La Bce procede con i tagli: i tassi al 2,50%




ANSA

La Bce come atteso ha tagliato ieri i tassi di interesse di un altro quarto di punto. Il tasso sui depositi, considerato ormai quello di riferimento, passa da 2,75% a 2,50%. A differenza della dichiarazione di gennaio, la politica monetaria non è più descritta come «restrittiva», ma come «significativamente meno restrittiva». Secondo gli addetti ai lavori, è il segnale che il ciclo di tagli dei tassi si sta avvicinando al traguardo.

Le prossime mosse di Francoforte sono però tutt’altro che scontate, tanto è vero che la decisione è arrivata con un’astensione, quella del “falco” austriaco Robert Holzmann. Molto dipenderà dagli attuali fattori di incertezza che potrebbero influenzare l’outlook economico e di conseguenza le politiche della banca centrale: fra questi i dazi, la situazione in Ucraina e da ultimo, ma solo in ordine di tempo, i maxi piani di stimolo messi sul tavolo dalla Germania, la maggiore economia della zona euro, come il pacchetto da 500 miliardi per rilanciare le infrastrutture, e il “bazooka” da 800 miliardi per il riarmo europeo. Al momento la Bce appare preoccupata soprattutto per il possibile impatto di potenziali guerre commerciali. Secondo quanto è emerso al termine della riunione, la Banca centrale europea si aspetta una frenata dell’economia, mentre per contro le stime sull’inflazione sono state alzate. Le previsioni dello staff Bce, diffuse con cadenza trimestrale, hanno tagliato la stima sul Pil 2025 a 0,9% da 1,1% indicato a dicembre; e quella sul 2026 all’1,2% da 1,4%, mentre resta invariata la previsione di un crescita del +1,3% per i Paesi della moneta unica nel 2027. In proposito l’Eurotower, seppure fra le righe, non ha esitato a citare un possibile impatto dei dazi. «L’economia fronteggia perduranti difficoltà e i nostri esperti hanno nuovamente corretto al ribasso le proiezioni di crescita – si legge nel comunicato del Consiglio direttivo –. Le revisioni al ribasso per il 2025 e il 2026 riflettono la diminuzione delle esportazioni e la continua debolezza degli investimenti, in parte a seguito dell’elevata incertezza sulle politiche commerciali e su quelle economiche più in generale. L’aumento dei redditi reali e il graduale venir meno degli effetti dei rialzi passati dei tassi di interesse restano le principali determinanti alla base dell’atteso incremento della domanda nel corso del tempo».

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La presidente Christine Lagarde in conferenza stampa ha ammesso che «un aumento nella spesa per la difesa e per le infrastrutture può far salire la crescita». Tuttavia «i rischi per la crescita economica restano orientati verso il basso», ha detto la banchiera centrale, sottolineando in particolare come maggiori frizioni nel commercio internazionale potrebbero pesare sulla crescita, frenando le esportazioni. Quanto all’inflazione, lo staff Bce ha alzato la previsione sui prezzi al consumo nel 2025 a +2,3% da +2,1% stimato a dicembre. L’inflazione al netto della componente energetica e alimentare è invece attesa al 2,2% da 2,3%, dunque in leggero rallentamento. Lagarde prevede che il tasso di inflazione raggiungerà l’obiettivo del 2% all’inizio del 2026. In ogni caso l’approccio della Bce resta «dipendente dai dati» e le decisioni saranno prese riunione per riunione.

Quanto a una possibile pausa ad aprile nei tagli dei tassi, Francoforte «non si impegna su alcun percorso» predeterminato, e le sue decisioni dipenderanno dai dati economici, una posizione che «abbiamo espresso in passato ma che vale ancora di più adesso», data l’elevata incertezza, ha detto la numero uno dell’Eurotower. «Se i dati ci diranno che non è il momento di tagliare, non taglieremo i tassi e faremo una pausa».

Fra i primi commenti a caldo degli analisti, Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte, spiega che «ad oggi, l’ipotesi base è che la Bce porterà il tasso sui depositi dall’attuale 2,5% al 2% entro la prossima estate. Per la riunione di aprile, la pausa è vista come altamente probabile, sia per verificare l’impatto dei piani di spesa annunciati principalmente dalla Germania, che per valutare l’esito della minaccia di dazi Usa sulle importazioni di automobili e, verosimilmente, di altri beni dall’Europa, a partire dal 2 aprile». Secondo Salman Ahmed, capo strategist di Fidelity International, al meeting di aprile si prospetta «una decisione 50/50 che dipenderà in larga misura dai dati in arrivo e dal fatto che gli annunci sui dazi previsti per il 2 aprile dal presidente Trump includano misure significative mirate all’Europa». L’impatto dello stimolo fiscale annunciato di recente «è più sfumato» ed è «improbabile un impulso positivo significativo prima del 2026».

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