Il primo colpo gli è arrivato alle spalle, al centro della testa. Stava uscendo dal portone dell’edificio che abita da tempo, a due passi da piazza di Spagna lo scorso quattro ottobre, quando è stato aggredito. Dopo il primo colpo ne sono arrivati non meno di venti, sintomo evidente che l’intento di chi, armato di un bastone aveva iniziato a colpirlo, era quello di non lasciarlo soltanto ferito.
E per più di sessanta giorni l’ingegner Vittorio Rapisarda, provveditore interregionale per le opere pubbliche per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna ha dovuto combattere con i postumi di quell’agguato. Ferite gravissime inferte da uomo arrestato ieri dai carabinieri nel suo appartamento di Vetralla, in provincia di Viterbo. Si chiama Giancarlo Santagati ha 55 anni e una lunga lista di precedenti alle spalle per lesioni e reati contro il patrimonio.
LE INDAGINI
È stato fermato con l’accusa di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e rapina ma le indagini dei carabinieri della stazione di Roma San Lorenzo in Lucina, unitamente a quelli del Nucleo operativo della Compagnia Roma Centro sono appena all’inizio. Perché, chiarita la dinamica, si cerca ora il movente e soprattutto il mandante di quell’agguato per il quale non ci sono, al momento, punti di contatto fra l’aggressore e la vittima. Rapisarda non conosce Santagati né quest’ultimo è stato ricondotto alla vita dell’ingegnere e finora non sono emersi punti elementi che possano unire i due per ragioni personali o professionali. Il che lascia propendere per un’ipotesi non del tutto peregrina, ovvero quella secondo cui l’aggressore sia stato ingaggiato da qualcuno per uccidere il provveditore. Chi è perché? Sono queste le domande a cui i militari sotto il coordinamento della Procura stanno cercando di rispondere andando a ritroso e scavando nella vita dei due uomini. E qui tornano dunque sul tavolo tutte le ipotesi possibili, da quelli personali ai professionali, finora scartare proprio in ragione della mancanza di elementi d’unione fra i due protagonisti. Di certo e di vero c’è la dinamica che è stata cristallizzata e puntualmente descritta nella richiesta avanzata dal pubblico ministero e poi accolta dal gip che ha disposto per il 55enne il trasferimento nel carcere di Viterbo.
LA DINAMICA
Il quattro ottobre scorso Santagati arriva in Centro, a Roma, e si avvia camuffato da tecnico nel palazzo dove risiede l’ingegnere. Lo incontra nell’androne, ha il volto travisato da una mascherina chirurgica e indossa una tuta, come fosse un qualunque operaio. E infatti a domanda su chi fosse, risponde anche di essere un tecnico, arrivato per un guasto. Rapisarda dunque tira dritto ma viene in quel momento colpito una prima volta con un bastone alla testa. Cade in terra e il 55enne secondo l’accusa si accanisce colpendolo almeno altre 20 volte. Poi fugge. Ma a lui i carabinieri arrivano visionando i filmati di ben 70 telecamere che insistono in un raggio di 500 metri dal palazzo. Escluse 20 che non forniranno prove, in altre 50 si vedrà il 55enne arrivare quel giorno al palazzo e compiere almeno tre sopralluoghi nei giorni precedenti, ovvero tre giorni prima dell’agguato, poi dieci e infine 15. Motivo per cui è scattata anche l’accusa della premeditazione. Ed è proprio grazie alle immagini e alla poca attenzione dell’aggressore che i militari, vedendolo in un frame a volto scoperto, risaliranno alla sua identità. Quando ieri i militari sono arrivati alla sua abitazione intorno alle sette del mattino, l’uomo era in casa con la moglie e la figlia. Non ha opposto resistenza ma non ha parlato. Chiuso nel silenzio è stato associato al carcere di Viterbo dove martedì mattina dovrà affrontare l’interrogatorio di garanzia. Nel mentre le indagini vanno avanti: a essere passati al setaccio contatti e conti bancari, bonifici e disponibilità per verificare se l’agguato su commissione abbia più di una ragione per passare da ipotesi a realtà.
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