Mercoledì delle Ceneri | Arcidiocesi di Sassari


Mercoledì 5 marzo, nella parrocchia di San Paolo, a Sassari, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto la Concelebrazione Eucaristica interparrocchiale con la benedizione e l’imposizione delle Ceneri, cui hanno preso parte i parroci e i sacerdoti delle parrocchie coinvolte nella Vista pastorale, unitamente ai fedeli delle rispettive parrocchie. Alla celebrazione hanno partecipato anche gli officiali di Curia e i responsabili degli Uffici e Servizi diocesani con le loro équipe

Si riportano di seguito alcuni temi dell’omelia dell’Arcivescovo:

«Siamo chiamati ad aprire il nostro cuore al Signore, che ci rivolge l’invito a rendere il nostro cuore disponibile all’ascolto:“Oggi non indurite il vostro cuore…” (Sal 94,8).

L’oggi che stiamo vivendo ci pone davanti al cammino quaresimale: è un oggi ben situato, ben collocato nella vita concreta. In modo speciale, la Visita pastorale, che questa sera vede riunite le parrocchie di Cristo Redentore, San Paolo, San Giovanni Bosco e San Vincenzo de’ Paoli, e gli officiali di Curia e i responsabili degli Uffici diocesani con le rispettive équipe.

Dobbiamo porre in rilievo che questa sera viviamo una celebrazione che abitualmente vede il Vescovo presiedere nella Chiesa Cattedrale, la Chiesa Madre, segno dell’unità della famiglia diocesana. Questo movimento del Vescovo verso un contesto particolare di parrocchie desidera porre in rilievo che tra le diverse realtà pastorali non vi è distinzione di appartenenza: l’unica appartenenza è quella alla famiglia dei figli di Dio, l’appartenenza alla Chiesa. Con questa Eucaristia iniziamo con gioia un cammino di Chiesa, il cammino del popolo di Dio convocato per intraprendere con gioia il cammino quaresimale. Anche noi accogliamo l’invito che, nel Vangelo di Matteo, Gesù rivolge ai suoi discepoli invitandoli a entrare nel segreto del proprio cuore, nell’intimità e nell’interiorità della propria esistenza (cf. Mt 6,1-6.16-18).

Anche noi, dunque, viviamo un appuntamento di famiglia, diChiesa-famiglia, ascoltando l’invito alla conversione, alla purificazione della nostra fede, a non praticare una vita religiosa orientata ad avere i suoi riconoscimenti dagli uomini, per una semplice ammirazione, per un semplice ruolo pubblico, ma per entrare in un’autentica relazione d’amore con il Padre. Siamo chiamati a purificarci dall’ipocrisia religiosa. È la costantetentazione di ridurre la fede a un mero decoro esteriore, piuttosto che ad un’esperienza di incontro con Cristo che coinvolge la nostra vita. Questa sera il Signore ci invita a coinvolgerci nel cammino con Lui, a camminare insieme a Lui in una rinnovata relazione d’amore.

L’evangelista Matteo pone in rilievo, sia nel rapporto con Dio sia in quello con i fratelli, quale sia il vero amore e quale, invece, un amore lontano da Dio. L’amore verso il Padre è pieno e totale, non cerca la lode degli uomini, ma è orientato solo a Lui. Gesù è sempre rivolto al Padre e invita anche noi, suoi discepoli, a fare lo stesso: a orientarci verso «il Padre vostro che è nei Cieli» (Mt 23,9).

Nella preghiera che Gesù consegna ai suoi discepoli, quando gli chiedono: “Maestro, insegnaci a pregare” (Lc 11,1), richiama il cammino di un discepolo orientato al Padre e ai fratelli. Ciò che conta non è l’esteriorità dei segni, ma l’interiorità del legame con Lui. È quella che nella tradizione israelitica si chiamerebbe “circoncisione del cuore”. Per questo l’evangelista Matteo pone ben in evidenza che nel gesto d’amore verso il prossimo, come l’elemosina, non conta il suono della tromba, la manifestazione plateale dell’atto, ma la gratuità dell’amore. È la via della piena manifestazione dell’amore ricevuto dal Padre che si riversa anche gli uni nei confronti degli altri.

Nella tradizione rabbinica e israelitica, l’elemosina aveva una rilevanza importante, perché riconduceva al comandamento essenziale: “Ama Dio con tutto il tuo cuore e il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,37). L’esempio che viene portato, dunque, non è secondario: richiama un elemento centrale della sequel:, che è quello dell’amore verso Dio e il prossimo.

L’evangelista propone diversi esempi di azioni religiose, tutti incentrati sulla ricompensa umana. Ma Dio ci chiama a un amore gratuito, come quello che il Padre Celeste ha manifestato nel dono del Figlio. Il Verbo di Dio si è fatto carne e si è donato gratuitamente a noi. Il cammino quaresimale ci apre ad una rieducazione religiosa, una rieducazione dove tutto l’essenziale sta in questa nuova relazione, da questa relazione nasce anche un nuovo stile di vita cristiana.

Questa pedagogia di Gesù può aiutarci anche nel cammino della Visita pastorale, perché non si riduca e non si rinchiuda in atti di burocrazia, di semplice amministrazione, oppure in un evento temporaneo. Chiediamo a Gesù che risvegli in noi il desiderio di intraprendere un cammino, un cammino insieme. Papa Francesco – e per lui, in questo momento di malattia, eleviamo la nostra preghiera – per la Quaresima rivolge a tutta la Chiesa l’invito acamminare insieme e camminare con speranza.

Gesù invita i suoi discepoli a un nuovo percorso, un percorso di autenticità. Invito rivolto anche a noi che viviamo un tempo di conversione pastorale. Come ci ha ricordato Papa Francesco, non ci sarà una vera conversione pastorale senza la nostra conversione personale. Le strutture ecclesiali, comprese le parrocchie, sono mezzi, strumenti per il servizio. La realtà parrocchiale – e tutto ciò che compone una parrocchia – raggiungerà la sua missione non tanto nella esternazione di dimensioni e forme improntate a una certa religiosità esteriore, se sceglie di radicare tutto in Dio. Se accoglie l’esigenza di rifondare le nostre comunità nell’Eucaristia, nell’ascolto della Parola, nello spezzare il Pane, nel servire i fratelli, soprattutto i più bisognosi. Questo è ciò che fonda la parrocchia, ciò che fonda la Chiesa.

Diversamente, anche noi potremmo cadere in due tentazioni: da una parte, la ricerca della platealità; dall’altra, la malinconia. La platealità è spesso frutto dell’orgoglio: “Sono io che sono bravo, che so essere santo”, e così l’attenzione si sposta sul nostro io e non sulla relazione con il Signore. E, quindi, la ricompensa è la promozione, il riconoscimento.

La malinconia, invece, che nasce dall’ostentazione della scelta, pretende di fronte alla missione intrapresa un riconoscimento a tutti i costi. È la mondanità spirituale, cioè l’occuparsi di cose spirituali ma con le logiche mondane. È la ricerca di una gioia mondana che non è frutto dello Spirito Santo.

La Visita pastorale e il Cammino Sinodale ci invitano a una conversione profonda, con l’umiltà di chi sa che è Cristo stesso a esortarci, attraverso il Vescovo, i presbiteri e tutto il popolo di Dio. La Chiesa è missionaria, aperta a tutti, senza escludere nessuno, chiamata a non considerarsi proprietaria della grazia, ma serva dell’annuncio evangelico. È la logica del servizio di cui ci ha parlato Paolo nella Seconda Lettura: “Lasciatevi riconciliare con Dio”, come abbiamo sentito nella lettera che l’Apostolo Paolo indirizza alla comunità di Corinto: “in nome di Cristo, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta” (2Cor 5,20).

Paolo ci apre ad una comprensione meno possessiva dei ministeri, dei servizi ecclesiali. Ecco, il vescovo, i presbiteri, sono ambasciatori: per mezzo loro, Cristo stesso esorta. Questa logica diventa anche la logica di tutto il Popolo santo di Dio in una Chiesa missionaria attenta a tutti, aperta verso tutti, che non esclude nessuno, cioè una Chiesa capace di sentirsi non proprietaria della grazia, ma di essere in una funzione di ambasciatore, di annuncio. È Dio che esorta per mezzo nostro. La sua esortazione è di lasciarsi riconciliare a Lui. “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio” (2Cor 5,21). L’invito è dunque ripartire da Cristo, da Dio che ci accoglie e ci riaccoglie continuamente.

Anche la Visita pastorale e il Cammino sinodale tendono a suscitare un risveglio, un richiamo, un sussulto. Ma non sulle forze umane, che sono certamente necessarie, ma per ricentrare i nostri percorsi in Dio. Questo ci porta anche alla logica dell’unità, perché il punto di riferimento per tutti non è di natura personalistico, ma è Dio stesso. Il baricentro delle attività, delle azioni pastorali è Dio: Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo. È Dio che anima la vita della Chiesa.

Per questo il Papa, nel messaggio verso la Quaresima per il 2025, ha sottolineato che in questa logica noi scopriamo che possiamo camminare insieme perché è lo Spirito Santo che ci spinge ad uscire da noi stessi per andare verso Dio e verso i fratelli e mai a chiuderci in noi stessi. 

 Questa è una vocazione personale e una vocazione ecclesiale. Papa Francesco sottolinea che solo lo Spirito Santo può spingerci a uscire da noi stessi per andare verso Dio e i fratelli, senza chiuderci nei nostri egoismi. Questa è la vocazione personale ed ecclesiale: il rinnovamento del cuore e delle azioni.

Andiamo avanti con fiducia, illuminati dal Signore e sostenuti dalla Sua grazia. Il cammino quaresimale ci chiama a procedere fianco a fianco, con amore e pazienza, senza sopraffare o escludere nessuno. Lo Spirito Santo ci guidi in questo percorso di conversione pastorale, perché la Visita pastorale sia una tappa perl’inizio di un cammino nuovo che il Signore ci pone davanti».



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