzare quel risparmio è impossibile perché “la salute è il capitolo in cui ci sono i soldi”. Altri 200 miliardi almeno arriverebbero da tagli al programma Snap, quello che fornisce alle famiglie indigenti buoni alimentari per l’acquisto di cibo.

Un intervento del genere non lascia però indifferenti i membri repubblicani del Congresso eletti in Stati in cui più di metà della popolazione è assistita da Medicaid, reso più generoso dall’amministrazione Obama e ora apprezzato dalla maggior parte degli americani, stando ai sondaggi. Una dozzina di eletti in Minnesota ha scritto a Trump definendo “inimmaginabili” tagli consistenti e il governatore repubblicano del Nevada Joe Lombardo si è rivolto al Congresso per esprimere preoccupazione anticipando “serie conseguenze” nel caso si proceda in quella direzione. Del resto nello Stato di Las Vegas un cittadino su quattro è coperto dal programma. Il presidente ha preso nota: nel discorso di martedì ha affermato contro ogni evidenza che lo “ama e apprezza“. Ma uno dei suoi primi ordini esecutivi ha revocato un ordine di Biden che prevedeva il rafforzamento del programma. E ora sta per arrivare la scure.

In Senato il problema era stato aggirato, il 21 febbraio, accontentandosi di votare (52 a 48) una risoluzione meno ambiziosa da soli 340 miliardi concentrata sulle priorità trumpiane in materia di confini (si parla di espulsione dei migranti irregolari e rafforzamento della sicurezza alle frontiere), difesa e produzione nazionale di energia, che riduce al minimo i tagli e rimanda la questione della politica fiscale ai prossimi mesi. Per consentire alla legislazione cara a Trump di procedere con un voto a maggioranza semplice occorre però che entrambe le Camere approvino lo stesso testo. Saranno i leader dei due rami del Congresso a dover decidere come superare l’impasse.

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