«Matrimonio? Reggo meglio la pressione in campo. Vogliamo una famiglia, l’Umbria una scelta di vita»


«Sono appena tornato sull’isola». Il “pronto” di Alessandro Cappelletti catapulta nel suo mondo, diviso tra i suoi due amori: la pallacanestro e Myriam Sylla. A separarli c’è il Mar Mediterraneo. Quando risponde al telefono è appena tornato in Sardegna, dove da 2 anni è il playmaker della Dinamo Sassari in Serie A. Lo spoletino dopo il match perso in casa della Reggiana, ha sfruttato il giorno libero per fermarsi a Monza a casa della schiacciatrice della Vero Volley Milano con cui si sono conosciuti nel 2021.

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L’amore con Myriam

Cosa ricorda dell’incontro con Myriam?

«Ero a Udine, dove ho vinto l’Mvp di Serie A2. Con dei compagni andammo in discoteca e casualmente la incontrai con le altre giocatrici di Conegliano».

Fu amore a prima vista?

«Non ci fu una scintilla ma una consapevolezza arrivata con il tempo.

Ci vedevamo una volta a settimana perché le sue compagne avevano dei fidanzati a Udine. Mi sono accorto che non potevo farmela scappare».

Le è mai pesato essere considerato “il ragazzo di Myriam Sylla”?

«So che con altre ragazze sarebbe successo l’opposto. Credevo avrebbe potuto pesarmi ma non è mai stato così perché sono il suo primo tifoso».

L’oro alle Olimpiadi

Vi siete appassionati allo sport dell’altro?

«Ci supportiamo molto. Quando c’è possibilità di andare a vedere l’altro giocare, prendiamo subito un volo. Facciamo di tutto anche per stare insieme poche ore».

La pazzia più grande che ha fatto per amore?

«La finale olimpica di quest’estate. Ho chiesto il permesso alla società e sono partito da Sassari presto, ho fatto da Olbia a Parigi e sono arrivato al palazzetto per l’inno. Mi sono goduto la partita e la vittoria, poi nella stessa giornata sono tornato in Sardegna. Mio fratello Carlo si è fatto il viaggio con me, era diventato un amuleto e Myriam lo ha voluto a tutti i costi».

Ha mai messo Myriam davanti al canestro?

«Se la cava bene anche là ma tra beach e basket con me perde sempre».

Sanremo e lo spettacolo

L’esperienza di Sanremo come è andata?

«Più stancante di una partita. Ho accompagnato Myriam che era stata invitata da Cattelan al DopoFestival e abbiamo fatto alcune interviste di coppia. I ritmi sono allucinanti tra truccatrici, stilisti, fotografi e videomaker».

Myriam vorrebbe lavorare nello spettacolo, anche lei?

«Ha una personalità forte e un’intelligenza elevata, oltre a essere un personaggio pubblico. Io mi vedo sempre nel mondo del basket. Ma una porta extra la lascerò sempre aperta».

Ha conosciuto anche Cattelan?

«Sì, è una persona molto carina e disponibile. Ha chiamato Myriam per il DopoFestival dopo averla conosciuta nel suo podcast. Lei non ci ha pensato un attimo. Con me abbiamo parlato anche di basket dato che è di Tortona, la città del Derthona che gioca in Serie A».

Il basket

A Sassari il 2025 non è cominciato bene, come mai?

«Stiamo cercando di recuperare vari giocatori dagli infortuni. A inizio stagione gli obiettivi erano più alti ma abbiamo comunque la forza e il talento per uscire da questo momento negativo. In questo momento dobbiamo guardarci dalle squadre che abbiamo dietro e salvarci il prima possibile».

Come giudica la sua stagione?

«In un momento negativo non è bello parlare usando l'”io” al posto del “noi”. Dal primo giorno che sono arrivato a Sassari ho sempre dato il 100%. Non sempre riesco a giocare come vorrei ma credo che il mio apporto ci sia ogni domenica».

Ha saputo ripartire anche dopo tre brutti infortuni, la tenacia è la sua caratteristica principale?

«Dal punto di vista mentale è una delle mie armi migliori. Gli infortuni mi hanno temprati molto e mi hanno portato a convivere con problematiche importanti. La famiglia mi ha sempre aiutato».

Sulla schiena ha il numero zero, è una scelta importante?

«Avevo il nove che era il numero di mio padre. Dopo anni abbastanza tosti e una finale promozione persa a Torino in maniera abbastanza rocambolesca, sono voluto ripartire. Mi chiamo l’Udinese e gli chiesi se era libero lo zero che per me rappresentava la rinascita».

Si sente il cestista umbro più forte di sempre?

«Non ci ho mai pensato e la mia conoscenza storica si ferma agli anni ’60-’70. Dall’Umbria non sono emersi tanti grandi giocatori ma Spoleto è stata una città importante. Da là vengono Roberto Brunamonti e Domenico Zampolini».

È arrivato in Serie A anche Federico Zampini.

«Sono molto contento che mi abbia raggiunto. Ha fatto un percorso simile al mio, condizionato dagli infortuni. Mi ha chiamato un paio di volte per avere consigli su operazioni e altre questioni di campo».

L’Umbria come scelta di vita

Avete scelto di vivere a Spoleto, quanto ci ha dovuto parlare per convincerla?

«Tutto è venuto naturale. Lei è innamorata dell’Umbria, dice che è bellissima dal punto di vista storico ed è perfetta per rilassarsi quando si spengono i riflettori. La nostra casa è quasi pronta, quest’estate ce la godremo».

Per lei cosa rappresenta questa città?

«Il mio punto di partenza, dove sono cresciuto e dove ho preso per la prima volta una palla in mano. A quindici anni sono dovuto partire ma qua ho ancora la mia famiglia e i miei amici».

Il futuro insieme

La sua fidanzata a Verissimo ha parlato di famiglia e matrimonio. Come ha risposto?

«Reggo la pressione peggio in questi ambiti che in campo. Ora siamo felici, vogliamo diventare genitori ma è prematuro parlare di figli. Il resto si deciderà»

Come si è integrata con la sua famiglia?

«Benissimo, la sera è sempre in videochiamata con mia madre. I miei genitori sentono quasi più lei che me».

I fratelli

Suo fratello Carlo sta seguendo le sue orme?

«Sono molto contento che sta dimostrando il suo valore. Ha preso la squadra in mano a Salerno da play maker titolare. Nell’ultima partita con Roseto, che non aveva mai perso in casa, ha segnato 13 punti ed è stato protagonista di una grande partita».

Che fratello è?

«Cestisticamente sono un sergente buono. Parliamo molto di basket e cerco di dargli molti consigli. Ma nella vita di tutti i giorni sono un fratellone, in famiglia abbiamo un rapporto profondo. L’ho desiderato più di ogni altra cosa al mondo e ora me lo godo. Ma non dimentichiamo di mia sorella».

Di lei si parla poco, ce la presente?

«Si chiama Claudia, si sta diplomando e compie 19 anni a luglio. Anche lei due anni fa ha iniziato a giocare a pallacanestro. Fa un po’ da collante tra di noi. È molto in gamba, è cresciuta di fatto abbastanza da sola. Siamo partiti presto da casa, lei si è sentita quasi figlia unica».

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