Fulvio Abbate asfalta Il Gattopardo di Netflix: “Kim Rossi Stuart? Sembra un assessore provinciale”. Deva Cassel? “Da spot di moda”. E sul sogno di Eleonora Giorgi in stile Inganno e la Sicilia da cartolina… – MOW


Concetta che si invaghisce di Tancredi, interpretato da Saul Nanni. 

Saul Nanni più che da Tancredi Falconeri ha semmai la faccia di chi potrebbe benissimo fare parte de Le Iene, sembra proprio uno di loro, te lo immagini in blazer nero Armani. Ma dobbiamo tenere presente che il nuovo pubblico potrebbe ignorare il precedente di Alain Delon. Dunque molte ragazze, guardandolo, probabilmente diranno: ci uscirei. Poi bisogna dire una cosa. 

Cosa?

C’è un dettaglio curioso che riguarda il personaggio di Tancredi: ha ancora, anche nella puntata numero tre della serie, quella fascia nera. Nel film di Visconti, invece, c’erano caratterizzazioni molto marcate. Pensa a Paolo Stoppa nei panni di Don Calogero Sedara: era goffo e caricaturale. Qui l’attore—Francesco Colella—è diverso. Non lo conosco bene, ma il suo tratto plebeo è più marcato, mentre nel romanzo questa sfumatura non era così evidente. È interessante anche la scena in cui la piccola Angelica viene istruita sull’eleganza con il classico esercizio del libro sulla testa. Nel romanzo questo mi pare non ci sia. Inoltre, la madre che nel libro è descritta come molto bella ma inguardabile, qui appare per pochi istanti… ed è comunque resa in modo più sensuale. A ben vedere, tutti i personaggi sono stati sessualizzati, evidentemente per esigenze sempre di tipo spettacolari.

Parliamo ora di Deva Cassel che interpreta Angelica, ruolo che appartiene storicamente a Claudia Cardinale nel film di Visconti. Due bellezze molto diverse.

La sua presenza scenica di Deva Cassel è del tutto mignon rispetto alla sontuosità sia somatica sia espressiva di Claudia Cardinale. Non possiede nulla dell’eros siciliano che sprigionava Claudia, padre di Isola delle Femmine e madre trapanese, sebbene nata a La Goulette, in Tunisia. Diciamo che Deva Cassel sembra sempre sul punto di dire J’adore! come in una pubblicità glamour di profumi. Ecco, ha la presenza di una modella. Non possiede i tratti sinfonici che aveva la Cardinale. In più è un po’ monocorde, un po’ inespressiva e mi fermo qui perché potrei essere anche molto più polemico per questa scelta. Ma qui prevalgono ovviamente logiche di produzione. 

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Ma qual è, se c’è, il personaggio che più si avvicina al film di Visconti?

Incredibilmente quello di Padre Pirrone. L’attore Paolo Calabresi che lo interpreta riesce a restituire qualcosa di molto vicino a Romolo Valli. Se lo ricordi quando si vestiva da cardinale impostore, capirai cosa intendo. In questo caso, la vera somiglianza è affidata interamente al trucco: le basette, la barba, ogni dettaglio è studiato per ricreare l’aspetto dei personaggi. Anche a livello scenografico, i luoghi sono riconoscibili. Ho visto girare il film personalmente due anni fa: il centro storico di Palermo, cominciando dai Quattro Canti, era stato trasformato in un set. Tutto questo contribuisce a rafforzare l’immagine eterna della Sicilia come regno dei Gattopardi.

Ma è una Sicilia realistica quella della serie Netflix o assomiglia più a una cartolina?

Ti rispondo con un aneddoto. Uno dei registi della serie l’ho anche conosciuto di persona. Ero a Palermo, stavo osservando le riprese quando mi ha avvicinato una vecchia amica: “Fulvio, che ci fai qui? Vieni, ti porto dentro”. Così mi ha condotto all’interno del palazzo da cui si affacciano i personaggi nella scena della fucilazione e mi ha presentato uno dei registi, un americano credo. Una persona molto ironica anche su ciò che stava realizzando. Il suo approccio era chiaro: una regia di servizio, niente a che vedere con la ricostruzione minuziosa di Visconti. Non ci sono né le citazioni pittoriche Impressioniste, i paesaggi della campagna francese di Monet trasferiti a Donnafugata, o l’altra citazione prevedibile, cioè La visita di Silvestro Lega, restano le ragazze con l’ombrellino: tutto è appena accennato.

Quindi si tratta di una cartolina?

La risposta è quasi scontata: sì, è una cartolina. Non potrebbe essere altrimenti, perché è un prodotto pensato per un pubblico globale. D’altronde, occorre considerare la tipologia di spettatore a cui è destinato: anche chi vive in Groenlandia, magari in attesa che Trump decida di comprarla, guarderà questo film e penserà: “Dovremmo andare in Sicilia!”. Immaginando una Sicilia immutabile nel tempo, fatta di Gattopardi, scirocco e vestigia storiche. È la stessa immagine da cartolina che circonda la granita siciliana: suggestiva, iconica, ma inevitabilmente semplificata.





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