De Cataldo: “Obiettivo della destra è la Costituzione, vogliono limitare i controlli sul governo”


Fosse stato ancora in attività, la settimana scorsa Giancarlo De Cataldo avrebbe scioperato insieme ai colleghi magistrati. «Ho aderito idealmente», dice. Perché anche lo sceneggiatore, scrittore, autore del libro cult Romanzo criminale, in magistratura per quarant’anni, giudica negativamente la riforma della giustizia in discussione in Parlamento: «Ha fatto il miracolo di mettere d’accordo un bravissimo procuratore come Nicola Gratteri e quelli che hanno le mie idee, non proprio identiche». Ed è convinto che all’origine di quel testo di legge ci sia un obiettivo preciso: «Modificare la Costituzione nell’equilibrio dei poteri».

È questo secondo lei il vero scopo della legge?
«È una tendenza non solo italiana e non solo di destra, quella di accentuare il potere di governo rispetto al sistema di controlli che le Costituzioni liberali come la nostra hanno inserito».

Nonostante le smentite della premier, pensa che vogliano aprire la strada al controllo della politica sui pm?
«Ma non perché sono brutti e cattivi. Aderiscono a una corrente di pensiero secondo cui l’attività di governo deve trovare meno ostacoli possibile. Vuol dire interpretare la democrazia in chiave nuova, in senso sostanzialmente autoritario».

Non è cosa da poco. Se è come dice lei verrà minata l’indipendenza dei pm…
«Dal mio punto di vista infatti è un’involuzione. Ma vede, la nostra Costituzione è chiara: il magistrato è una figura che abbraccia chi accusa e chi giudica, e ne viene garantita indipendenza e autonomia. Se il pm non sarà più un magistrato, se non sarà più comandato dalla legge, ci dovrà essere qualcun altro a comandarlo».

La separazione delle carriere avrà almeno effetti sulla velocità dei processi?
«Non sposterà di un grammo l’efficienza della giustizia. Per questo credo che la riforma sia inutile, e anche dannosa, se si parla di intercettazioni. Leggevo di un allarme per il rischio di fake grazie all’intelligenza artificiale: curioso che si limitino le intercettazioni legali quando qualunque smanettone può alterare la realtà a piacimento».

Cosa ne pensa dell’idea di eleggere i membri del Csm per sorteggio?
«Di sorteggio si parla dagli anni Settanta. E rientra in quel quadro ben descritto già quarant’anni fa dal settimanale socialista Mondo Operaio: lo scontro tra i limiti posti dalla Costituzione e chi vuole governare senza forme di controllo. Per dire quanto è antica la discussione».

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Deduco che non sia d’accordo.
«Nella vita contano le abilità, la cultura, il consenso, lo spirito di sacrificio. Il sorteggio azzera tutto questo e lo riduce a un fatto casuale. Chi ci garantisce che dall’urna non esca il peggiore?».

Secondo il governo è un modo per stroncare le degenerazioni correntizie. Che, ammetterà, ci sono state…
«E con il sorteggio non ci saranno correnti, ma come le vogliamo chiamare? Cordate, gruppi? Quando il Csm dovrà scegliere il procuratore di Roma tra due candidati, non si formeranno comunque cordate per uno o per l’altro?».

La destra dice: c’è una magistratura politicizzata. Si sente di dire che non è vero?
«I magistrati hanno, come tutti, idee politiche. Ma, quando si giudica, il discrimine è il rispetto della legge e la cultura della prova. Pensare che i magistrati giudichino in base alle loro idee politiche è primitivo, pre-Costituzionale. E sul tema noto due pesi e due misure».

A cosa si riferisce?
«Quando la destra parla di magistrati politicizzati intende toghe di sinistra, Magistratura democratica. Ma nel governo ci sono ex magistrati di destra: io non ho mai contestato il loro essere di destra prima né il loro fare politica oggi. Perché è legittimo per chi è di destra quello che, se fatto a sinistra, reputano vergognoso?».

Nell’incontro di mercoledì a Palazzo Chigi, alla richiesta di rispetto dei magistrati, la premier ha risposto che anche la politica si sente attaccata…
«La politica si sta ancora leccando le ferite da Tangentopoli. Lì è partito il cortocircuito, quando la politica ha capito che con questo impianto normativo un’intera classe politica poteva essere messa sotto processo».

Dopo la condanna di primo grado, il sottosegretario Delmastro ha attaccato i giudici politicizzati: che effetto le ha fatto?
«I magistrati sono un bersaglio interposto. Sono scaramucce che nascondono il vero terreno di battaglia, il cambio della Costituzione».

Secondo lei Delmastro e la ministra Santanché, rinviata a giudizio, dovrebbero dimettersi?
«È come sulla sicurezza: quando sei all’opposizione critichi il Paese, e quando sei al governo va tutto bene. E così per le indagini: se sei all’opposizione chiedi le dimissioni di chiunque, se sei al governo è colpa della magistratura politicizzata. Penso che la decisione riguardi loro e i loro elettori».

La riforma alla fine passerà?
«Non ho dubbi, perché è consustanziale all’ideologia che sorregge l’attività di questo governo».

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Poi però ci sarà il referendum…
«E mi fa sorridere che da destra qualcuno abbia detto: “i magistrati già si preparano”, come fosse una cosa sconveniente. Mi sembra una di quelle mancanze di rispetto di cui ha parlato il presidente dell’Anm Parodi alla premier. Deciderà la volontà popolare».

Come spiegherete una battaglia che ai cittadini rischia di apparire corporativa e molto tecnica?
«È un’impresa difficile, anche perché a nessuno piace essere giudicato. La legge incarna un comando oggettivo e terrificante. Ma penso abbia ragione Gianrico Carofiglio, quando dice che dovremmo spiegarla come a un bambino di 8 anni».

Ci provi.
«Un bullo entra in una classe e prende a schiaffi un bambino. Il bambino va dal maestro e si lamenta. E il maestro risponde: aspetta, devo chiedere al preside se posso fare qualcosa. Questo esempio si avvicina alla giustizia che stanno costruendo. In cui c’è un filtro che dice: questo si persegue, questo si lascia andare».



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