Amref: dall’Africa la risposta ai tagli di Usaid


I leader della sanità dei Paesi africani, riuniti in Rwanda, reagiscono alla decisione di Washington di bloccare l’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale. Guglielmo Micucci, direttore generale di Amref Health Africa-Italia: i governi africani devono avere un moto di orgoglio e prendere in mano il loro futuro

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

In Sudafrica, il blocco dei fondi di Usaid, destinati alla lotta dell’Aids, significherà che per ogni mese di stop ai finanziamenti oltre 200 neonati nasceranno con l’Hiv, un terzo dei quali destinato a morire entro un anno. In Tanzania, stessa sorte spetterà a circa 1,3 milioni di persone che non avranno accesso ai test per la malattia, mentre in Malawi 20mila donne in stato di gravidanza rischieranno di trasmettere il virus ai loro bimbi. La decisione dell’amministrazione Trump di sospendere per 90 giorni i fondi dell’Agenzia governativa che finanzia i programmi sanitari essenziali in Africa, mette a rischio la vita di milioni di persone nel continente. La denuncia arriva da Amref Africa che, nei giorni scorsi, ha lanciato il potente appello da Kigali, in Rwanda, dal palco della sesta edizione della Conferenza Internazionale sull’Agenda sanitaria Africana, Ahaic 2025, quest’anno dal tema “Connessi per il cambiamento: affrontare le dinamiche socio-ecologiche della salute”.

Il calo degli aiuti internazionali

I leader della sanità dei Paesi africani, e non solo, intervenuti all’evento, sin dalle prime battute hanno invitato le nazioni africane a unirsi e lavorare insieme per rafforzare i sistemi sanitari e per rispondere alla decisione di Washington. Le pandemie, le minacce sanitarie legate ai cambiamenti climatici, il calo degli aiuti sanitari richiedono risposte energiche e immediate, ciò al quale invece si assiste è il calo degli aiuti sanitari internazionali. L’Africa, è dunque stata l’indicazione, deve prendere in mano il proprio futuro sanitario, riducendo la dipendenza dagli aiuti esterni. “L’amministrazione Usa in una notte ha tagliato 40 miliardi di dollari alla cooperazione in tutto il mondo e il grosso di questa confluiva nel continente africano che è quello più in difficoltà”, spiega Guglielmo Micucci, direttore generale di Amref Health Africa-Italia. “Purtroppo, a seguito della chiusura della cooperazione Usa, altri governi hanno intrapreso un percorso simile”.

L’Africa determini il suo futuro

Uno dei temi portanti della conferenza è stata l’esigenza di capire come sopperire alla cancellazione, trasformando la crisi in opportunità, di qui la diffusione di uno dei messaggi principali, ossia che i governi africani devono far nascere, come chiarisce Micucci, “un moto di orgoglio e prendere veramente in mano il loro futuro”. La speranza è che nel tempo a bilanciare, per quanto possibile, l’impatto provocato dal taglio a Usaid, che provvedeva a circa il 40% di tutte le risorse destinate alla salute in Africa, possa esserci la crescita, in alcuni Paesi, dei donatori nazionali, ma soprattutto la crescita del lavoro degli stessi governi africani, per arrivare a prendere in mano, anche da un punto di vista economico, le attività sanitarie. “Anche Amref – aggiunge il direttore – sta rivedendo la propria progettualità, per arrivare ad essere più incisivi seppur con risorse minori, il che certamente non è semplice”. La solidarietà globale resta fondamentale e va incentivata, però a Kigali ha preso corpo la convinzione che si possa delineare in modo incisivo l’autonomia delle identità africane che, una volta per tutte, dovranno portare i loro Paesi verso il futuro.

Salute per tutti e non per alcuni

Si renderà dunque necessario concentrarsi su modelli che possano far sì che nel continente africano la salute sia diffusa, che non resti cosa per pochi. Per arrivare a questo traguardo, occorre “insistere sulle esigenze primarie, e quindi che ci siano acqua pulita, servizi sanitari e cibo per tutti, così come la possibilità di partorire in sicurezza”. Il concetto di Primary Health Care, di assistenza sanitaria essenziale, il soddisfacimento dei bisogni primari, in Africa è un grande tema soprattutto nei Paesi toccati dai conflitti, segnati dalla corruzione. “È un grande tema – prosegue Micucci – sebbene non se ne parli spesso. Molti Paesi ci stanno lavorando, ma è necessario farlo con più forza perché è lì che si possono liberare risorse”. Ed è un percorso che porterebbe senz’altro ad un cammino di integrazione africana, con l’abbattimento di barriere e di frontiere, con la creazione di un mercato comune. “Quando parliamo di Africa – conclude Guglielmo Micucci – parliamo di 54 Paesi. Occorre lavorare sull’integrazione di questi Paesi, sulla lotta alla corruzione in oltre 50 Paesi e sul tentativo di ridurre, con la diplomazia, oltre venti conflitti ad oggi presenti nel continente. Il processo non sarà semplice e neanche veloce, ma senz’altro questi sono gli elementi chiave”.

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