Ho dovuto rileggere due o tre volte le agenzie sulla legge sul suicidio assistito che sta scrivendo il comitato ristretto al Senato.
Ci sarebbe molto da dire anche su questa ristrettezza del comitato, sui tempi e sull’incapacità del legislatore di copiare due sentenze della Corte costituzionale, la 242 del 2019 e la 135 del 2024.
Ma forse il comitato si è superato – o meglio ha confermato le aspettative più basse.
La prima meraviglia si trova già nei titoli. Fine vita: relatore, ok paletti Consulta e obbligo cure palliative. È lo schema di ddl proposto dal Comitato ristretto al Senato e Fine vita: relatore, paletti Consulta e obbligo cure palliative (2). Ecco il testo dello schema di legge, in due articoli (Ansa, 5 marzo 2025).
Obbligo di cure palliative? Le cure palliative sono una risorsa importantissima, così come la legge 38 che nel 2010 ne ha normato l’accesso insieme alla terapia del dolore. Dovrebbero essere garantite a tutti e dovrebbero essere conosciute nella loro attenzione alla persona e alla qualità della sua vita.
Però c’è un problema: non possono essere un obbligo, come nessun trattamento sanitario (o di altra natura) può esserlo. A parte alcune condizioni speciali, io posso scegliere se curarmi o non curarmi, se fare un esame oppure no. Non lo dico io, lo dice la Costituzione, in particolare l’articolo 32.
A leggerlo bene, quell’articolo, dovremmo smettere di blaterare di inviolabilità della vita.
Se una scelta diventa un obbligo, c’è qualcosa che non va. È semplice. Eppure questi difensori di chissà cosa ci tengono moltissimo a richiamare il diritto alla vita indisponibile. E chi può disporre della mia vita? Dio, Alfredo Bazoli, il comitato ristretto? Se lo decido io, va bene che sia anche il primo che passa. Ma nessuno può obbligarmi a rinunciare alla mia libertà.
Ogni volta c’è questo gioco: il diritto alla vita che diventa un dovere, un dono di cui non possiamo disfarci in nessuna circostanza.
E c’è questo osceno ricatto che se proprio vuoi ammazzarti, devi prima essere passato per quello che qualcun altro ha deciso per te.
Mi pare anche che il comitato non sia stato capace di copiare i requisiti stabiliti dalla sentenza 242 perché invece di una “e” c’è una “o” e quindi può chiedere di accedere al suicidio assistito “una persona maggiorenne affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che reputa intollerabili”. Da questa trappola è più facile fuggire, perché sarebbe impossibile dimostrare che non provo dolore fisico – così come ovviamente non è possibile smentire il mio dolore psicologico. Ma questa svista, o questa intenzionale modifica, odora di paternalismo feroce.
Sono mesi che si ripetono le stesse sciocchezze. L’unica cosa che possiamo augurarci è che questa legge cambierà e che le agenzie abbiano ripetuto in modo approssimativo.
Se la legge mantenesse questa impostazione nascerebbe incostituzionale. Sarebbe una legge inutile, anzi dannosa.
Abbiamo già il diritto di chiedere la verifica dei requisiti per accedere al suicidio assistito. Non è più reato agevolare “l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente” (è la sentenza 242).
La sentenza 135 ha poi allargato i confini di quel trattamento vitale, la cui interpretazione restrittiva sarebbe ingiusta e discriminatoria. Perché dovrei avere un diritto con un respiratore e invece no senza un qualche macchinario?
Che poi in questa ultima sentenza si ricorda anche che “il paziente ha il diritto fondamentale di rifiutare ogni trattamento sanitario praticato sul proprio corpo, indipendentemente dal suo grado di complessità tecnica e di invasività”.
L’unica cosa che una buona legge dovrebbe fare è stabilire i tempi entro i quali rispondere alle persone che chiedono la verifica dei requisiti.
Una modesta proposta al comitato: leggetevi la Costituzione e le due sentenze. O almeno fatevi fare un riassunto.
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