«Fittasi solo a studentesse» ma la casa è inaccessibile


«Affittasi stanza singola a STUDENTESSA O GIOVANE LAVORATRICE in piccolo appartamento» recita un annuncio in un gruppo Facebook. «Solo a donne lavoratrici/studentesse referenziate, molto pulite e ordinate» si legge in un alto. Il mercato immobiliare ama le donne, ma solo se giovani, pulite e ordinate. Nei gruppi online di ricerca e offerta di stanze e appartamenti, un miraggio per sempre più persone, la discriminazione da parte dei proprietari nei confronti dei ragazzi, studenti o lavoratori che siano, è evidente. I maschi fanno casino, sporcano, sono esuberanti e vivaci, a volte sono addirittura ribelli. Le ragazze invece sono docili, educate e sommesse, non danno problemi, sono le inquiline ideali. Il mondo dei piccoli proprietari di case è lo specchio dei più retrivi pregiudizi di genere che l’Italia non riesce a scrollarsi di dosso – ma del resto le politiche proprietarie hanno una chiara origine conservatrice.

LA PREDILEZIONE del mercato immobiliare per le donne dura però appena un paio di anni, il tempo di laurearsi. Le ragazze vanno bene finché l’affitto lo pagano i genitori, spremuti da proprietari che speculano sul loro investimento nel futuro dei figli. Quando poi le donne si affacciano sul mercato del lavoro e iniziano una vita autonoma, trovare una stanza per sé diventa impossibile. La transizione verso una condizione di totale indipendenza è bloccata dal mercato immobiliare. Trovare un intero appartamento, poi, è fuori discussione: la convivenza è d’obbligo. Un recente report del think tank Tortuga ha stimato che, con l’eccezione di Torino, le grandi città italiane sono del tutto inaccessibili per le famiglie monoreddito che vogliano acquistare una casa e che dispongano dell’anticipo necessario per ottenere un mutuo. Nei casi migliori, secondo il report, le grandi città sono al limite dell’accessibilità per le famiglie con due redditi. «Le aree centrali delle città risultano quasi sempre fortemente inaccessibili per la famiglia media, e molto spesso i quartieri più accessibili risultano mal collegati col centro e col resto della città».

DUNQUE UNA DONNA che voglia abitare da sola può tentare di farlo soltanto segregandosi in un’area periferica della città, difficilmente raggiungibile e si presume poco piacevole da attraversare a piedi da sola magari di notte. Come noto, l’impossibilità di raggiungere una piena autonomia abitativa delle donne è tra i principali motivi per cui restano intrappolate in relazioni violente. Il tasso di occupazione femminile è inferiore a quello maschile, con un divario del 18%, e l’instabilità occupazionale è maggiore, con il 64,4% di lavoratrici con un contratto a tempo parziale e il 15,6% di part-time involontario, secondo l’Inps. Le donne, inoltre, guadagnano in media il 20% in meno degli uomini. Questo divario salariale si traduce in una maggiore difficoltà delle donne di ottenere credito bancario, influenzando la loro capacità di accedere a mutui e affitti a lungo termine. Un’analisi della Federazione autonoma bancari italiani (Fabi) sui finanziamenti suddivisi per genere mostra significative discrepanze: su 4,7 milioni di prestiti analizzati, 1,9 milioni sono intestati a uomini, 1,1 milioni a donne e 2 milioni sono cointestati. L’erogazione di prestiti è insomma sbilanciata a favore degli uomini e le donne tendono a cointestare i contratti, un dato che indica una minore autonomia finanziaria. In parte questo è dovuto al fatto che la popolazione femminile è meno ricca: ha minori dotazioni patrimoniali, come case di proprietà, per fornire le garanzie bancarie.

UNO STUDIO della Banca d’Italia sulle differenze tra uomini e donne nella distribuzione della ricchezza, pubblicato nel 2018, ha stimato un divario molto consistente: la ricchezza posseduta dagli uomini supera quella delle donne di circa il 10% se si considerano gli individui più giovani, e di circa il 40% per gli individui più anziani. Quando le donne fanno figli sono letteralmente ripudiate dal mercato immobiliare. Trovare una casa in affitto è difficile anche in coppia; per una madre sola è impossibile, reddito a parte. I proprietari privati non affittano a donne e famiglie con bambini piccoli perché nel caso di morosità (il cui rischio sale a causa dell’aumento dei costi abitativi) l’esecuzione di uno sfratto potrebbe essere problematico. Del resto, oltre a pochi posti in centri antiviolenza e case rifugio, non esistono soluzioni alternative alla strada per una donna con figli in difficoltà. Intanto l’onerosità di servizi come nidi e asili per i figli spingono troppe donne a restare a casa rinunciando all’indipendenza economica.

LA CASA insomma svolge un ruolo assolutamente centrale nel processo di accumulazione nel tempo degli svantaggi di genere. Le donne sono soggette a una varietà di forme di violenza entro un sistema sempre più esclusivo in cui ormai quasi tutti sono diventati ‘soggetti fragili’. È evidente che il problema non sono le persone, ma un sistema abitativo a misura di pochi maschi bianchi anziani multiproprietari di case.



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