Case popolari, assegnazioni sospese in Lombardia perché il “software è da aggiornare”: scoppia la polemica


MILANO – La certezza è che le assegnazioni delle case popolari in Lombardia sono sospese. La decisione è stata messa nera su bianco nella delibera approvata già lunedì in Giunta regionale, quella relativa proprio al nuovo regolamento degli alloggi pubblici. Via libera e stop nello stesso provvedimento. Quanto alla durata della sospensione, non c’è un’indicazione ufficiale. Dall’assessorato regionale alla Casa assicurano, però, che si è dato mandato agli uffici di lavorare il più celermente possibile per poter ripartire “entro 15 o 20 giorni al massimo”.

Sempre dallo stesso assessorato si sottolinea, poi, che lo stop è stato deciso “a tutela di tutti: Aler, Comuni e, non ultimo, di chi vuole fare domanda di alloggio popolare”. D’altro canto Carmela Rozza, consigliera regionale del Pd, parla di “provvedimento vergognoso”. Rozza contesta, poi, le modalità con le quali il nuovo regolamento intende recepire le indicazioni contenute nella sentenza di primo grado del Tribunale di Milano (quella che ha definito sproporzionato e quindi discriminatorio il punteggio inizialmente riconosciuto sulla base della residenza pregressa in Lombardia) ma anche le modalità con le quali si è deciso di aprire l’edilizia pubblica (per l’esattezza il canone concordato) agli agenti della polizia locale. Infine la questione, già riportata, dell’assegnazione di un alloggio pubblico a chi è sovraindebitato. La legge regionale sulle misure di prevenzione e contrasto al sovraindebitamento è ancora ferma in commissione anche per le frizioni interne alla maggioranza di centrodestra, in particolare tra Lega e FdI, ma con le nuove regole sugli alloggi pubblici si apre alla possibilità da essa prevista. Con ordine, allora.

Al punto tre del provvedimento approvato lunedì, si legge: la Giunta “delibera di inibire nella piattaforma informatica regionale sia la predisposizione di nuovi avvisi sia la presentazione di domande per avvisi in fase di apertura”. Poco prima si spiega che la piattaforma informatica deve essere aggiornata, bisogna inserirvi i nuovi parametri per formulare i punteggi e stilare le graduatorie. Detto altrimenti, lo stop è dovuto al fatto che c’è da recepire più di una modifica – derivante da più di un documento – alla versione iniziale del regolamento, a partire dal parere col quale la nona commissione del Consiglio regionale ha bocciato la norma che consentiva di far domanda di casa popolare anche a chi ne avesse una di proprietà purché fosse lontana almeno 100 chilometri dal Comune nel quale si chiede l’alloggio pubblico e fatto salvo il criterio dell’Isee, per finire con la già citata sentenza del Tribunale di Milano, quella relativa ai punteggi riconosciuti in base alla residenza pregressa in Lombardia, da cambiare perché “sproporzionati” e quindi “discriminatori”. Da qui la necessità di aggiornare la piattaforma informatica. “La sospensione è a tutela di tutti: Aler, Comuni e cittadini perché se no si rischia che graduatorie e domande possano essere contestate e invalidate. Ma durerà al massimo 20 giorni” fanno sapere dall’assessorato.

“Un provvedimento vergognoso e privo di responsabilità, nell’ambito di un regolamento che mistifica l’adesione alla sentenza del Tribunale, ma che paralizza le assegnazioni – commenta Rozza –. Con le nuove norme non hanno risolto il problema della residenza, e hanno reso molto più complicato il lavoro dei Comuni e della gente che fa domanda”. Come riportato, il nuovo regolamento estende agli agenti della polizia locale la possibilità di ottenere alloggi pubblici a canone concordato, possibilità finora prevista per le forze dell’ordine e i militari. La consigliera regionale del Pd rimarca, però, un punto: “Dicono di assegnare le case a tutti, ma nel caso degli agenti della polizia locale prevedono la decadenza per la famiglia qualora l’agente muoia non per cause di servizio. Una presa in giro”. Infine il caso sovraindebitati: “Hanno inserito un passaggio sul sovraindebitamento benché sul tema non sia stata approvata alcuna legge regionale né nazionale – nota Rozza –. Un passaggio senza riferimenti normativi che può autorizzare chiunque, anche chi nella vita ha sperperato patrimoni, a chiedere la casa popolare al fianco di chi invece ha sempre lavorato”.



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