Trump ha parlato al Congresso per un’ora e mezza, ripetendo per filo e per segno tutti i punti della sua politica interna e internazionale. E quando il deputato democratico Al Green ha pensato di disturbare il suo discorso con grida e agitando un bastione in aria, il Chairman repubblicano del Congresso Johnson si è rivolto a una figura che nel nostro Parlamento non esiste e che si chiama “Sergente delle armi” (che non è come un nostro commesso perché ha il potere di arresto in Aula), e gli ha ordinato di buttare il disturbatore fuori mettendogli le mani addosso.
Il sorriso beffardo e la voglia di vincere
L’opposizione dem ha fatto poco e male il suo mestiere, perché allo stato attuale un Partito democratico non esiste: manca un leader e non sembra avere la più pallida idea di una politica che possa fare l’opposizione al 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America, l’uomo più potente e importante dell’universo, arbitro e Commander in Chief, anche capriccioso, del destino di tutti i paesi del mondo. Ha ripetuto di vedere la Groenlandia e il Canale di Panama, e di tenere sotto pressione Canada e Messico con le tariffe doganali: “Questi e altri paesi rispondono con indignata reciprocità aumentando i dazi sulle merci americane? Va benissimo così – dice Trump – Vedremo alla fine chi vince”. Trump – come è nel suo stile – ha sempre mantenuto un atteggiamento di sfida, un sorriso beffardo e la voglia di vincere, che è un’emozione molto contaminante e che gli procura forti consensi.
Quanto all’Ucraina, con aria benigna ha detto di apprezzare la resa incondizionata e totale del presidente Volodymyr Zelensky, che dopo la scenata (anzi, la cacciata) dello Studio Ovale del 28 febbraio ha fatto, pover’uomo, l’unica cosa possibile: si è cosparso la testa di cenere e ha inviato una supplica al presidente americano, dicendogli di essere pronto a tornare al tavolo dei negoziati per arrivare a una pace più vicina. Trump ha incassato l’effetto dell’umiliazione inflitta al capo della nazione invasa dalla Russia, con la quale il presidente Usa è in rapporti magnifici. Il discorso è stato trionfale e molto ben costruito, ma bisogna dire che la strada di Trump nel suo stesso paese non è affatto spianata come sembra.
Diritto storico di ogni neonato americano
Tanto per cominciare, quasi tutti gli “ordini esecutivi” che ha emesso a raffica sono stati impugnati dalle varie magistrature americane e resi inefficaci, a cominciare da quello del diritto storico di ogni neonato americano ad avere il passaporto americano. Ieri un’inattesa batosta extraparlamentare è arrivata da un organo in genere vicino a Trump, e cioè dalla Corte Suprema, che bloccato la sistematica distruzione (di cui si occupa Elon Musk) dell’agenzia “USAid”, che storicamente eroga fondi americani all’estero per motivi umanitari o culturali. Musk e Trump hanno sempre descritto quell’agenzia come una greppia, in cui dipendenti e parassiti si dividono il bottino del denaro federale.
La prima crociata trumpiana
Così, quella dell’USAid è diventata la prima crociata trumpiana, con un certo sentore di caccia alle streghe. Musk, con il suo incarico governativo di tagliatore di teste e di sprechi, ha aperto dei vuoti nell’agenzia e adesso la Corte Suprema ha fermato lo scempio mettendo un limite. Ma anche se la vita e le regole democratiche degli Stati Uniti non soffrono dell’iperattivismo trumpiano, non si vede alcuna reazione popolare contro la politica del presidente, e il suo discorso sullo Stato dell’Unione è stato seguito da tutti con grande attenzione, anche se con zone di pura disperazione. Ha ordinato l’incremento della produzione industriale, ha confermato l’applicazione delle nuove tariffe ma ha diplomaticamente ritardato quelle destinate a Messico e Canada. “America is back”, l’America è tornata, è stato lo slogan che ha provocato i più deliranti applausi, che ha commentato così: “Mentre ricevo questi segni di approvazione guardo i banchi dell’opposizione e vedo soltanto i penosi resti della catastrofe economica e dell’incubo dell’inflazione”.
Quindi, con impostazione modulata, ha detto: “E quanto ai paesi che vogliono terrorizzarci, noi terrorizzeremo loro”. A queste parole la platea dei delegati si è alzata in una standing ovation, e l’entusiasmo è cresciuto quando Trump ha rivendicato il fatto di aver messo al bando la politica delle molte identità sessuali all’interno dell’amministrazione pubblica e che aveva dato ordine di mettere fuori dai ranghi (sia i civili che militari) tutti coloro che dichiarano una sessualità vaga o ambigua. Due i nemici interni: gli immigrati illegali e “wokeness”, il mondo del politicamente corretto e del sessualmente vago. Ha detto di aver fatto più lui in 43 giorni di quanto abbiano fatto le amministrazioni democratiche in 4 o 8 anni, e che siamo solo all’inizio per avere davvero l’America di nuovo grande, il brand MAGA.
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